Esercizio abusivo della professione, la Cassazione allarga le maglie del reato

Redazione 27/03/12
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Lilla Laperuta

Con la sentenza n. 11545 depositata il 23 marzo 2012, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno esteso i confini della configurabilità del reato di esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 c.p., statuendo il principio di diritto secondo cui la fattispecie penale in oggetto si materializza:

a) non solo per il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione;

b) ma anche per il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione. Ciò vale sul presupposto che il medesimo compimento venga realizzato con modalità tali, per continuità, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare. in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.

In particolare, le attività caratteristiche degli iscritti all’Albo unico dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di cui al D.Lgs. 139/2005, in quanto non esclusive, non determinano la consumazione di un illecito penale per il fatto stesso di essere svolte da un non iscritto all’Albo. La condotta di quest’ultimo assume rilevanza penale, integrando così gli estremi del reato di esercizio abusivo della professione di ragioniere, perito commerciale o dottore commercialista, nel momento in cui lo svolgimento delle attività caratteristiche (tenuta della contabilità aziendale, redazione delle dichiarazioni fiscali ed effettuazione dei relativi pagamenti) avvenga in modo continuativo, organizzato e retribuito, configurando l’oggettiva apparenza di un’attività professionale. Solo se il soggetto agente espliciti in modo inequivoco che egli non è munito di quella specifica abilitazione e opera in forza di altri titoli o per esperienza personale comunque acquisita, potrà dirsi assente l’elemento dell’oggettiva apparenza da cui il Collegio Supremo fa discendere la rilevanza penale della condotta.

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