L’art. 54 comma 1 della L. n. 247/2012 ha sancito il principio dell’autonomia del procedimento disciplinare rispetto al processo penale avente ad oggetto i medesimi fatti, ponendosi in netta discontinuità con la previgente normativa, la quale prevedeva la sospensione necessaria del primo in attesa della definizione del secondo. Invero, in base alla disposizione di cui al successivo comma n. 2, la sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di processo penale è una mera facoltà, è limitata nel tempo (due anni) ed è consentita laddove il Giudice disciplinare ritenga indispensabile, ai fini della decisione, acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale.
Volume per l’approfondimento: Compendio di Deontologia e ordinamento forense
Indice
1. La disciplina vigente
La norma, introducendo il principio dell’autonomia, ha inteso ampliare la discrezionalità del Giudice della deontologia escludendo, in derogaalla previsione dell’art. 653 c.p.p., l’efficacia di giudicato, nel procedimento disciplinare, della sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce illecito penale, e confermando le restanti ipotesi di rilevanza del giudicato penale previste dalla norma processualpenalistica.
Conferma di tanto si rinviene nella previsione di cui all’art. 55 L.P., a termini della quale : a) laddove sia stata inflitta una sanzione disciplinare e l’autorità giudiziaria abbia pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, il procedimento disciplinare è riaperto e deve essere pronunciato il proscioglimento anche in questa sede; b) laddove sia stato pronunciato in sede disciplinare il proscioglimento e l’autorità giudiziaria abbia pronunciato sentenza di condanna per reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l’accertamento della responsabilità deontologica non valutati in sede disciplinare, il procedimento disciplinare è riaperto ed il Giudice disciplinare valuta liberamente i fatti nuovi.
Sulla scorta di tali premesse, è opportuno riassumere, sulla scorta dell’elaborazione della giurisprudenza domestica e di legittimità, l’efficacia delle sentenze penali nel procedimento disciplinare forense.
2. Sentenza penale di assoluzione
In aderenza con quanto più sopra esposto, la Suprema Corte, con una recentissima sentenza, ha ribadito il principio secondo il quale, ad eccezione delle sentenze di assoluzione pronunciate con la formula <<perché il fatto non sussiste>> o << perché l’imputato non ha commesso il fatto>>, la prima escludente l’ontologia del fatto e la seconda la sua commissione da parte dell’imputato, le altre formule assolutorie non sono vincolanti nel giudizio disciplinare e tra queste anche le formule <<perché il fatto non costituisce illecito penale>> o << perché il fatto non costituisce reato>> e << perché il fatto non è previsto dalla legge come reato>>. Ciò in quanto l’originaria o sopravvenuta irrilevanza penale del fatto, nella sua materialità ed attribuibilità all’imputato, non ne implica l’irrilevanza dal punto di vista deontologico. (Cass. SS.UU. Sent. n. 12902 del 13.05.2021[1]).
In applicazione dei suddetti principi il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto non vincolante nel giudizio disciplinare la sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto (C.N.F. Sent. n. 263 del 30.12.2022[2]), per intervenuta depenalizzazione del reato (C.N.F. Sent. n. 240 del 3.12.2022[3]; conf. C.N.F. Sent. n. 250 del 15.5.2022[4]), per errata qualificazione giuridica dei fatti posti a base dell’imputazione (C.N.F. Sent. n. 46 del 9.5.2022[5]). Inoltre, sia la giurisprudenza domestica che quella di legittimità hanno escluso l’efficacia di giudicato nel procedimento disciplinare del decreto penale di archiviazione (Cass. SS.UU. Sent. n. 24378 del 3.11.2020[6]; ex plur. e da ultimo C.N.F. Sent. n. 165 dell’11.11.2022[7]).
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3. Sentenza penale di condanna
Nella medesima sentenza innanzi richiamata, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui <<In tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio disciplinare la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nel primo ha efficacia di giudicato nel secondo quanto all’accertamento del fatto, alla sua eventuale illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha commesso>> (Cass. SS.UU. Sent. n. 12902 del 13.05.2021).Trattasi di orientamento consolidato anche nella giurisprudenza domestica, secondo la quale <<La sentenza definitiva penale di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare, quanto all’accertamento del fatto, della sua illiceità penale e della circostanza che l’imputato lo ha commesso, essendo comunque riservata al giudice della deontologia la valutazione della rilevanza disciplinare nello specifico ambito professionale alla luce dell’autonomia dei rispettivi ordinamenti, penale e disciplinare>> (ex plur. e da ultimo C.N.F. Sent. n. 263 del 30.12.2022[8]).
4. Sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti
La giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. Sent. n. 15574 del 24.7.2015[9]; Cass. SS.UU. Sent. n. 23836 del 23.11.2015[10]) equipara, ai fini dell’affermazione della sua vincolatività nel procedimento disciplinare, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti alla sentenza penale di condanna. Tale orientamento è stato condiviso dal Consiglio Nazionale Forense anche nella vigenza della Legge Delega n. 134/2021 (contenente all’art. 1 n. 10 a 2) la previsione di ridurre gli effetti extra-penali della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e di escluderne l’efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare), sul presupposto dell’assenza di efficacia immediatamente precettiva della norma, della necessità di una sua eventuale attuazione da parte del Governo e del principio del libero convincimento (C.N.F. Sent. n. 56 del 13.5.2022[11])
E’ ovvio ed evidente che in conseguenza della riscrittura, ad opera dell’art. 25 comma 1 lett. b) del D.leg.. n. 150/2022, dell’art. 445 c.p.p., il quale al comma 1 bis esclude l’efficacia extra penale della sentenza resa ai sensi dell’art. 444 comma 2 c.p.p., la sentenza di patteggiamento non è più vincolante nel procedimento disciplinare, fermo ed impregiudicato il principio del libero convincimento.
5. Sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione
Con orientamento consolidato, il Consiglio Nazionale Forense ritiene, ai fini dell’affermazione della responsabilità deontologica o del proscioglimento dell’incolpato, l’irrilevanza in sede disciplinare della sentenza di estinzione del reato per intervenuta prescrizione sul presupposto che << In sede disciplinare, la sentenza penale che dichiari la intervenuta prescrizione del reato non può essere equiparata ad un giudizio di pieno accertamento della responsabilità per il sol fatto che nel corso del procedimento non sia emersa l’evidenza della innocenza dell’imputato (art. 129 c.p.p.): infatti, la formula di proscioglimento investe un diverso ambito valutativo di competenza del Giudice penale che, nel caso in cui rilevi una causa immediata di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, al fine di pervenire ad un eventuale proscioglimento nel merito, deve verificare se dagli atti processuali in suo possesso e senza necessità di svolgere ulteriori accertamenti, emerga la estraneità dell’imputato a quanto oggetto di contestazione, nel senso che si evidenzi la assoluta assenza della prova di colpevolezza, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non rilevando la eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato fra opposte risultanze>> (ex plur. e da ultimo C.N.F. Sent. n. 272 del 31.12..2022[12]).
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Compendio di Deontologia e ordinamento forense
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Federico Ferina | Maggioli Editore 2021
19.00 €
- [1]
Cass. SS.UU. Sent. n. 12902 del 13.05.2021
- [2]
C.N.F. Sent. n. 263 del 30.12.2022
- [3]
C.N.F. Sent. n. 240 del 3.12.2022
- [4]
C.N.F. Sent. n. 250 del 15.5.2022
- [5]
C.N.F. Sent. n. 46 del 9.5.2022
- [6]
Cass. SS.UU. Sent. n. 24378 del 3.11.2020
- [7]
C.N.F. Sent. n. 165 dell’11.11.2022
- [8]
C.N.F. Sent. n. 263 del 30.12.2022
- [9]
Cass. SS.UU. Sent. n. 15574 del 24.7.2015
- [10]
Cass. SS.UU. Sent. n. 23836 del 23.11.2015
- [11]
C.N.F. Sent. n. 56 del 13.5.2022
- [12]
C.N.F. Sent. n. 272 del 31.12.2022
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