Furto di energia elettrica con violenza sulle cose

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Risponde del reato furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si avvale consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzi.
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Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 25534 del 17-03-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma di una decisione emessa nel primo grado di giudizio, escludeva l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede e concedeva l’attenuante prevista dall’art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen., riducendo la pena nei confronti di una persona imputata per il delitto di furto aggravato di energia elettrica nella misura di mesi 4 di reclusione ed euro 200 di multa; le concesse attenuanti (anche quelle ex art. 62-bis cod. pen. erano state confermate) erano state ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti residue (la violenza sulle cose, il mezzo fraudolento e la recidiva reiterata specifica infraquinquennale).
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato quanto all’affermazione di responsabilità della ricorrente. Difatti, secondo il ricorrente, non sarebbe stata provata la riferibilità della condotta di allaccio abusivo del contatore elettrico alla stessa, oltre ogni ragionevole dubbio, oltre a mancare la consapevolezza dell’abbattimento dei costi di erogazione dell’energia attraverso la manomissione del contatore e, quindi, il dolo del reato.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il motivo summenzionato era reputato manifestamente infondato e formulato, ad avviso del Supremo Consesso, secondo direttrici di censura reiterative delle ragioni d’appello e “in fatto“, in quanto tali, non consentite in sede di legittimità.
In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che, in tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità – a meno che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione di essi, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., tra le più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015), rilevavano come, nel caso di specie, la sentenza avesse coerentemente e condivisibilmente messo in risalto come il contratto ENEL, in relazione al quale era stata segnalata anomalia nella registrazione dei consumi, fosse ad uso commerciale di un panificio ed intestato alla ricorrente, con consumi consistenti e una destinazione tale da non poter far sì che non ci si avvedesse dei bassi conteggi e pagamenti per l’attività espletata.
Oltre a ciò, era altresì osservato come l’allaccio abusivo, con bypass del regolare contatore, fosse interno all’immobile e chiaramente rilevabile come idoneo ad eludere la registrazione regolare dei consumi; il prelievo indebito durava da circa un anno e dava luogo alla estrema esiguità totale di contabilizzazione dei consumi, sicchè chi se ne avvantaggiava non poteva non accorgersene, coincidendo titolare del panificio e del contratto di fornitura elettrica con l’imputata.
Ciò posto, a sua volta, la prova della mancanza di buona fede nell’usufruire dell’energia indebitamente, per la Corte di legittimità, era evidente dai dati di prova suddetti: tempo di percezione dei vantaggi economici derivati dall’allaccio abusivo; coincidenza tra la titolarità formale del contratto e la titolarità del panificio.
Inoltre, sempre ad avviso dei giudici di piazza Cavour, non rilevava nemmeno, ai fini dell’attribuibilità del reato, la questione relativa a se la ricorrente fosse stata materialmente o moralmente partecipe della condotta di posizione dell’allaccio abusivo, dovendosi a tal proposito essere ribadito quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini della prova della sussistenza del reato a carico dell’imputata ed anche della configurabilità della circostanza aggravante della violenza sulle cose, riconosciuta nel caso di specie, in tema di furto di energia elettrica, l’aggravante della violenza sulle cose, prevista dall’art. 625, primo comma, n. 2), cod. pen., è configurabile anche quando l’allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialmente compiuto da persona diversa dall’agente il quale, quindi, si limiti a fare uso dell’allaccio altrui, trattandosi di circostanza di natura oggettiva, valutabile a carico dell’agente se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che la distinzione tra l’autore della manomissione e il beneficiario dell’energia può rilevare, ai fini della configurabilità del reato o della circostanza aggravante, solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo: Sez. 4, n. 5973 del 5/2/2020; Sez. 5 n. 32025 del 19/2/2014).
Da ciò la Corte di legittimità riteneva di dovere ribadire che, in ogni caso, risponde del reato di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si sia avvalso consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzi(Sez. 5, n. 24592 del 30/4/2021) dato che, come già chiarito dalla Sez. 5, nella pronuncia n. 1353 del 23/3/1999, (richiamata dalla sentenza n. 24592 del 2021, cit.), l’illecita fruizione consapevole dell’energia elettrica altro non rappresenta che l’impossessamento della “res“, attuato attraverso l’uso di mezzi necessari per superare la contraria volontà dell’ente erogatore.
Di conseguenza, il fatto che la ricorrente non fosse stata colei che aveva allacciato i “cavi volanti” alla rete elettrica per fruire abusivamente dell’erogazione, per la Suprema Corte, non rilevava ai fini della configurabilità del reato nei suoi confronti dal momento che ella utilizzava continuativamente l’energia elettrica illecitamente sottratta, in modo assolutamente consapevole, riguardo all’illegittimità del servirsene.
Nel caso di specie, pertanto, la Cassazione reputava come la Corte di Appello palermitana avesse adeguatamente motivato sulle ragioni evidenti di consapevolezza della condotta delittuosa in atto da parte della ricorrente.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che il reato furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, ricorre anche quando taluno si avvale consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzi.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che risponde del reato di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si sia avvalso consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzidato che l’illecita fruizione consapevole dell’energia elettrica altro non rappresenta che l’impossessamento della “res“, attuato attraverso l’uso di mezzi necessari per superare la contraria volontà dell’ente erogatore.
È dunque sconsigliabile, alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che deponga per l’insussistenza di questo illecito penale ove si verifichi una situazione di siffatto genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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