“I rapporti tra ordinanza di demolizione e istanza di accertamento di conformità” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, sentenza n. 3104 del 05.06.2014).

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Con questo recente pronunciamento i giudici della Sez. V del T.A.R. Campania – respingendo il ricorso proposto da un privato avverso un’ordinanza di demolizione (cfr. art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, c.d. “T.U. Edilizia”) – approfondiscono le tematiche giuridiche relative ai rapporti tra l’invalidità/efficacia dell’ordinanza medesima e la successiva presentazione di un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001[1].

Secondo la tesi difensiva sostenuta dal ricorrente, l’amministrazione comunale resistente non potrebbe legittimamente disporre la demolizione del manufatto oggetto di procedimento sanzionatorio proprio in ragione della sopradetta intervenuta istanza di accertamento di conformità.

Ebbene, nel caso in esame i giudici amministrativi aderiscono all’orientamento giurisprudenziale – già, peraltro, espresso in analoghe fattispecie dal medesimo T.A.R. (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, sentenze nn. 1173/2008, 9757/2007, 8345/2007) – secondo cui “ . . . (omissis) . . . la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano compromesse dalla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. 380/2001.”

Quest’ultima, infatti, determina piuttosto una “sospensione” dell’efficacia della misura ripristinatoria, determinandosi quindi “uno stato di temporanea quiescenza dell’atto, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente” (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, sentenza 4 febbraio 2005, n. 816 e 13 luglio 2004, n. 10128).

Ne consegue che – in caso di accoglimento della domanda di sanatoria – l’ordine di demolizione decadrà per il venir meno del suo presupposto, vale a dire del carattere abusivo dell’opera realizzata; ciò in ottemperanza al consolidato principio della c.d. “doppia conformità” dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente i) al momento della realizzazione dello stesso e ii) al momento della presentazione della domanda.

In caso di rigetto, invece, il provvedimento sanzionatorio riacquisterà la sua originaria efficacia – sospesa, come detto, in attesa della conclusione del procedimento relativo all’istanza ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 – con la sola specificazione che “ . . . (omissis) . . . il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso”.

Il procedimento di verifica della compatibilità urbanistica dell’opera avviato dal privato si configura, dunque, come un procedimento del tutto autonomo e differente dal precedente procedimento sanzionatorio, e nel caso in cui quest’ultimo si sia ritualmente concluso con l’emissione di un’ordinanza di demolizione dell’opera eseguita in assenza o difformità del titolo abilitativo, il Collegio ritiene che “ . . . (omissis) . . . non sussista motivo per imporre all’amministrazione comunale il riesercizio del potere sanzionatorio a seguito dell’esito negativo del procedimento di accertamento di conformità urbanistica, atteso che il provvedimento di demolizione costituisce un atto vincolato, a suo tempo adottato in esito ad un procedimento amministrativo sul quale non interferisce l’eventuale conclusione negativa del procedimento ad istanza di parte ex art. 36 del D.P.R. 380/2001”.

Un eventuale, nuovo procedimento ripristinatorio, del resto, contrasterebbe con il noto e basilare principio di economicità dell’azione amministrativa.

Avv. Tramutoli Daniele

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