Efficacia nel tempo delle sanzioni disciplinari definitive

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Un approfondimento sull’efficacia nel tempo delle sanzioni disciplinari previste dalla l.n. 247/2012 e dal Codice Deontologico Forense.

Per approfondimenti si consiglia: Compendio di deontologia e ordinamento forense

Indice

Consiglio Nazionale Forense – Sent. n. 116/2016
Consiglio Nazionale Forense – Sent. n. 174/2018
Consiglio Nazionale Forense – Sent. n. 153/2023

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1. Principi generali

La L. n. 247/2012 (art. 53) ed il nuovo Codice Deontologico Forense (art. 22), elencano due tipi di sanzioni disciplinari: quelle conservative (avvertimento e censura) e quelle interdittive (sospensione e radiazione).
L’avvertimento e la censura, quando esecutive o definitive, hanno, di norma, una durata illimitata nel tempo.
Tuttavia vi sono disposizioni normative e regolamentari che espressamente ne limitano nel tempo l’efficacia:
-l’art. 3 comma 3 L. n. 113/2017 prevede che possono essere eletti quali componenti dei COA gli Avvocati che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento;
-l’art. 38 L. n. 242/2012 prevede che possono essere eletti al CNF Avvocati che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanna esecutiva anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento;
-l’art. 4 n. 5 lett. b) Reg. CNF 1/2014 prevede che possono candidarsi quali componenti dei CDD gli Avvocati che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanne ancorché non definitive ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento.
La sospensione ha una durata predeterminata nel tempo (da un minimo di due mesi ad un massimo di cinque anni), mentre l’Avvocato colpito da radiazione ha la possibilità, decorso il termine di anni 5 dall’esecutività del provvedimento sanzionatorio ma non oltre l’anno dalla scadenza di tale termine, di chiedere nuovamente l’iscrizione all’Albo (cfr. art. 62 n. 10 Legge n. 242/2012).

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2. La sentenza n. 153/2023 del CNF

In tema di sanzioni conservative, il CNF, nella sentenza in commento, ha ribadito il principio secondo il quale esorbita dai compiti del Giudice disciplinare non solo rimodulare ma limitare nel tempo l’efficacia di una sanzione disciplinare, qual è la censura, per la quale non è normativamente prevista una durata o un termine di efficacia.
La sentenza dichiarando, anche per tale ragione, inammissibile il ricorso proposto nel 2022 da un Avvocato avverso la Delibera con la quale il COA di apparenza aveva respinto la richiesta di trasformazione di una censura irrogata nel 2012 in avvertimento al fine di consentigli l’iscrizione nell’Elenco dei Mediatori, ha affermato che solo un intervento del legislatore sull’art. 4 comma 3 lett. c del D.M. 180/2010 può mitigarne gli effetti diuturni.

3. L’efficacia indiretta delle sanzioni disciplinari

Molteplici sono le norme che attribuiscono alle sanzioni disciplinari effetti impeditivi lo svolgimento di attività:
-l’art. 7 L. n. 53/94 in tema di notificazione in proprio stabilisce che il COA non può rilasciare l’autorizzazione agli Avvocati che abbiano procedimenti disciplinari pendenti e che abbiano riportato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale o altra più grave sanzione;
-l’art. 29 comma 1 quater disp. att. cpp stabilisce, quale condizione necessaria della permanenza nell’elenco dei difensori d’ufficio, l’assenza di sanzioni disciplinari definitive superiori all’ammonimento (oggi avvertimento);
-l’art. 81 comma 2 DPR n. 115/2002 stabilisce che l’iscrizione nell’elenco dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello stato è condizionata all’assenza di sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento irrogate nei cinque anni precedenti la domanda e prevede la cancellazione di diritto in caso di irrogazione di una sanzione disciplinare superiore all’avvertimento;
-l’art. 4 comma 3 lett. c del D.M. 180/2010 prevede tra i requisiti di onorabilità dei mediatori l’assenza di sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento.

4. Inapplicabilità della riabilitazione, amnistia, indulto e non menzione alle sanzioni disciplinari

L’applicabilità dell’istituto della riabilitazione alle sanzioni disciplinari è stata esclusa dal CNF il quale, sul punto, così si è espresso <<E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge professionale nella parte in cui  non prevede l’istituto della riabilitazione, che nell’ambito delle sanzioni disciplinari l’ordinamento forense non contempla, né può esservi introdotto dall’interprete in via analogica o estensiva>> (cfr. Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Secchieri), sentenza del 13 dicembre 2018, n. 174)
L’applicabilità degli istituti dell’amnistia e dell’indulto alle sanzioni disciplinari è stata esclusa dalla Suprema Corte la quale, sul punto, così si è espressa <<Salvo diversa ed espressa previsione del Legislatore, le disposizioni in tema di amnistia ed indulto non si applicano alle infrazioni e sanzioni disciplinari (In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha rigettato il ricorso avverso Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Salazar), sentenza del 20 febbraio 2014, n. 10) (cfr. Corte di Cassazione, pres. Amoroso, rel. Frasca, SS.UU, sentenza n. 14039 dell’8 luglio 2016).
L’applicabilità del beneficio della non menzione alle sanzioni disciplinari è stata esclusa dal CNF il quale, sul punto, così si è espresso <<La concessione dei benefici della non menzione e della sospensione della pena (che in sede penale costituisce conseguenza della scelta del rito e dell’incensuratezza) è sostanzialmente ininfluente in sede disciplinare ove, salvo diversa ed espressa previsione del Legislatore, neppure si applicano le disposizioni in tema di amnistia ed indulto>> (cfr. Consiglio Nazionale Forense, pres. f.f. Picchioni, rel. Picchioni, sentenza del 3 maggio 2016, n. 116)

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