La Direttiva Case Green: un passo in avanti verso un futuro sostenibile

La direttiva europea sulle case green è un’iniziativa legislativa europea volta a migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio europeo.

La direttiva europea sulle case green (Direttiva UE n° 1275/2024) rappresenta un’importante iniziativa legislativa europea volta a migliorare l’efficienza energetica del patrimonio edilizio europeo e si inserisce in un contesto più ampio di politiche europee volte a combattere il cambiamento climatico e a promuovere la sostenibilità ambientale. Per approfondire questo tema abbiamo organizzato il corso Percorso Sostenibilità ESG. Strumenti pratici per le professioni

A cura degli avvocati DLA Piper Valentina Marengo e Niccolò Ubaldini

Indice

1. Principi e genesi della direttiva


La direttiva costituisce infatti l’attuazione di precedenti impegni internazionali, fra cui l’Accordo di Parigi (COP 21) e il Green Deal europeo, nonché una risposta all’attuale contesto di generalizzata inefficienza energetica del patrimonio edilizio europeo (si stima infatti che il 75% degli edifici dell’Unione Europea sia energeticamente inefficiente e che il 40% del consumo finale dell’energia in ambito UE sia causato proprio dal patrimonio edilizio degli Stati membri).
L’implementazione della direttiva case green costituisce poi un importante strumento di stabilizzazione in un momento storico caratterizzato da un peculiare contesto geopolitico (si pensi, ad esempio, al conflitto Russia/ Ucraina) che rende sempre più indispensabile la riduzione del consumo energetico e il maggior utilizzo di energia da fonti rinnovabili al fine di ridurre la dipendenza energetica dell’Unione Europea dai combustibili fossili e da Paesi terzi che ne garantiscono l’approvvigionamento.
In questo solco, la direttiva case green introduce una serie di misure volte a promuovere il miglioramento della prestazione energetica degli edifici ricompresi nei confini UE e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto da essi proveniente con l’obiettivo ultimo di conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. All’iter della direttiva abbiamo dedicato l’articolo Case green: ok definitivo alla direttiva UE dal Consiglio Ue Ecofin

2. Il Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici


Nel contesto dell’implementazione e attuazione della direttiva da parte degli Stati membri, riveste una particolare importanza il cd. Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici, che viene definito dal legislatore europeo come un piano da elaborare da parte di ciascun Stato membro, con cadenza quinquennale, per “garantire la ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati, al fine di ottenere un parco immobiliare decarbonizzato e ad alta efficienza energetica entro il 2050, allo scopo di trasformare gli edifici esistenti in edifici a emissioni zero“.
La prima proposta di piano dovrà essere presentata da ciascuno Stato membro entro il 31 dicembre 2025. Nell’elaborare tale proposta, lo Stato membro sarà tenuto ad organizzare una consultazione pubblica sugli elementi chiave del piano che coinvolga le Regioni e gli enti locali, la società civile e gli enti preposti alla tutela delle famiglie vulnerabili. L’esito di tale consultazione dovrà essere sintetizzato in un apposito allegato alla proposta di piano dello Stato membro, che sarà poi condiviso (assieme alla proposta stessa) con la Commissione Europea, la quale potrà formulare delle raccomandazioni. Lo Stato membro dovrà infine elaborare e trasmettere alla Commissione il Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici definitivamente formulato (con la precisazione che il primo piano dovrà essere presentato entro il 31 dicembre 2026).
Ogni Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici dovrà includere diversi elementi chiave, fra cui una panoramica del parco immobiliare nazionale (suddivisa per tipi di edifici, epoca di costruzione e zone climatiche), nonché una tabella di marcia con indicazione degli obiettivi di efficientamento nazionali e degli indicatori di progresso misurabili rispetto all’obiettivo di neutralità climatica da prefisso per il 2050. Il piano dovrà inoltre descrivere le politiche e le misure adottate e previste ai fini dell’attuazione della tabella di marcia includendo altresì una panoramica del fabbisogno d’investimenti necessari, delle fonti di finanziamento e delle risorse amministrative disponibili per l’attuazione del piano medesimo. Infine, il piano dovrà stabilire le soglie per le emissioni di gas a effetto serra e per il consumo annuo di energia primaria per gli edifici a emissioni zero, sia nuovi che ristrutturati, nonché le norme minime di prestazione energetica per gli edifici non residenziali e la traiettoria nazionale per la ristrutturazione del parco immobiliare residenziale (con indicazione degli obiettivi specifici per il 2030 e il 2035). Nel contesto dell’aggiornamento quinquennale del piano, ogni Stato membro dovrà allegare i dettagli dell’attuazione della strategia di ristrutturazione a lungo termine o del Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici più recente.

3. I requisiti minimi di prestazione energetica fissati dalla direttiva


In attuazione della direttiva, gli Stati membri sono tenuti a adottare tutte le misure necessarie affinché siano fissati requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici e gli elementi edilizi che ne fanno parte.
Tali requisiti, come meglio dettagliato infra, potranno essere adattati sulla base della tipologia di asset immobiliare, nonché in virtù del particolare valore architettonico o storico dell’edificio. Il singolo Stato membro potrà inoltre fissare delle esenzioni nel contesto dell’applicazione dei requisiti minimi di prestazione energetica con riguardo – ad esempio – agli edifici di proprietà delle forze armate, agli edifici destinati a scopi di difesa nazionale, agli edifici adibiti a luoghi di culto, agli edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o ai fabbricati indipendenti con una superficie utile totale inferiore a 50 mq.

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4. La parametrazione degli obiettivi di efficientamento alla tipologia di asset


Nel fissare gli obiettivi di efficientamento energetico e i requisiti minimi di prestazione energetica, la direttiva case green distingue il patrimonio edilizio a seconda che si tratti di edificato di nuova costruzione o esistente (residenziale e non residenziale). Sulla base di tale distinzione vengono così fissati degli obiettivi di efficientamento energetico e le relative scadenze temporali di attuazione.
In tale contesto, gli edifici di nuova costruzione sono senz’altro la tipologia di asset immobiliare destinata a subire in modo più immediato l’impatto della direttiva. A titolo esemplificativo, la direttiva prevede che, a partire dal 1° gennaio 2028, tutti gli edifici di nuova costruzione di proprietà di enti pubblici dovranno essere a emissioni zero e che, a partire dal 1° gennaio 2030, lo dovranno essere tutti gli edifici di nuova costruzione (a prescindere dalla natura pubblicistica del proprietario).
Gli obiettivi imposti dalla direttiva con riferimento al patrimonio edilizio esistente prevedono invece delle tempistiche di attuazione più dilatate e dei requisiti parzialmente (e provvisoriamente) meno stringenti. In tal senso, l’implementazione della direttiva da parte del singolo Stato membro dovrà garantire che, entro il 2030, tutti gli edifici non residenziali abbiano una prestazione energetica superiore al 16% degli edifici con le prestazioni peggiori e che, entro il 2033, tutti gli edifici non residenziali abbiano una prestazione energetica superiore al 26% degli edifici esistenti con le prestazioni peggiori. Per quel che riguarda gli edifici residenziali, invece, gli Stati membri dovranno adottare misure volte a garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.
L’attuazione degli obiettivi di efficientamento energetico delineati dalla direttiva consentirà così di pervenire alla graduale eliminazione degli edifici residenziali e non residenziali con le prestazioni energetiche peggiori.

5. Alcune misure introdotte dalla direttiva


Fra le misure introdotte dalla direttiva, rivestono un particolare interesse quelle relative alla mobilità sostenibile. In tal senso, la direttiva prevede talune disposizioni volte a favorire la mobilità sostenibile nel contesto di sviluppi immobiliari o della valorizzazione del patrimonio edilizio esistente. Si prevede, ad esempio, che per gli edifici non residenziali di nuova costruzione, o sottoposti a ristrutturazione importante, con più di cinque posti auto e meno di venti posti auto, dovrà essere garantita l’installazione di un punto di ricarica per ogni cinque posti auto (o per ogni due nel caso in cui l’edificio sia adibito ad uso ufficio), il pre-cablaggio per almeno il 50% degli stalli (così da permettere la successiva creazione di punti di ricarica per veicoli elettrici) e la realizzazione di spazi per il parcheggio delle bici che rappresentino almeno il 15% della capacità media o il 10% della capacità totale degli utenti dell’edificio.
La direttiva prevede poi l’obbligo di installare pannelli solari sui nuovi edifici pubblici e non residenziali, che sarà progressivo dal 2026 al 2030. A partire dal 1° gennaio 2025 non dovranno inoltre essere più ammesse agevolazioni fiscali per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili, ma solo per impianti ibridi, ovvero quelli che associano alla caldaia a gas una pompa di calore; entro il 2040, dovrà essere garantita l’eliminazione completa delle caldaie a combustibile fossile (con la precisazione che per tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 mq la scadenza è anticipata al 31 dicembre 2026).
Di particolare interesse, poi, è l’introduzione del cd. passaporto di ristrutturazione, che costituisce uno strumento concepito per fornire un quadro chiaro e completo delle misure di ristrutturazione effettuate sugli edifici e che dovrà definire le misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra durante il processo di ristrutturazione dell’edificio indicando i benefici attesi in termini di risparmio energetico dell’immobile e le informazioni sui costi stimati per ciascuna fase di ristrutturazione e sulle possibilità di sostegno finanziario e tecnico. La direttiva prevede che il passaporto di ristrutturazione costituisca uno strumento da impiegarsi su base volontaria da parte dei proprietari, ma il singolo Stato membro potrà decidere di renderlo obbligatorio (al pari dell’Attestato di Prestazione Energetica).
Infine, fra le misure introdotte dalla direttiva, merita un cenno anche l’obbligo di ciascuno Stato membro di creare una banca dati nazionale che permetta di raccogliere dati sulla prestazione energetica degli edifici. Tale banca dati nazionale potrà essere costituita da una serie di banche dati interconnesse e, così, ricomprendere al suo interno gli APE, i passaporti di ristrutturazione, i documenti di sintesi degli esiti delle ispezioni eseguite sugli edifici nonché i dati sulle emissioni degli edifici. I dati contenuti nella banca dati nazionale saranno trasferiti con cadenza almeno annuale all’Osservatorio del parco immobiliare UE.

6. L’impatto finanziario della direttiva – la necessaria incentivazione fiscale


Nonostante l’attuazione della direttiva sia ancora in fase embrionale, non sfuggirà al lettore il potenziale impatto finanziario degli interventi di efficientamento energetico che dovranno essere eseguiti nell’ambito delle nuove costruzioni e nel contesto delle attività di ristrutturazione da avviarsi sugli edifici esistenti (residenziali e non). In tal senso, è verosimile che la necessità di adeguare gli edifici agli standard di efficienza energetica dettati dall’Unione Europea comporti un aumento della domanda di prestiti e mutui per finanziare le ristrutturazioni e che gli istituti di credito possano considerare in futuro gli edifici non conformi agli standard energetici come investimenti più rischiosi con la conseguenza che i proprietari di immobili non efficienti dal punto di vista energetico possano incontrare maggiori difficoltà nell’ottenere finanziamenti o, comunque, dover affrontare tassi di interesse più elevati.
Forte di questa consapevolezza, il legislatore europeo incoraggia gli Stati membri a fornire incentivi finanziari e fiscali per promuovere la ristrutturazione energetica e invita i legislatori nazionali ad implementare delle misure di sostegno finanziario anche ricorrendo ai finanziamenti disponibili stabiliti a livello UE (fra cui il PNRR, il fondo sociale per il clima e i fondi della politica di coesione). In tal senso, la direttiva stabilisce che gli incentivi finanziari debbano essere destinati in via prioritaria alle famiglie vulnerabili, alle persone in condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare. Il singolo Stato membro dovrà poi assicurare l’istituzione e il funzionamento di strutture di assistenza tecnica, anche attraverso l’istituzione di sportelli unici rivolti agli operatori coinvolti nella ristrutturazione degli edifici.
Un altro risvolto applicativo dell’attuazione della direttiva consiste nel fatto che, a fronte della ristrutturazione secondo gli standard energetici ivi dettagliati, gli edifici dovrebbero acquisire un maggiore valore di mercato e questo potrebbe incentivare l’interesse del proprietario ad affrontare la relativa spesa (eventualmente anche accedendo a forme di finanziamento). In un tale contesto è verosimile che le banche sviluppino nuovi prodotti finanziari specifici per supportare le ristrutturazioni energetiche, come i cd. “mutui verdi”, che offrono condizioni vantaggiose per chi investe in efficienza energetica.
In sintesi, la direttiva case green potrebbe stimolare il mercato dei finanziamenti per le ristrutturazioni energetiche, ma potrebbe anche comportare elementi di complessità per chi possiede immobili non conformi agli standard. Gli incentivi e le agevolazioni fiscali, insieme a nuovi prodotti finanziari, saranno pertanto cruciali per facilitare l’accesso al credito e supportare la transizione verso edifici più sostenibili.

7. Sanzioni


La direttiva prevede infine che gli Stati membri sono tenuti a stabilire le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai fini della sua implementazione. Le disposizioni sanzionatorie dovranno essere adottate senza ritardo e notificate alla Commissione (così come ogni loro eventuale successiva modifica o implementazione).
Le sanzioni adottate dagli Stati membri dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive e, quindi, dovranno avere un impatto tangibile sulle violazioni, nonché essere commisurate alla gravità della violazione e idonee a scoraggiare eventuali trasgressori dal compiere violazioni della normativa di attuazione.

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Valentina Marengo

Niccolò Ubaldini

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