Il d.lgs. 33/2013 in tema di trasparenza: ricognizione dei nuovi oneri per le amministrazioni pubbliche interessate

Daniele David 19/11/13
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Sommario: Introduzione; 1. Cosa si intende per trasparenza amministrativa?; 2. Il contenuto e gli obblighi del d.lgs. 33/2013; 3. L’ambito soggettivo di applicazione: chi è obbligato alla pubblicazione; Conclusioni

 

Introduzione

Negli ultimi anni, il tema della trasparenza amministrativa è stato oggetto di numerose attenzioni del legislatore, fino a culminare nella recente approvazione del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita’, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”. Quest’ultimo testo normativo diventa il testo di riferimento per qualsiasi amministrazione pubblica per quanto concerne un livello minimo di trasparenza e apertura verso i cittadini.

La trasparenza amministrativa è diventato un importante principio che condiziona lo svolgimento dell’attività e l’organizzazione della pubblica amministrazione, la quale si è trovata a dover rafforzare l’accessibilità e la conoscibilità delle modalità attraverso le quali viene esercitato il potere pubblico e al fine di sviluppare un controllo democratico da parte dei cittadini per prevenire fenomeni di corruzione. Tuttavia, anche se non mancano limiti di spessa espressi nello stesso testo legislativo, il riordino della normativa sulla trasparenza amministrativa comporterà necessariamente dei nuovi e ulteriori costi di gestione e organizzativi ma anche, come andremo a vedere, effetti positivi in termini gestione, intesa come apertura verso i cittadini. Dall’altra parte, è innegabile che, attraverso una maggiore pubblicità e diffusione dell’enorme patrimonio informativo dell’amministrazione, vengono messi in circolo dati rilevanti, che possono essere riutilizzati da numerosi attori economici comportando effetti economici diretti e indiretti.

Pertanto, in questo scritto, dopo aver ricostruito il contesto normativo relativamente alla trasparenza amministrativa e aver analizzato, in generale, il contenuto del d.lgs. 33/2013, andremo a ricostruire qual’è l’ambito soggettivo di applicazione, ovvero quali sono le amministrazioni pubbliche interessati dagli oneri di pubblicazioni previsti nel decreto e in che modo dovranno adempiere a tali obblighi.

  1. Cosa si intende per trasparenza amminsitrativa?

Il concetto di trasparenza ha assunto una notevole importanza negli ultimi venti anni, da una parte grazie alle pressioni degli organismi e vari soggetti internazionali1, i quali vedono nei meccanismi della trasparenza nell’azione amministrativa un elemento centrale per la crescita della qualità della regolazione e per il rafforzamento delle capacità di azione del decisore pubblico, dall’altro lato, spesso sull’onda di scandali giudiziari, è stata l’opinione pubblica e la società civile, attraverso diverse forme associative, a farsi portatrici di richieste verso le autorità, al fine di rendere l’esercizio dei poteri pubblici più trasparente e quindi più responsabile2.

La trasparenza amministrativa3 può essere definita, in via generale, come un principio attraverso il quale deve esplicarsi l’attività e l’organizzazione di una pubblica amministrazione, finalizzato alla possibilità che tutti i cittadini, attraverso gli strumenti che a questo principio si ispirano, di avere accesso diretto e conoscenza del patrimonio informativo e documentale della pubblica amministrazione, quest’utlima intesa come la totalità dei soggetti che svolgono una funzione pubblica, e, di conseguenza, poter incidere direttamente sulle dinamiche della comunità politica, incontrando solo limiti prestabiliti, legati ad altrettanto importanti valori costituzionali, come la tutela della privacy o la sicurezza nazionale. In altri termini la trasparenza amministrativa non è altro che un modo innovativo di atteggiarsi del potere pubblico, più attento alle esigenze della comunità di riferimento e maggiormente responsabile nell’utilizzo delle risorse pubbliche e nello svolgimento delle funzioni ad esso attribuite. La trasparenza amministrativa è un principio dinamico che deve essere riferito all’amministrazione intesa nella sua interezza, come apparato istituzionale che esercita delle funzioni pubbliche. Questa non è altro che un “valore” dell’azione amministrativa4 e come tale diventa, come vedremo, un parametro di democrazia e di openess dell’azione pubblica. In altri termini, il principio della trasparenza è una formula riassuntiva di una serie di strumenti operativi tra cui spiccano, con diverse modalità, la pubblicità amministrativa e il diritto di accesso ai documenti amministrativi5.

In realtà, l’ampia evoluzione che ha interessato il principio della trasparenza amministrativa può essere intesa come una parte di quel più ampio processo di rafforzamento democratico che ha investito numerosi ordinamenti occidentali contemporanei6, fino ad una completa rivoluzione del rapporto tra pubblica amministrazione e amministrati: la trasparenza amministrativa diventa un ponte di collegamento finalizzato alla creazione di una relazione paritaria tra amministrazione e cittadini, al fine di rompere il muro di segretezza dietro il quale l’amministrazione censura la propria attività7. Come si vedrà più avanti, la progressiva evoluzione da amministrati a cittadini e quindi il conseguente cambiamento del paradigma relazionale tra questi, ha portato al riconoscimento della trasparenza non solo come un principio ma anche come un vero e proprio diritto, una situazione giuridica soggettiva la quale riceve tutela giurisdizionale diretta davanti al giudice8.

Il riconoscimento e la diffusione del principio della trasparenza ha avuto vicende diversificate da ordinamento ad ordinamento ed è stato possibile registrate diverse esperienze in ordine all’affermazione del principio della trasparenza come parametro dell’azione della pubblica amministrazione, in cui sono rintracciabili casi di maggior resistenza a tale principio, come il caso dell’Italia, oppure, casi di un riconoscimento ben più risalente e robusto, come nel caso dei paesi nordici.9 Per quanto riguarda l’Italia sono ricostruibili tra fasi storiche principali. In un primo momento, l’azione amministrativa si contraddistingue per una sostanziale segretezza: fin dall’Unità di Italia tutti i dipendenti pubblici erano condizionati dal segreto amministrativo d’ufficio, che li obbligava alla più assoluta riservatezza in relazione alle informazioni di cui venivano a conoscenza nello svolgimento della propria funzione10. Secondo questa impostazione, il segreto d’ufficio si pone come limite oggettivo tra l’amministrazione e gli amministrati, i quali non hanno alcun diritto di conoscere in che modo l’amministrazione svolge la sua funzione11. Tale impostazione viene confermata anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana del 1948 e dall’art. 15 dello Testo Unico degli impiegati civile dello Stato, il d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, in cui “L’impiegato deve mantenere il segreto d’ufficio” e “non può trasmettere […] informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative […] di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni”. Tuttavia, ben presto la forza del segreto d’ufficio entrerà in crisi.

Il cambiamento di prospettiva avviene dalla pressione di un’autorevole dottrina, la quale pone al centro i problemi della trasparenza dell’amministrazione, dei margini di conoscibilità dell’azione e infine del controllo diffuso democratico: in questo caso si fà riferimento prioritariamente ai lavori della Commissione presieduta dal prof. Mario Nigro, che nel 1985 ebbe modo di proporre un disegno di legge di riforma del diritto amministrativo sostanziale e del procedimento amministrativo, in cui spiccava l’introduzione di un ampio diritto di accesso generale12. Le prescrizioni della Commissione Nigro troveranno definizione legislativa solo nel 1990, attraverso la l. 241 sul procedimento amministrativo, ma in modo alquanto conservatore rispetto alle previsioni del progetto di legge originale. Questa seconda fase si apre dunque, con la definizione di un diritto di accesso ai documenti amministrativi, non generale in termini oggettivi, ma particolare, limitato quindi dalla situazione giuridica del richiedente. Il nuovo art. 22 della l. 241/1990 attribuisce un diritto di accesso a “chiunque”13 , senza limitazioni soggettive, salvo che il richiedente debba dimostrare un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento”; da tale diritto di accesso deriva la possibilità per il richiedente di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi. Il riconoscimento di tale diritto di accesso, pur con i limiti oggettivi di cui abbiamo appena fatto cenno, venne previsto dal legislatore come vero e proprio strumento generale per “assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa” (art. 22), ovvero come efficace strumento per “guardare dentro” l’amministrazione e superare definitivamente le barriere poste dal segreto d’ufficio14. Tuttavia, a causa di una serie di interpretazioni restrittive della giurisprudenza e ad alcuni interventi legislativi successivi, l’attuazione del diritto di accesso non ha rispettato le numerose aspettative che in molti serbavano su tale strumento di trasparenza, ma si è limitato a diventare uno strumento di tutela degli interessi individuali e privati.

Considerati i limiti del diritto di accesso come regolato dall’art. 22, l. 241/90, nella dottrina cresce la consapevolezza che il rafforzamento del principio della trasparenza amministrativa debba passare per l’affermazione degli strumenti di pubblicità dell’azione e dell’organizzazione amministrativa piuttosto che attraverso il diritto di accesso. La pubblicità dell’azione amministrativa si definisce come lo strumento attraverso il quale le informazioni detenute dalla pubblica amministrazione vengono messe a disposizione di tutti i cittadini, i quali senza doverne dare motivazioni e senza dover dimostrare un particolare interesse, possono prenderne visione. Alla luce dei recenti interventi normativi, compresi tra la legge delega 15/2009 e il d.lgs. 33/2013, di riordino della materia, il legislatore italiano ha decisamente scelto, in modo molto radicale, lo strumento della pubblicità come mezzo per l’affermazione della trasparenza amministrativa: l’obbligo di pubblicità delle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione imposto dal legislatore diventerà lo strumento principale per lo svolgimento di quel controllo diffuso democratico, che fin dal 1985 era stato previsto dalla Commissione Nigro. Dall’altra parte, il diritto di accesso rimane in una posizione residuale, solo come strumento di difesa personale e individuale in tutti quei casi in cui il legislatore non ha previsto un obbligo di pubblicazione15.

In conclusione è bene notare come l’evoluzione della trasparenza dal paradigma del diritto di accesso a quello della pubblicità amministrativa sia collegato a due funzioni fondamentali: da un parte una maggiore diffusione di informazioni per tutti i cittadini, non selezionabili, e quindi di maggiore democraticità del sistema; dall’altra lo sviluppo della trasparenza come mezzo di prevenzione della corruzione, attraverso il quale sviluppare quel controllo diffuso che nasce dalla volontà di partecipazione e di conoscenza dei cittadini. In altri termini, la trasparenza amministrativa intesa come pubblicità diventa diritto di tutti, un vero e proprio diritto di cittadinanza16; la trasparenza intesa come diritto di accesso motivato da esigenze di difesa personale e vincolato ad una situazione di interesse, diventa un diritto limitato solo ad alcuni.

Da ultimo, è importante sottolineare come il passaggio dal diritto di accesso alla pubblicità come strumento per dare attuazione al principio della trasparenza amministrativa sia stato reso possibile solo grazie all’evoluzione digitale sviluppatasi negli ultimi anni. Oggi, al contrario dell’inizio degli anni 90’, tutte le amministrazioni pubbliche, dal più grande ministero al più piccolo comune, sono dotate di siti internet più o meno strutturati a seconda delle esigenze17, nei quali è obbligatorio fornire delle informazioni minime, accessibili a tutti da qualsiasi parte nel mondo e in qualsiasi momento. E’ stata soprattutto la possibilità di avere a disposizione un sito internet ad “accessibilità totale”, con costi relativamente molto contenuti che ha permesso l’affermazione degli strumenti della pubblicità amministrativa.

  1. Il contenuto e gli obblighi del d.lgs. 33/2013

La legge 190/201218, la c.d. anticorruzione, ha previsto una serie di strumenti finalizzati alla prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione oltre che, attraverso il comma 35 dell’art. 1, una delega in favore del governo finalizzata ad un riordino della “disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubblica amministrazione”, prevedendo un elenco di settori in cui il legislatore delegato sarebbe dovuto intervenire attraverso un’opera di coordinamento e di semplificazione19 dell’ampio panorama degli obblighi previsti in materia di trasparenza: tale opera di riorganizzazione e di coordinamento è stata resa necessaria da una serie di interventi legislativi, spesso sovrabbondanti rispetto allo scopo, che hanno portato una vera confusione e sovra-esposizone20 alla trasparenza amministrativa.

La prima affermazione della pubblicità come esemplificazione della trasparenza è nel d.lgs. 150/2009, in attuazione di una delega di riforma della pubblica amministrazione data al governo con la legge 15/2009. Nel decreto 150, definito decreto Brunetta, la trasparenza diventa un princpio amministrativo di “accessibilità totale”21 all’attività della pubblica amministrazione, da realizzarsi attraverso la pubblicazione delle informazioni e dei documenti più rilevanti, al fine di garantire il controllo diffuso dei cittadini e l’accountability22 dell’amministrazione. Inoltre, il principio della trasparenza entra direttamente in Costituzione23, essendo considerata come livello essenziale di prestazione, ex art. 117 comma 2 lett. m della Costituzione.

Il legislatore del 2009 ebbe modo di prevedere una serie di documenti amministrativi che le amministrazioni pubbliche erano obbligate a pubblicare, in formato aperto, sul proprio sito, in modo tale che fossero fruibili da tutti: tra questi rientravano numerose informazioni relative ai dirigenti (situazioni patrimoniali, curriculum vitae) i tassi di assenza e di presenza del personale, nonché informazioni legate alla performance della pubblica amministrazione24 e degli stessi dirigenti. A seguito del 2009, numerosi sono stati gli interventi che hanno ampliato il numero di documenti amministrativi in cui il legislatore prevedeva l’obbligo di pubblicazione.

Il recente d.lgs. 33/201325, riordina la materia, prevedendo in un unico testo tutti gli obblighi legislativi di pubblicazione. Il d.lgs. 33 conferma la trasparenza come “accessibilità totale” di chiunque alle informazioni relative non solo all’attività, come faceva il d.lgs. 150, ma anche all’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, allo “scopo di favorire forme diffuse di controllo relativamente allo svolgimento delle funzioni pubbliche e all’utilizzo delle risorse economiche” (art. 1). Al contrario del d.lgs. 150, il nuovo d.lgs. 33/2013 tende a distinguere nettamente tra il principio della trasparenza amministrativa, intesa come principio di derivazione costituzionale (art. 1 comma 2), accanto alla pubblicità intesa come strumento operativo attraverso il quale si rendono pubblici e quindi conoscibili le informazioni e i documenti prodotti e a disposizione dell’amministrazione.

In termini concreti, assume particolare rilevanza l’art. 5 del d.lgs. 33/2013, il quale costituisce uno strumento di garanzia contro l’inadempienza dell’amministrazione che non rispetta gli obblighi legislativi di pubblicazione e quindi un importante strumento finalizzato all’attuazione degli obblighi previsti. L’art. 5 disciplina il diritto di “accesso civico”26: il legislatore ha voluto riconoscere in capo a chiunque un vero e proprio diritto di accesso generalizzato a tutti i documenti della pubblica amministrazione per i quali risulti un obbligo di pubblicità definito dallo stesso d.lgs. 33/2013; in questo modo viene previsto un meccanismo attraverso il quale, ogni cittadino interessato può visionare e controllare l’attività dell’amministrazione, esplicata attraverso documenti amministrativi: l’unico limite è l’obbligatorietà della pubblicazione prevista per legge. Il nuovo art. 5 ha quindi previsto un nuovo diritto di accesso, svincolato ai precedenti requisiti di legittimità all’accesso previsti nell’art. 22 d.lgs. 165/2001, il quale potrà essere attivato attraverso una specifica richiesta all’amministrazione non motivata, né si dovrà dimostrare una specifica utilità legata al documento amministrativo: la legittimità all’accesso sarà il risultato di una presunzione di interesse “civico”, derivante dall’obbligatorietà legislativa. In questo modo la pubblicità/trasparenza non è più solo un obbligo per l’amministrazione ma diventa un diritto alla conoscenza, i cui titolari sono tutti i cittadini. Chiunque sia interessato alla pubblicazione di determinate informazioni, deve farne richiesta al Responsabile, scelto all’interno dell’amministrazione. L’amministrazione ha tempo 30 gg per pubblicare il documento, l’informazione o il dato richiesto. La tutela del diritto di accesso civico è garantita dalla possibilità di ricorso al giudice amministrativo e dal Codice del processo amministrativo, l. 104/2010. Tale strumento assume particolare rilevanza anche ai fini dell’attuazione e dell’implementazione di questa normativa: in questo modo, qualora un’amministrazione non riesca, anche per mancanza di risorse, a rispettare gli obblighi legislativi, il cittadino potrà far valere il suo diritto di accesso civico di fronte al giudice amministrativo, il quale, laddove attesti una mancanza dell’amministrazione, può obbligare la pubblica amministrazione ad adempiere al suo dovere di pubblicità.

Per quanto riguarda gli obblighi di pubblicazione, questi sono molto ampi e prevedono un elevato impegno dell’amministrazione, la quale non solo dovrà pubblicare le informazioni previste obbligatoriamente dalla legge, ma dovrà tenere costantemente aggiornate le informazioni e i documenti pubblicati; oltre a ciò le informazioni pubblicate dovranno avere il formato amministrativo di tipo aperto cosi come definito dall’art. 68 del Codice dell’Amministrazione digitale (art.7) e garantire la fruizione e il riutilizzo attraverso l’utilizzo delle tecnologie informatiche più comuni e diffuse. Infine, nel disegno del legislatore assume particolare importanza il Piano Triennale per la Trasparenza e l’Integrità (art. 10) il quale deve essere predisposto da tutte le amministrazioni e la cui stesura spetta ad un funzionario amministrativo che assume l’incarico di Responsabile della trasparenza (art. 43). Il Piano triennale è l’atto attraverso il quale l’amministrazione definisce la politica che intende seguire in materia di pubblicazione: qui vengono definite le modalità attraverso le quali l’amministrazione intende dare attuazione agli obblighi legislativi, quali sono gli obiettivi organizzativi e individuali che l’amministrazione intende raggiungere attraverso la pubblicità, anche in termini di riduzione della corruzione e dell’integrità dell’azione amministrativa, e infine quali sono le “misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e tempestività dei flussi informativi”. Il Piano Triennale viene disposto e aggiornato dal responsabile il quale “svolge stabilmente un’attivita’ di controllo sull’adempimento da parte dell’amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l’aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonche’ segnalando all’organo di indirizzo politico, all’Organismo indipendente di valutazione (OIV), all’Autorita’ nazionale anticorruzione e, nei casi piu’ gravi, all’ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione” (art. 43).

Gli obblighi di pubblicazione sono divisi tra il Capo II (artt. 13-28), relativamente alla pubblicazione degli obblighi concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, il Capo III (artt. 29- 31), che riguarda invece gli obblighi di pubblicazione relativi all’utilizzo delle risorse pubbliche, il Capo IV (artt. 32- 36) relativamente agli obblighi di pubblicazione in materia di prestazioni offerte e servizi erogati, e infine un’ultima serie di norme, il Capo V (artt. 37- 42) relativamente agli obblighi di pubblicazione in settori speciali. Come facile intuire, la mole di documenti che l’amministrazione è obbligata a pubblicare è molto vasta e riguarda settori molto ampi dell’amministrazione. Non è pertanto possibile, in questa sede, specificare quali documenti e informazioni le amministrazioni sono obbligate a pubblicare. Tuttavia, assume particolare importanza comprendere in che modo e con quali margini di manovra le amministrazioni potranno dare attuazione a tale normativa.

Infine è da segnalare la clausola di invarianza finale, che di certo condizionerà fortemente l’attuazione della normativa: come spesso accade in materia di trasparenza o di innovazione amministrativa, il d.lgs 33/2013 dovà essere attuato a “costo zero” e l’art. 51 espressamente prevede che “le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

  1. L’ambito soggettivo di applicazione: chi è obbligato alla pubblicazione

Il legislatore ha previsto che le amministrazioni si allineino agli obblighi previsti nel d.lgs. 33/2013 entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, ovvero entro il 20 settembre 2013. Aldilà delle risorse e delle attenzioni che il legislatore non sembra aver riconosciuto per l’implementazione degli obblighi imposti, per comprendere effettivamente in che modo e con quale intensità tale normativa troverà applicazione è necessario comprendere e ragionare quali sono le amministrazioni pubbliche, o altri soggetti, su cui ricadono gli obblighi di pubblicazione: in altri termini è necessario comprendere l’ambito di applicazione soggettiva.

Una prima generale definizione è rintracciabile nell’art. 2 del decreto 33 in cui viene stabilito che tutti gli obblighi previsti in materia di trasparenza amministrativa, ivi disciplinati, sono “concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni e le modalità per la sua realizzazione”. Pertanto, in via generale tutta la pubblica amministrazione, qualsiasi forma questa potrebbe assumere, ha l’obbligo di attuare gli obblighi previsti dal d.lgs. 33/2013. Tuttavia, il legislatore non chiarisce concretamente a quali soggetti questa normativa si riferisca, lasciando dubbi sull’interpretazione del termine “pubblica amministrazione”, il quale verrà chiarito solo più avanti.

L’art. 11 comma 1 del d.lgs. 33/2013 per definire l’ambito di applicazione soggettiva dei vari obbligi di pubblicazione utilizza la tecnica del rinvio, ed in particolare all’art. 1 comma del d.lgs. 165/200127, il Testo Unico del Pubblico impiego. Tale disposizione dà la definizione di amministrazioni pubbliche all’interno del quale vi rientrano le amministrazioni dello stato, anche quelle ad ordinamento autonomo; i vari enti territoriali quali Regioni, Province, Comuni e Comunità montane; accanto a queste troviamo una serie di amministrazioni particolari, che mantengono un certo livello di autonomia rispetto allo stato, come gli istituti scolastici ed educativi, comprese le Istituzioni Universitarie, le Camere di Commercio, gli enti pubblici non economici28, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e infine le Agenzie disciplinate dal d.lgs. 300/199929. Come è noto, tale definizione ha come scopo principale quello di definire lo spazio all’interno del quale applicare le norme sul rapporto di lavoro con la pubbliche amministrazione, ma questa, proprio per la sua malleabilità interpretativa, si è prestata a dare concretezza al concetto di pubblica amministrazione, e, di conseguenza è stata utilizzata per stabilire a quali organismi applicare la legislazione sul procedimento amministrativo, l. 241/199030. Pertanto, da tale definizione è possibile affermare che l’applicazione di tale normativa ha una portata generalizzata e si applica, salvo diversa e specifica disposizione a tutti i soggetti che rientrano della definizione di “amministrazione pubblica”.

Un problema particolare viene posto nel caso di società partecipate, in quota maggioritaria o totalitaria, dalle pubbliche amministrazioni che rientrano nella definizione dell’art. 1 comma 2 del d.lgs 165/2001. L’art. 11 comma 2 affronta questo tema stabilendo che per le società a partecipazione pubblica o per le società controllate da una pubblica amministrazione, si applicano le disposizioni dell’art. 1 comma da 15 a 33 della legge 190/2012, la legge delega per lo stesso d.lgs. 33/2013, ma “limitatamente alla attivita’ di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea”. Pertanto, rientrano nell’attuazione della normativa degli obblighi di pubblicazione anche i soggetti privati che, a vario titolo svolgono funzioni pubbliche, ovvero anche i privati gestori di pubblici servizi limitatamente alle informazioni rilevanti allo svolgimento della funzione pubblica ad essi affidata.

Infine una terza categoria di organismi obbligati, con alcuni limiti, alla pubblicazione di informazioni e documenti amministrativi, sono indicati nel comma terzo dell’art. 11: le varie autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione provvedono all’attuazione di quanto previsto dalla normativa in materia di pubblictà “secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti”. Tale norma risponde all’esigenza, non solo di confermare l’importante ruolo delle varie agenzie ma anche garantire un sufficiente spazio di autonomia per definire le modalità attraverso le quali adempiere, viste le importanti funzioni che queste svolgono. In ogni caso, anche le agenzie sono vincolate dall’obbligo di pubblicazione, qualora le informazioni sono rilevanti per lo svolgimento della loro attività: un esempio potrebbe essere fornito dall’applicazione dell’art. 16, laddove viene stabilito un obbligo di pubblicazione relativo alla consistenza della dotazione organica e il costo complessivo del personale effettivamente in servizio.

Per quanto riguarda le esclusioni, l’art. 50 stabilisce che, benchè rientri nella definizione di “amministrazione pubblica” dell’art. 1 comma 2 del d.lgs. 165/2001, l’applicazione di tale decreto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, “in considerazione delle peculiarità del relativo ordinamento ai sensi degli articoli 92 e 95 della Costituzione”, sarà vincolata dall’approvazione di uno o più d.P.C.M. : tale esclusione è determinata dalla particolare posizione e ruolo di “indirizzo amministrativo” affidato alla Presidenza del Consiglio. Per quanto riguarda le Regioni a Statuto speciali e le Province Autonome di Trento e Bolzano, l’art. 50 comma 4 stabilisce la possibilità, e non l’obbligo, che tale decreto possa essere attuato attraverso forme e modalità derogatorie in considerazione del loro particolare ordinamento: come detto, tale meccanismo è solo eventuale, e rientra nella possibilità che l’ente a Statuto speciale possa derogare sulla modalità d’attuazione, ma non sull’oggetto di tale attuazione che rimane comunque vincolato dalla scelta del legislatore. Ad oggi tale possibilità di derogare non è stata attuata.

Per quanto riguarda l’attuazione, l’art. 48 prevede che il Dipartimento della Funzione Pubblica definisca “criteri, modelli e schemi standard per l’organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, nonché relativamente all’organizzazione della sezione “Amministrazione trasparente”. A tali criteri, modelli e schemi le varie amministrazioni interessate dall’obbligo di pubblicazione dovranno conformarsi. A rendere più chiaro il quadro, lo stesso legislatore del 2013 ha previsto, nell’Allegato A della legge, “ i modelli e gli schemi standard per l’organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente.” Tale strumento assume particolare importanza ai fini dell’attuazione generalizzata ad numero molto ampio e eterogeneo di amministrazioni: in questo modo si potranno avviare procedure di monitoraggio e confronto31, attraverso le quali quantificare il raggiungimento o meno degli obiettivi predefiniti dal legislatore.

Un altro punto importante per l’attuazione della normativa è il ruolo affidato alla Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza (CIVIT), per cui l’art. 45 dispone dei compiti specifici. In particolare la CIVIT ha l’importante compito di coordinare l’attività in materia di pubblicazione, svolgendo un monitoraggio e controllo continuo sull’esatto adempimento degli obblighi previsti. Inoltre la CIVIT dovrà svolgere un controllo sovraordinato sia nei confronti del Responsabile della Trasparenza, sia nei confronti degli Organismi interni di valutazione (OIV). Infine, qualora vengano riconosciute, sia a seguito di specifiche indagini sia a seguito di specifiche richieste di chiarimento, la CIVIT può segnalare i casi di inadempimento, da cui, se reiterati e continuati, deriveranno conseguenze di natura disciplinare a carico del responsabile della trasparenza.

Tuttavia, accanto all’importante ruolo coordinamento e monitoraggio della CIVIT, seppur limitatamente ristretto in termini di incisività nei casi di inadempimento, si pone la forte garanzia di natura giurisdizionale. Da questo punto di vista rileva sicuramente la novità, di cui abbiamo già parlato, dell’accesso civico, quale strumento di garanzia della fruizione del “diritto alla conoscenza” da parte dei cittadini. Le controversie relative agli obblighi previsti nel decreto 33, inclusa la tutela del diritto di accesso civico, sono disciplinate dal Codice del processo amministrativo, d.lgs. 104/2010, e pertanto trovano espressa tutela da parte del giudice amministrativo.

Conclusione

Il d.lgs. 33/2013 rappresenta una importante evoluzione dell’ordinamento italiano verso una migliore azione della pubblica amministrazione e verso una maggiore accountabilty dei decisori pubblici. Come abbiamo cercato di ricostruire, il d.lgs. 33/2013, che qui è stato commentato, rientra in una più ampia strategia legislativa che prende le mosse dalla legge 190/2012, la quale ha rappresentato il primo passo verso la predisposizione di un nuovo sistema volto alla prevenzione della corruzione: accanto al d.lgs. 33/2013, di riordino della normativa relativa alla trasparenza e agli strumenti di pubblicità amministrativa, sono stati approvati il d.lgs. 39/2013, in materia di incompatibilità, e il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, il d.P.R. 62/2013, tutti sotto l’egida della l.190/2012, la c.d. legge anticorruzione. Tali interventi normativi hanno completamente ridisegnato la politica anticorruzione spostando l’attenzione dalla repressione successiva dei fenomeni di corruzione all’anticipazione e prevenzione, tentando di eliminare quelle condizioni che permettono lo sviluppo di questi fenomeni.

Come abbiamo cercato di ricostruire il d.lgs. 33/2013, rappresenta un tassello importante all’interno di questa politica, in quanto la trasparenza, attuata attraverso i meccanismi di pubblicità può risultare un mezzo estremamente importante attraverso il quale migliorare la performance amministrativa. In particolare abbiamo cercato di ricostruire qual’è l’ambito soggettivo di applicazione per comprendere effettivamente in che modo tale normativa potrà essere importante; tuttavia è stato comunque sottolineata la difficoltà attuativa che le pubbliche amministrazioni soffriranno, relativamente ai costi e all’enorme mole di documenti da pubblicare e gestire.

Come detto tale decreto si applica, con i propri obblighi, a tutte le amministrazioni pubbliche, recependo la definizione del Testo Unico del Pubblico impiego, del 2001. A tale normativa dovranno attenersi, nei limiti dello svolgimento della funzione pubblica, anche i soggetti formalmente e sostanzialmente privati, i quali si troveranno a dover diffondere informazioni, che per loro natura, assumono particolare rilevanza ai fini dello svolgimento di una funzione pubblica.

In conclusione tale normativa presenta dei profili di vera innovazione, i cui effetti saranno concretamente misurabili solo nel lungo periodo. L’imposizione di una cosi forte pubblicità, insieme allo strumento dell’accesso civico, imporrà alle pubbliche amministrazioni di rivedere le modalità attraverso le quali vengono svolte le funzioni pubbliche, non solo al fine di garantire un controllo diffuso, che pure è negli obiettivi principali della norma, ma per garantire quella openess dei processi decisionali e attuativi verso cui molti ordinamenti, con diversi strumenti, si stanno indirizzando. Pertanto, l’ulteriore evoluzione vede non più solo la trasparenza funzionale al controllo generalizzato da parte dei cittadini sul modo attraverso il quale l’amministrazione svolge le sue funzione ed esercita i poteri pubblici, ma costituisce anche la base per una nuova relazione paritaria tra amministrazione e cittadini, impegnati entrambi alla produzione del bene comune, attraverso un processo dialettico-incrementale32 e funzionale al raggiungimento di una regolazione meno conflittuale e più aperta ai contributi dei cittadini: in questo modo, attraverso un processo collaborativo, consultivo e incrementale si potrà raggiungere una qualità della regolazione più elevata e rispondente ai bisogni collettivi.

 

 

 

 

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SORACE D., Diritto delle amministrazioni pubbliche, Il Mulino, Bologna, 2010

VANNUCCI A., Un nuovo paradigma contro la corruzione, in Rivista Il Mulino, 3/2012.

 

 

1 Importante in questo contesto è stato il contributo e le indicazioni date dall’OCSE, la quale organizzazione ha creato un importante forum all’interno del quale vengono condivise esperienze dei diversi strumenti di trasparenza e pubblicità, di cui, in via generale si rinvia alla Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle

operazioni economiche internazionali, adottata a Parigi il 21 novembre 1997, OECD, Regulatory Impoact

Analysis, Best Practices in OECD Countries, Paris 1997. Rilevanti, quanto all’Italia sono state numerose indicazioni fornite, consultabili al sito

http://www.oecd.org/document/24/0,3343,en_2649_34859_1933144_1_1_1_1,00.html

Un’altra important esperienza è sicuramente rappresentata dalla partecipazione dell’Italia Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO) presso il Consiglio Europeo, di cui è sicuramente rilevante il Evaluation Report del 2 luglio 2009, http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/ greco/evaluations/round2/GrecoEval1-2(2008)2_Italy_EN.pdf,

Infine, è necessario citare anche le esperienze legate a gruppi e organizzazioni non governative, che hanno proprio come loro obiettivo quello di garantire maggiore trapsarenza e pubblicità nell’esercizio dei poteri pubblici, come garanzia di una amggiore qualità della regolamentazione e una diminuzione del conflitto tra amministrazione e amministrativ, nell’idea base che maggiore trasparenza corrisponda a maggiore democraticità: in particolare ci riferiamo al contributo di Trasparency International, la quale ha elaborato un importante indice di stima della corruzione, molto considerato a livello mondiale, costruito attraverso surveys basate su opinioni di esperti e testimoni qualificati. Infine in questa sede non può non essere menzionato il rapporto periodico disposto dll’Eurobarometro, Corruption. Per una rassegna dei contributi internazionali sul tema, si rinvia ai lavori della Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica ammnistrazione, disponibile sul sito del Dipartimento della funzione pubblica.

 

2 A. VANNUCCI, Un nuovo paradigma contro la corruzione, in Il Mulino, 3/2012.

 

3 Per una essenziale bibliografia in tema di trasparenza amministrativa, nell’amplissimo panorama dottrinale, si rinvia alle opere principali dove rintracciare una bibliografia completa: G. ARENA voce Trasaprenza amministrativa, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, vol. 6, Milano, 2006, 594- 595; P. TANDA voce Trasparenza (principio di) in Dig. Disc. Pubbl.,Torino, 2008, 884-945; F. MERLONI (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008.

 

4 A. PELACCHI, Trasparenza ed informazione a livello locale, in F. MERLONI, La Trasparenza amminsitrativa, 2008, pag. 160.

 

5 Soprattutto i termini di trasparenza e pubblicità vengono utilizzati come sinomi, in realtà questi hanno dimensioni e portati interpretativi differenti. Sul punto si veda l’ampia opera di ricostruzione e di mappatura dei tre concetti: trasparenza, pubblicità e diritto di accesso, in F. MERLONI ( a cura di), La trasparenza amministrativa, 2008.

 

6 Sulla crescita della diffusione delle informazioni e sul rapporto che lega il livello di circolazione di queste con la crescita degli aspetti di democraticità degli Stati si veda N. BOBBIO, La democrazia e il potere invisibile, in N. BOBBIO, il Futuro della democrazia, Torino, 1995, 85 ss.. Dal punto di vista del diritto amministrativo è utile vedere come l’evoluzione della trasparenza amministrativa abbia fortemente modificato anche il concetto relazionale tra amministrazione e cittadino, in merito si veda S. CASSESE, Il cittadino e l’amministrazione, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 1998, 1015; G. ARENA, Le diverse finaità della trasparenza amministrativa, in F. MERLONI (a cura di), La trasparenza amministrativa, 2008.

 

7 A. M. BONOMO, La trasparenza amministrativa: riflessioni di diritto comparato, Annali della facoltà di Giurisprudenza di Taranto, Anno I, n. 2, pag. 55.

 

8 Si veda F. MERLONI, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, pag. 3-5 e C. MARZUOLI, La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, pag. 45-66, entrambi i contributi in F. MERLONI, La trasparenza amministrativa, 2008.

 

9 La Svezia è considerata il primo stato moderno in cui si è affermata, per via costituzionale, la trasparenza amministrativa attraverso la pubblicità di tutti i documenti elaborati o ricevuti da una amministrazione pubblica. Tale principio era già affermato nella Costituzione del 1776, composta da quattro leggi fondamentali, di cui una trattava proprio la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero (Tickfrihetsfoerordningen). Per una rassegna di tale esperienze si veda A. M. BONOMO, La trasparenza amministrativa: riflessioni di diritto comparato, Annali della facoltà di Giurisprudenza di Taranto, Anno I, n. 2, pag. 55. Per una ricostuzione comparata si veda, G. NAPOLITANO, Diritto amministrativo comparato, 2008.

 

10 G. ARENA, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, in F. MERLONI, ult. op. cit., 2008, pagg. 30-31.

 

11 Sulla concezione oggettiva del segreto d’ufficio si rinvia a G. ARENA, Il segreto amministrativo, 1984, II, pag. 184-187.

 

12 Il meccanismo del diritto di accesso può essere generale o particolare: nel primo caso chiunque può richiedere l’accesso a un qualsiasi documento della pubblica amministrazione, salvo dimostrare che questo documento sia protetto a tutela di uno specifico interesse superiore (riservateza, sicurezza nazionale); il diritto di accesso particolare, come il caso dell’art. 22, l. 241/90, è un diritto che richiede particolari lementi qualificanti per poter essere esercitato, e pertanto limita un diritto che nominalmente è di chiunque. Per una ricostruzione storico-comparativa del diritto di accesso di veda, A. M. BONOMO, La trasparenza amministrativa: riflessioni di diritto comparato, 2013, pag. 70-71. Sul punto si veda anche E. CARLONI, Gli strumenti della trasparenza, in F. MERLONI, La trasparenza amministrativa, 2008, pag. 349 e ss.

 

13 Il virgolettato viene ripreso da G. Arena, Le diverse finaità della trasparenza amministrativa, 2008, p. 31 per sottolineare come in reltà il diritto di accesso rimane fortemente limitato, benchè la legge per espressa previsione afferma che di tale diritto sono titolare tutti i cittadini, ma a sua volta, limitandolo attraverso il riconoscimento di un interesse concreto diretto e attuale che deve essere dimostrato per poter fruire di questo diritto.

 

14 F. MERLONI, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, in F. MERLONI, ult. op. cit., 2008, pag. 8

 

15 Tuttavia è bene qui ricordare, in via sintetica in quanto implicherebbe un lavoro monografico a sè stante, i limiti della pubblicità. In linea di massima, la pubblicità è limitata alla predeterminazione del legislatore, e quindi risulta essere un strumento poco flessibile, con una limitata capacità di adattamento all’evoluzione delle dinamiche pubbliche, e suscettbile di essere disposto da qualsiasi maggioranza, anch’essa passeggera. Inoltre, un problema rilevante è sicuramente la qualità delle informazioni condivise e rese pubbliche. Sul punto si rinvia a E. CARLONI, Gli strumenti della trasparenza, in F. MERLONI, La trasparenza amministrativa, 2008, pag. 377 e ss.

 

16 Sulla pubblicità come diritto riconosciuto a chiunque, cfr. C. MARZUOLI, La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, in F. MERLONI, ult.op. cit., pp. 45 ss.

 

17 Sulla riforma Brunetta e l’operazione trasparenza, con la conseguente apertura, in ogni sito internet, di spazio dove ritrovare tutta la documentazione di cui è obbligatoria la pubblicazione, si rinvia a E. CARLONI, La “casa di vetro” e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, 2010.

 

18 In merito alla l. 190/2012 si vedano i recenti contributi di B.G. MATTARELLA e M. PELISSERO, La legge anticorruzione, 2013; G. CASARTELLI, A. PAPI ROSSI, Le misure anti corruzione, 2013. In merito all’applicazione della l. 190/2012 agli enti locali sia permesso il rinvio a D. DAVID e V. LEPORE, La legge anticorruzione: novità e limiti applicativi negli enti locali, in www.amministrazioneincammino.luiss.it 5/7/2013

 

19 Sull’importanza della semplificazione si rinvia a C. PAPPAGALLO, Semplificare la semplificazione: il livello statale, in A. NATALINI, G. TIBERI, La tela di penelope, 2010, pag. 85.

 

20 Tale termine non viene usato a caso. In questo caso si fa riferimento alla metafora della casa di vetro (che per prima fu proposta da Filippo Turati), che la dottrina ha spesso utilizzato per esemplificare il concetto di trasparenza. In estrema sintesi, tale metafora fa riferimento ad un casa composta da pareti di vetro attraverso i quali chiunque può vedere cosa sta succedendo dentro. Tuttavia una sovrabbondanza di informazioni può comportare una difficoltà nel comprendere quali siano quelle effettivamente rilevanti, come se nella casa fosse accesa una luce troppo intensa che non permette di vedere ciò che accade dentro. Pertanto, utilizzando questa fortunata metafora, la trasparenza amminsitrativa deve anche misurarsi con il rischio di sovra esposizione. Per uan ricostruzione del concetto si veda E. CARLONI, La “casa di vetro” e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Dir. Pubb, 2010, II. Per una ricostruzione risaltente da parte della dottrina si rinvia a C. ESPOSITO, Riforma dell’amministrazione e diritti costituzionali dei cittadini, in La Costituzione Italina, saggi, Padova, 1952, pag. 256.

 

21 E. CARLONI, ult. op. cit. , pag. 15 ss.

 

22 Nell’accezione qui presentata il termine accountability non può essere tradotto con il termine responsabilità, ma assume un significato più complesso: in particolare si fà riferimento alla capacità del potere pubblico di rispondere in che modo siano state usate le risorse pubbliche e giustificare gli effetti di una determinata scelta pubblica: capire qual’è l’iter logico che ha condotto alla decisione. Per una ricostruzione della giustificazione (ma anche la motivazione) come mezzo per rafforzare la qualità delle regole si rinvia a M. DE BENEDETTO, M. MARTELLI, N. RANGONE, La qualità delle regole, 2011, pagg. 28- 34. Sulla rilevanza della motivazione quale giustificazione dell’atto normativo si rinvia a B.G. MATTARELLA, Analisi di impatto della regolazione e motivazione del provvedimento amministrativo, IRPA PAPER, settembre 2010.

 

23 In reltà la ricostruzione dottrinale aveva già ricondotto il concetto di trasparenza all’interno della Costituzione; tuttavia il legislatore del 2009, al fine di rafforzarne la forza ha previsto per questo princpio un’applicazione diretta e non mediata, attraverso la competenza esclusiva statale fissata nell’art. 117 comma 2. Sul tema della trasparenza nella Costituzione si veda D. DONATI, Il princpio di trasparenza in Costituzione, in F. MERLONI, La trasparenza amministrativa, 2008, pag. 83 ss.

 

24 Per una ricognizione relativamente agli obblighi previsti dal d.lgs. 150/2009, E. CARLONI, La “casa di vetro” e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, 2010.

 

25 Per una ricostruzione e per il dibattito intorno al d.lgs. 33/2013 si rinvia, a diverso titolo a: SAVINO M., La nuova disciplina della trasparenza amministrativa, in Gio. Dir. Amm., 2013, II, pag 795-810; PATRONI GRIFFI F., La trasparenza della pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, in federalismi.it, 17 aprile 2013; PONTI B., Il codice della trasparenza amministrativo: non solo riordino, ma ridefinizione complessiva del regime della trasparenza on line, in neldiritto.it, 2013.

 

26 R. GAROFOLI, Il contrasto alla corruzione. La legge 6 novembre 2012, n. 190, il decreto trasparenza e le politiche necessarie, diponibile in www.giustizia-amministrativa.it ; D. SAMMARTANO, Il diritto d’accesso diventa un po’ più democratico, ecco l’accesso civico, in http://www.leggioggi.it/2013/05/15/il-diritto-daccesso-diventa-un-po-piu-democratico/ 15 maggio 2013.

 

27 Per una la compelta definizione dell’art. 1 comma 2 del d.lgs 165/2001: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita’ montane e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.”

 

28 Tra questi, solo a titolo esemplificativo, ricordiamo Automobile Club Italia (ACI), Croce Rossa Italiana (CRI), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Ente nazionale Energia e Ambiente (ENEA), Istituto nazionale statistica (ISTAT). Tale categoria di enti ha una valore assolutamente residuale e circoscritto. Per una rassegna si veda S. Cassese, Istituzioni di diritto amministrativo, pag. 106.

 

29 Le agenzie istituite con il d.lgs. 300/1999 sono in tutto 11 di cui, sei sono inquadrate in un modello base (agenzia per le normative e i controlli tecnici, agenzia per la propirtà industriale, agenzia per la protezione dell’ambiente, agenzia per i trasporti terrestri, agenzia per la formazione l’istruzione professionale, Agenzie industrie difesa) mentre le altre cinque mantengono una maggiore autonomia (Agenzia di protezione civile, Agenzi delle entrate, Agenzia del territorio, Agenzia per il demanio, Agenzia per le dogane). Per una disciplina della materia delle Agenzie si rinvia a D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2010, pag. 236.

 

30 S. CASSESE, Istituzioni di diritto amministrativo, 2012, pag. 5. Tuttavia, l’autorevole dottrina ha avuto modo di afermare che, per sua stessa natura e mutabilità nel tempo, le amministrazioni pubbliche “ad una nozione unitaria” che possa sfociare in una definizione.

 

31 L’attività di monitoraggio finisce per essere un momento fondamentale per l’attuaizone della normativa e per la valutazione dei suoi effetti: in questo modo il legislatore potrà comprendere se il disegno previsto dal legislatore del 2013 abbia raggiunti gli obiettivi predefiniti ed attuare eventuali accorgimenti e modifiche addove questi non siano raggiunti. Nel caso di questa normativa, un ruolo centrale sarà svolto dalla CIVIT. Per comprendere l’importanza del monitoraggio nell’attuaizone di una nuova regolazione si rinvia a M. DE BENEDETTO; M. MARTELLI, N. RANGONE, La qualità delle regole, pag. 86 e ss.

 

32 Tale ricostruzione dell’evoluzione della trasparenza nell’ambito di un diverso rapporto tra amministrazione e cittadino è presente nella riflessione di G. MANCOSU, Trasparenza amministrativa e Open Data: un binomio in fase di rodaggio, in federalismi.it, 12 settembre 2012.

 

Daniele David

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