È legittimità l’ordinanza di demolizione emessa nei confronti del proprietario estraneo agli abusi edilizi?

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L’estraneità del proprietario agli abusi edilizi, commessi sul bene da un soggetto che ne abbia la piena ed esclusiva disponibilità, non implica l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, emessa nei suoi confronti, ma solo l’inidoneità del provvedimento repressivo a costituire titolo per l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene.

 

Il fatto

 

Parte ricorrente, innanzi all’adito Tar Potenza, insorge avverso il provvedimento con cui gli è stata ingiunta la demolizione (con conseguente ripristino del precedente stato dei luoghi) di alcune opere edilizie abusivamente realizzate e consistenti nello “sconfinamento per circa 35 mq. del posizionamento della porzione di immobile destinato ad albergo, a distanza dalla strada di p.r.g. inferiore ai prescritti mt. 5.00, come da allegata planimetria”.

 

La decisione del Tar Potenza

 

Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, posto che il ricorrente non sarebbe il “soggetto giuridicamente responsabile” dei pretesi abusi edilizi, in quanto tale responsabilità andrebbe ricondotta alla società intestataria del permesso di costruire per effetto di voltura disposta dal Comune resistente.

Tale doglianza è stata giudicata infondata in quanto, secondo il Collegio giudicante, dagli atti di causa è risultato che il ricorrente sia il proprietario della superficie su cui insiste la parte dell’immobile ritenuta abusiva, mentre la società è meramente comodataria di tale area.

Orbene, l’ordine di demolizione, ai sensi dell’art. 31 cit., va notificato anche al proprietario, sicché quest’ultimo è passivamente legittimato rispetto al provvedimento di demolizione, essendo tenuto alla sua esecuzione indipendentemente dall’aver materialmente concorso alla perpetrazione dell’illecito.

Ne consegue che l’estraneità del proprietario agli abusi edilizi, commessi sul bene da un soggetto che ne abbia la piena ed esclusiva disponibilità, non implica l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, emessa nei suoi confronti, ma solo l’inidoneità del provvedimento repressivo a costituire titolo per l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene.

A mezzo del secondo articolato motivo, il ricorrente ha, tra l’altro, sostenuto che la collocazione di parte dell’immobile “a distanza dalla strada di p.r.g. inferiore ai prescritti mt. 5.00” non avrebbe “alcun rilievo giuridico”, non potendo così determinare l’abusività della contestata porzione del fabbricato.

Secondo il Collegio giudicante determinate zone del territorio comunale possono essere assoggettate a vincolo di “rispetto”, in relazione a quanto previsto per altre aree limitrofe.

In altri termini, mediante tali vincoli viene disciplinato l’uso di quella parte del territorio comunale che si colloca nella prossimità di altra parte del territorio che deve essere “rispettata” per le sue caratteristiche naturali o per la destinazione che ad essa è stata data in sede di pianificazione.

Nel caso in esame, lo strumento urbanistico comunale ha appunto previsto una fascia di rispetto per la realizzazione di una nuova strada, di estensione pari ad almeno 5 metri dal ciglio di quest’ultima.

In proposito, risulta incontestato che la strada in questione, benché prevista dal predetto p.r.g., non è mai stata effettivamente realizzata.

Ora, la destinazione di un fondo a “sede stradale” è da qualificare come vincolo a carattere espropriativo, soggetto pertanto al termine di decadenza quinquennale previsto dalla legge.

Orbene, nel caso sottoposto al suo giudizio, osserva il Tar Potenza il vincolo di cui trattasi è decaduto al più tardi nell’anno 1998 e, secondo un condivisibile orientamento, la scadenza del vincolo principale di destinazione a strada pubblica, per l’inutile decorso del termine quinquennale previsto dall’art.2 della L. n.1187/1968, comporta l’automatica perdita di efficacia del connesso ed accessorio vincolo di rispetto infrastrutturale, atteso che il regime di inedificabilità imposto da quest’ultimo, allo scopo di garantire la sicurezza della circolazione stradale, è funzionalmente servente in rapporto al primo.

Nella specie, per un verso, la concessione edilizia risulta assentita in data successiva alla decadenza del vincolo e, per altro, verso, l’unica difformità cui fa riferimento il provvedimento impugnato è proprio costituita dalla distanza inferiore a cinque metri dalla (inesistente) strada comunale, non risultando in alcun modo prospettate ulteriori e differenti divergenze in termini di superfici, sagome, volumetrie, ingombri.

Infine, il Tar ha respinto l’azione risarcitoria, pure spiegata dal ricorrente, non avendo quest’ultimo quantomeno allegato gli elementi costitutivi della relativa domanda, tra cui il danno di cui ha invocato il ristoro per equivalente monetario, considerato che, in materia di responsabilità della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., nonché dell’art. 63 cod. proc. amm., grava sul danneggiato l’onere della prova.

 

Tar Basilicata, sez. I, 07/10/2015, n. 613

 

Accoglie in parte il ricorso

 

Decisioni conformi

 

L’estraneità del proprietario agli abusi edilizi, commessi sul bene da un soggetto che ne abbia la piena ed esclusiva disponibilità, non implica l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione o di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, emessa nei suoi confronti, ma solo l’inidoneità del provvedimento repressivo a costituire titolo per l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene

(T.a.r. Campania, sez. VIII, 26 aprile 2013, n. 2180).

 

La scadenza del vincolo principale di destinazione a strada pubblica, per l’inutile decorso del termine quinquennale previsto dall’art. 2 della L. n. 1187/1968, comporta l’automatica perdita di efficacia del connesso ed accessorio vincolo di rispetto infrastrutturale, atteso che il regime di inedificabilità imposto da quest’ultimo, allo scopo di garantire la sicurezza della circolazione stradale, è funzionalmente servente in rapporto al primo

(T.a.r. Campania, sez. II, 16 marzo 2012, n. 1316).

 

Normativa di riferimento

D.P.R. n. 380/2001, art. 21

L. n. 1187/1968, art. 2

De Giorgi Maurizio

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