I doveri del Presidente della Repubblica: l’intervento del Presidente Mattarella

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In occasione dell’incontro del 05-03-2024 con Casagit (Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti italiani) della quale è socio onorario, Sergio Mattarella (Presidente della Repubblica italiana 2015-2022, 2022-oggi) ha offerto al pubblico una breve lezione di diritto costituzionale.
L’articolo seguente intende evidenziare i punti salienti e le criticità del discorso presidenziale.

Indice

1. I punti salienti del discorso del Presidente Mattarella


In primo luogo il Presidente della Repubblica ha richiamato l’attenzione dei presenti in sala sulla libertà di stampa quale elemento “fondamentale per la nostra democrazia, come per qualunque democrazia“. L’espressione sottolinea il carattere liberale dell’ordinamento giuridico italiano, il quale deve essere assicurato tramite “una assunzione di responsabilità da parte dei giornalisti” e realizzato mediante “la lealtà, l’indipendenza dell’informazione, la libertà di critica nel rispetto della personalità altrui, il rispetto dei fatti“.
La lealtà e l’indipendenza dell’informazione definiscono un’endiadi: sono difatti all’opera trame oscure,  intrighi pestilenziali tra sistema mediatico, magistratura e apparati politici. Una grave patologia cui occorre rimediare sul piano istituzionale.
Il secondo rilievo interessa invece possibili reati, ad esempio: la diffamazione, lesivi di beni giuridici quali la dignità e l’onore personale. In questa seconda ipotesi l’accento presidenziale cade sulla deontologia dei singoli professionisti.
Il Presidente della Repubblica ha poi evocato un ulteriore profilo relativo alle competenze presidenziali, affermando: “il Presidente della Repubblica non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è cosa ben diversa. È quell’atto indispensabile per la pubblicazione ed entrata in vigore delle leggi, con cui il Presidente della Repubblica attesta che le Camere hanno entrambe approvato una nuova legge, nel medesimo testo, e che questo testo non presenta profili di evidente incostituzionalità. Se andasse al di là di questo limite che gli assegna la Costituzione (…) si arrogherebbe indebitamente il compito che è rimesso alla Corte costituzionale. (…) Il Presidente della Repubblica non è un sovrano, (…) nei suoi compiti c’è, tra quelli fondamentali, quello di fare in modo che ciascuno rispetti la Costituzione“.

2. Breve analisi costituzionale


La Costituzione Italiana descrive la figura del Presidente della Repubblica nella Parte II, Titolo II (artt. 83-91 Cost.).
L’art. 87 Cost. afferma che “il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale“; quindi la medesima disposizione elenca una serie di funzioni strettamente presidenziali.
Tra di esse vi sono in particolare:

  • la possibilità di inviare messaggi alle Camere;
  • l’emanazione dei decreti aventi valore di legge e dei regolamenti;
  • l’autorizzazione alla presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo;
  • il comando delle Forze armate e la presidenza del Consiglio supremo di difesa;
  • la presidenza del Consiglio superiore della magistratura.

Dal dettato costituzionale emerge che:

  1. i “compiti fondamentali” del Presidente della Repubblica si esplicano in primo luogo nell’esercizio attento e puntuale dei poteri ad esso assegnati dalla Costituzione Italiana;
  2. la rappresentanza dell’unità nazionale implica l’utilizzo accorto ma rigoroso delle prerogative presidenziali. Si ricordi infatti che anche “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione” (art. 67 Cost.). Nel caso del Presidente della Repubblica il carattere unitario assume dunque un quid novi e un quid pluris rispetto al mandato del singolo parlamentare. Tale tratto distintivo, strutturale e funzionale, è desumibile dalle specifiche facoltà costituzionali concesse al Capo dello Stato;
  3. il mancato, inesatto, o ritardato esercizio dei poteri presidenziali è un pericolo per l’unità della Nazione.

La Costituzione Italiana non sanziona in forma esplicita il principio della separazione dei poteri elaborato da Charles de Secondat, barone di Montesquieu, nel 1748 (Capitolo VI, Libro XI, de “Lo spirito delle leggi”). Tuttavia, la Legge fondamentale dell’Italia individua attribuzioni normative tipizzate ad una pluralità eterogenea di organi costituzionali: da ciò è possibile inferire per il nostro ordinamento giuridico un modello statuale di tipo “montesquieuano”.
Come noto la separazione dei poteri stabilisce una tripartizione potestativa: la funzione legislativa (“fare le leggi”) è affidata al Parlamento; la funzione esecutiva (“attuare le leggi”) è consegnata al Governo; infine la funzione giudiziaria (“dirimere i conflitti applicativi”) è riservata alla Magistratura.
Domanda: perché la Costituzione Italiana demanda al Presidente della Repubblica il controllo sull’entrata in vigore del decreto-legge? La ragione è che esso è uno strumento incompatibile con il principio della separazione dei poteri, più specificamente un’invasione del potere esecutivo verso il potere legislativo. L’uso eccezionale del decreto-legge è legittimato dall’intervento del Presidente della Repubblica, il quale garantisce la costituzionalità della decretazione.
Argomentazione analoga può svilupparsi a proposito dell’autorizzazione dei disegni di legge governativi.
Il Presidente della Repubblica presiede poi il Consiglio supremo di difesa e il Consiglio supremo della magistratura al fine di supervisionare direttamente l’attività di entrambi gli organi collegiali, quali snodi nevralgici e strategici dello Stato.
Infine, il Presidente della Repubblica ha la facoltà convocare in via straordinaria ciascuna Camera (art. 62 Cost.), nonché inviare ad esse un messaggio ogni qualvolta lo ritenga opportuno. Ciò a differenza dei membri del Governo, tra cui il Presidente del Consiglio dei Ministri, che hanno l’obbligo di presentarsi al cospetto delle Camere qualora siano richiesti (art. 64 Cost.).

3. Conclusioni


Dal più recente ‘Rapporto sulla Legislazione’ presentato il 14 luglio 2023 alla Camera dei Deputati, denominato “La legislazione tra Stato, Regioni e Unione Europea“, si enuclea quanto segue. Dall’ottobre 2022 (inizio della 19ª Legislatura) sino al maggio 2023 il Parlamento ha approvato 29 proposte di legge, con una media di circa un’approvazione a settimana. Delle 29 leggi approvate, ben 19 sono disegni di legge governativi di conversione di decreti-legge. Il dato che se ne trae è che la funzione legislativa in Italia è svolta surrettiziamente, per il 65,5%, dal Governo. La statistica è in linea, seppur con un lieve andamento rialzista, con le legislature precedenti. Con buona pace del povero Montesquieu.
Per una mia mancanza non sono riuscito a trovare le cifre relative alla partecipazione diretta del Presidente della Repubblica alle sedute del Consiglio supremo di difesa e del Consiglio superiore della magistratura. Tuttavia per tradizione le mansioni presidenziali sono delegate ad un facente funzione: il ruolo del Presidente della Repubblica in tali consessi viene indebitamente interpretato, per prassi consolidata, come meramente simbolico.
Si favoleggia di svilimento del ruolo del Parlamento. Si lamentano le pulsioni correntizie in seno al Consiglio superiore della magistratura. Si denunciano le derive autoritarie all’interno di alcuni organi delle forze dell’ordine.
Tutto questo somiglia più alla consueta “commedia italiana” o, se si preferisce, ad una tenzone tra opposte scuole medievali (vedi la disputa filosofica sugli universali).
Scriveva Luigi Einaudi, primo Presidente della Repubblica italiana, nel suo celebre “Scrittoio del Presidente” che è “dovere del Presidente della Repubblica evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce“.
Ora, un tempo si ammoniva: “piscis primum a capite foetet“. Il pesce inizia a puzzare dalla testa. E il Presidente della Repubblica, non lo si dimentichi, è il capo dello Stato.

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Francesco Gandolfi

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