Nel nostro sistema non è presente una disposizione costituzionale che attribuisca alle convenzioni internazionali una determinata collocazione nella gerarchia delle fonti e che ne regoli i rapporti con l’ordinamento interno. Pertanto, si è assistito ad una confusione interpretativa da parte della giurisprudenza che in alcuni casi ha disapplicato la normativa interna che contrastava con quella della CEDU, mentre in altre si escludeva tale possibilità.
Indice
- 1. Panorama generale sul diritto internazionale
- 2. Procedimento ordinario e speciale quale meccanismo per adattare il diritto nazionale italiano al diritto internazionale
- 3. Il ruolo della CEDU nel panorama internazionale
- 4. Questione dell’applicazione delle norme CEDU nell’ ordinamento interno, con specifico riferimento a quello italiano
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- Note
1. Panorama generale sul diritto internazionale
Il diritto internazionale fa riferimento all’insieme di norme e principi il cui compito primario è quello di regolare i rapporti tra gli Stati al fin di coordinarne l’azione per il raggiungimento di obiettivi comuni nonché ricercare soluzioni nell’eventualità di conflitti[1].
Il diritto internazionale si differenzia così da quello nazionale sia da un punto di vista strutturale sia dal punto di vista del contenuto. Per quanto attiene, al profilo strutturale, il diritto internazionale non può essere inteso come una parte del diritto nazionale dei singoli Stati dal momento che, come viene osservato[2] la società interazionale è costituita da Stati che hanno una propria sovranità e non riconoscono ulteriore autorità sopra di loro. Da questo deriva, un’ulteriore caratteristica dell’ordinamento internazionale: il decentramento della funzione di produzione, della funzione di accertamento delle violazioni del diritto e della funzione coercitiva del diritto.
Infatti, per quanto attiene all’operazione di produzione normativa, questa trova origine sia nelle consuetudini internazionali[3] sia nei Trattati mentre, con riguardo, alla funzione di accertamento del diritto tale compito è affidato allo strumento dell’arbitrato che si basa sull’accordo tra le parti in presenza di un giudice specifico. Infine, per quanto attiene al profilo di natura coercitiva si fa riferimento all’istituto di autotutela dello Stato mediante cui provvede da sé per tutelare i propri diritti all’interno della Comunità internazionale[4].
Per quanto attiene al profilo contenutistico, l’ordinamento internazionale crea obblighi e diritti per gli Stati, agendo su un piano interstatale, dove i cittadini sono oggetti di tutela mentre quello nazionale disciplina i rapporti tra i consociati e tra lo Stato e questi ultimi.
Dopo aver evidenziato, quelle che sono le caratteristiche salienti del diritto internazionale è opportuno mettere in luce il suo rapporto con l’ordinamento del singolo Stato. Al riguardo vi sono due visioni[5]: le teorie dualiste e moniste. Secondo la visione dualistica, a cui ha aderito anche la giurisprudenza[6] e che trova un primo riferimento in Triepel[7], il diritto internazionale ed il diritto interno hanno due ordinamenti giuridici separati mentre la visione monista, considera i due ordinamenti come parte di un unico ordinamento giuridico in cui il diritto internazionale prevale su quello nazionale dal momento che i due ordinamenti non possono essere operanti nello stesso istante[8]. Della teoria monista abbiamo altri due approcci: quello di Kelsen[9], facente capo alla Scuola di Vienna c.d. internazionalistica, secondo cui il principio unitario trova fondamento nel diritto internazionale che ha un vincolo negli accordi e nelle consuetudini internazionali; l’approccio statalista che si basa sullo Stato sovrano, secondo cui il diritto internazionale è parte di quello nazionale[10].
Conseguenza delle due visioni è che con l’approccio dualista le disposizioni di diritto internazionale non vengono applicate in modo diretto, ma è necessario un sistema di adattamento mentre secondo l’approccio monista le norme dell’ordinamento internazionale vengono applicate direttamente senza nessun percorso di adattamento[11].
2. Procedimento ordinario e speciale quale meccanismo per adattare il diritto nazionale italiano al diritto internazionale
L’ordinamento internazionale non specifica, in linea generale, alcun procedimento riguardo ai meccanismi attraverso i quali le singole Nazioni devono adeguare i propri ordinamenti interni, pertanto, è necessario svolgere un’analisi secondo il sistema nazionale di ogni singolo Stato.
Nel nostro sistema giuridico per l’attuazione degli obblighi internazionali si impiegano due procedimenti: quello ordinario che riproduce le disposizioni internazionali mediante norme ad hoc avente forza di legge oppure mediante un procedimento c.d. speciale che rinvia a norme internazionali, predisponendo la loro osservanza, senza essere riformulate in modo diretto nel sistema giuridico nazionale[12]. Nel procedimento speciale, il rinvio può essere mobile oppure fisso. Il rinvio è mobile quando è necessario adottare ogni volta un atto ad hoc che si rifà alla disposizione di diritto internazionale che si intende recepire[13].
Si impiega lo schema del rinvio fisso quando una norma interna rimanda ad una disposizione internazionale di tipo specifico, in modo costante e stabile, senza che siano necessari, ogni volta determinati atti di recepimento.
Nel nostro ordinamento si deve fare riferimento all’art. 10 Cost., secondo cui “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute”. Nel procedimento di adattamento ordinario, le disposizioni interne oggetto di adattamento non sono condizionate dalle disposizioni internazionali dal momento che la loro entrata in vigore segue il principio della vacatio legis. Inoltre, come è stato osservato[14], nel caso di cambiamento ed estinzione della disposizione internazionale, non si verifica una modifica oppure un’estinzione delle disposizioni interne oggetto del procedimento di adattamento, che seguono quanto indicato per l’abrogazione e la modificazione delle norme legislative.
Nel procedimento di adattamento speciale è necessario un ordine di esecuzione ossia un atto, che non presenta contenuto materiale, in cui viene ordinata l’esecuzione del trattato nel sistema giuridico nazionale. Si tratta di un compito affidato alla pubblica amministrazione oppure al giudice. Tale atto, avrebbe il compito di rendere direttamente applicabile il trattato nell’ordinamento interno, eliminando i vincoli che separano il diritto nazionale con il diritto internazionale. Tale visione si basa sull’idea che alcune disposizioni internazionali possano regolare fattispecie interne, ma non presentano forza normativa che, viene, appunto, conferita solo mediante norme di diritto interno[15].
Altro aspetto da mettere in luce è che nel procedimento di adattamento al diritto consuetudinario internazionale[16], secondo l’art. 10 Cost., il rinvio viene svolto in modo permanente mentre per il diritto internazionale pattizio[17] si opera in via specifica dal momento che è richiesto un determinato atto di adattamento[18].
Le disposizioni che riprendono nell’ordinamento interno quanto indicato dal diritto consuetudinario internazionale, in attuazione dell’art. 10 Cost., nella gerarchia delle fonti interne acquistano, secondo la dottrina maggioritaria[19], lo stesso rango delle disposizioni costituzionali.
Inoltre, come è stato osservato dalla Corte Cost., con la sentenza n. 238 del 2014, intervenuta per esprimere il proprio parere sulla legittimità costituzionale della disposizione internazionale consuetudinaria che stabiliva l’immunità dei Paesi stranieri per i pregiudizi nei confronti dei prigionieri di guerra, e, più in generale la violazione dei diritti fondamentali della persona, ha sottolineato come: «i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un limite all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione»[20].
Per le disposizioni di derivazione pattizia come viene osservato dalla giurisprudenza[21]assumono la stessa rilevanza costituzionale se l’adattamento avviene mediante legge costituzionale, tuttavia, tale meccanismo non viene applicato nel nostro sistema giuridico, in quanto si preferisce, a seconda dei casi, procedere alla trasposizione dei Trattati attraverso un rinvio espresso con legge ordinaria oppure con i regolamenti[22].
3. Il ruolo della CEDU nel panorama internazionale
Parlando di diritto internazionale non è possibile non fare un riferimento alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del cittadino (CEDU) che è nata nel 1950 a Roma. La CEDU risulta lo strumento più innovativo in ambito internazionale per quanto attiene alla protezione dei diritti dell’uomo. La prima parte presenta un “carattere sostanziale” ed è rivolta ai diritti ed alle libertà fondamentali che ogni Paese si impegna ad assicurare e tutelare, mentre la seconda parte è di “carattere procedurale” e riguarda gli organi della CEDU che sono tenuti a tutelare i diritti fondamentali così da favorirne il rispetto da parte dei Paesi contraenti[23].
In riferimento alla protezione dei diritti umani, la CEDU è il documento internazionale che indica i livelli minimi di protezione al di sotto dei quali non è possibile scendere che permette agli Stati aderenti un livello di tutela più elevato su determinate tematiche.
La Convenzione EDU assume un ruolo peculiare all’interno dei Trattati internazionali in connessione a due proprietà fondamentali. Da un lato, l’aspetto universale e trasversale del suo oggetto costituito dalla tutela dei diritti dell’uomo, dall’altro la possibilità per gli Stati e per i singoli cittadini di ricorrere alla Corte Europea dei diritti dell’uomo nell’ipotesi in cui vengono violati i diritti tutelati dalla CEDU in base a quanto stabilito dall’art. 34 CEDU. Nello specifico, secondo quanto indicato dalla disposizione “La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto”. Si tratta, come è stato osservato[24], di un vero e proprio diritto soggettivo che viene assicurato a chi risiede all’interno di un Paese che ha ratificato[25] la Convenzione EDU, allorché, sostiene che vi siano state azioni oppure mancanze attribuibili ad una autorità pubblica che si traducano in mancato rispetto dei diritti garantiti. Attraverso la Convenzione EDU si è dato avvio ad un “sistema di protezione dei diritti fondamentali a cui corrisponde un preciso diritto di azione”[26] che può essere posto in essere non solamente dai singoli Stati aderenti, ma anche in modo diretto da soggetti privati, venendo meno il principio del “dominio riservato” dello Stato su temi attinenti ai diritti umani, dal momento che si ammette in capo al singolo il diritto di ricorrere verso lo Stato, consentendo un riscontro sull’operato di quest’ultimo[27].
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4. Questione dell’applicazione delle norme CEDU nell’ ordinamento interno, con specifico riferimento a quello italiano
Per quanto riguarda i rapporti tra ordinamento interno e ordinamento CEDU diverse sono le posizioni assunte dagli Stati membri. Ad esempio, in Germania in base al principio Völkerrechtsfreundlichkeit che ritroviamo nella Legge Fondamentale tedesca, i giudici tedeschi non sono vincolati ma sono tenuti a svolgere un’interpretazione conforme alle disposizioni della Convenzione EDU mentre in Francia viene sancita la supremazia delle disposizioni dei Trattati internazionali sull’ordinamento interno[28]. Nel nostro sistema non è presente una disposizione costituzionale che attribuisca alle convenzioni internazionali una determinata collocazione nella gerarchia delle fonti e che ne regoli i rapporti con l’ordinamento interno. Pertanto, si è assistito ad una confusione interpretativa da parte della giurisprudenza che in alcuni casi ha disapplicato la normativa interna che contrastava con quella della Convenzione EDU[29] mentre in altre si escludeva tale possibilità. Successivamente, la Corte Costituzionale ha chiarito la portata dell’articolo 117, comma primo, Cost., ricostruendo i rapporti con l’ordinamento CEDU. Nelle note sentenze gemelle n. 347 e 348 del 2007 la Corte Cost. ha evidenziato come: «La Convenzione EDU, invece, non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa è configurabile come un trattato internazionale multilaterale – pur con le caratteristiche peculiari che saranno esaminate più avanti – da cui derivano “obblighi” per gli Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, omisso medio, per tutte le autorità interne degli Stati membri”[30]. Pertanto, in base a quanto evidenziato dalle pronunce della Corte costituzionale le disposizioni della CEDU sono indirizzate sempre agli Stati contraenti e non ai singoli che sono oggetto di tutela e non titolari di diritti.
Le problematiche inerenti al rango della CEDU sono tornate alla ribalta a seguito della ratifica del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 che ha modificato il Trattato sull’unione europea (TUE). In particolare si fa riferimento al nuovo art. 6 del TUE che al paragrafo uno stabilisce che “l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. Il successivo paragrafo due dispone che “l’Unione aderisce alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite nei Trattati”; mente il paragrafo tre invece, sottolinea che “I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione Europea in quanto principi generali”.
Dalla lettura delle disposizioni sono emersi pareri contrasti da parte della giurisprudenza amministrativa: una parte[31] ha sostenuto che la CEDU sia stata “comunitarizzata” con l’effetto che il giudice ordinario può direttamente disapplicare una norma nazionale in contrasto con le norme della Convenzione senza ricorrere alla Corte costituzionale, facendo assumere nel sistema interno, lo stesso rango delle norme dell’UE.
Altra parte della giurisprudenza, in particolare quella costituzionale[32], si è espressa in senso opposto alla diretta disapplicazione delle disposizioni interne contrastanti con la CEDU da parte dei giudici nazionali, evidenziando come il Trattato di Lisbona non ha “comunitarizzato” la CEDU ma ha concesso soltanto all’ Unione Europea di aderire alla CEDU. Nello specifico, è stato evidenziato come: « la statuizione del paragrafo 2 del nuovo art. 6 del Trattato resta, dunque, allo stato, ancora improduttiva di effetti. La puntuale identificazione di essi dipenderà ovviamente dalle specifiche modalità con cui l’adesione stessa verrà realizzata. Quanto, poi, al richiamo alla CEDU contenuto nel paragrafo 3 del medesimo art. 6 – secondo cui i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione «e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali» – si tratta di una disposizione che riprende, come già accennato, lo schema del previgente paragrafo 2 dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea: evocando, con ciò, una forma di protezione preesistente al Trattato di Lisbona[33]».
In altri termini, la CEDU potrebbe trovare applicazione diretta (ex art. 11 Cost.) solo nei casi in cui i precetti di quest’ultima che vengono in rilievo nel caso concreto riguardino materie di competenza non prettamente statale, ma rientrino tra le competenze dell’Unione e che si dia sostanziale coincidenza tra la CEDU stessa e la Carta dei diritti fondamentali o altra norma dell’Unione. Su tale punto si tornerà più avanti.
Pertanto, le norme CEDU potrebbero essere direttamente applicabili secondo l’ex art. 11 Cost. solamente per quelle fattispecie che fanno riferimento a materie che non sono di stretta competenza statale, ma sono di competenza dell’UE e che sia presente una effettiva coincidenza tra la CEDU, la Carta di Nizza o altra disposizione dell’UE[34].
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Note
[1]Leanza U., Caracciolo I., Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui, Giappichelli, Torino, 2012, p. 5 ss.
[2] Gioia A., Diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2019, p. 1.
[3] Le consuetudini internazionali sono intese come la reiterazioni di un determinato comportamento da parte dei Paesi membri, in base alla convinzione che tale condotta sia conforme al diritto.
[4] Gioia A., Diritto internazionale, cit., p. 4.
[5] Salvino T., L’apertura delle Costituzioni degli stati membri dell’UE al diritto comunitario e a quello internazionale. Un confronto tra Est e Ovest d’Europa, Giappichelli, Torino, 2018, p. 18.
[6] Si veda Corte Cost., 18 dicembre 1973 n. 183, in https://elearning.unipd.it/spgi/mod/resource/view.php?id=71333
[7] Si veda Triepel H., Diritto internazionale e diritto interno (trad. it. a cura di Buzzati), Unione tipografico-editrice torinese, Torino, 1913.
[8] Mortati C., Istituzione di diritto pubblico, tomo II, Padova, 1976, p. 1479 ss.
[9] Ė stato uno dei maggiori interpreti della filosofia del diritto. Si veda Kelsen H., Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino, 2000.
[10] S.M. Carbone, Luzzatto R., Bariatti S., Ivaldi P., Queirolo I., Munari F.,Fumagalli L., Nascimbene B., Schiano L., Istituzioni di diritto internazionale, Torino, Giappicchelli, 2021, p. 131
[11] Fiore R., L’obbligatorietà del diritto internazionale: elaborazione di una teoria della “volontà arbitraria” in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, 2015, pp. 323-344.
[12] Carbone S.M., Luzzatto R., Bariatti S., Ivaldi P., Queirolo I., Munari F., Fumagalli L., Nascimbene B., Schiano L., Istituzioni di diritto internazionale, cit., p. 142.
[13] Palombino F.M. Introduzioni al diritto internazionale, Ed. Laterza, Bari, 2024, p. 189 ss.
[14] Carbone S. M., Luzzatto R., Santa Maria A., Istituzione di diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2003, p. 127.
[15] Cannizzaro V., Diritto internazionale, Giappichelli, Torino, 2023, p. 488.
[16] La consuetudine internazionale è l’insieme delle disposizioni che disciplinano i rapporti reciproci fra tutte le Nazioni e che nascono dalla consuetudine ossia dalla condotta abituale tenuta dagli Stati nei loro rapporti reciproci.
[17] Si fa riferimento al diritto pattizio internazionale ossia le disposizioni che disciplinano i rapporti tra le singole Nazioni in base a specifici patti (trattati o convenzioni) che sono pattuiti tra un Paese e un altro.
[18] Sinagra A., Lezioni di diritto internazionale pubblico, Giuffrè, Milano, 2009, p. 432.
[19] Si veda la dottrina maggioritaria Olivetti M., (a cura di) Commentario alla Costituzione, I, Torino, 2006, p. 248, Focarelli C., Lezioni di diritto internazionale, Cedam, Padova, 2008, II., p. 230; Salerno F., Diritto internazionale. Principi e norme, Cedam. Padova, 2013, p. 400.
[20]Corte Cost., 29 ottobre 2014 n. 238 sul sito https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=238
[21]Si veda Corte Cost., 6 giugno 1989 n. 323 sul sito https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:1989:323
[22] Carbone S.M., Luzzatto R., Bariatti S., Ivaldi P., Queirolo I., Munari F., Fumagalli L., Nascimbene B., Schiano L., Istituzioni di diritto internazionale, cit., p. 157.
[23]Sammaciccia J. N., Il ruolo della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nel processo di sviluppo dei diritti fondamentali nell’ambito comunitario, in Caietele Institutului Catolic VII, 2, 2008, p. 263.
[24] Bellucci G., La repressione degli abusi edilizi nella giurisprudenza amministrativa, penale e della Corte europea dei diritti dell‘uomo, Giappichelli, Torino, 2012, p. 496 ss.
[25]Secondo gli ultimi dati disponibili sono 46 gli Stati che hanno ratificato la CEDU sul sito https://www.coe.int/en/web/portal/46-members-states
[26] De Salvia M., Compendium della CEDU. Le linee guida della giurisprudenza relativa alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Editoriale scientifica, Napoli, 2000, cit. p. 9.
[27] Sirotti Gaudenzi A., I ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell‘Uomo, Maggioli, Cesena,2013, p. 30.
[28]Episcopo F., L’efficacia orizzontale dei diritti fondamentali al vaglio della Corte Federale Tedesca. Brevi note a margine di alcune recenti sentenze del Bundesverfassungsgericht. 2020, in https://www.giustiziainsieme.it
[29]Cass., 15 dicembre 2005 n. 28507 sul sito https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.page?contentId=SDU1263327
[30]Corte Cost., 31 ottobre 2007 n. 348 sul sito https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2007&numero=348
[31] Cons. Stato 2 marzo 2010 n 1220 sul sito https://www.avvocato.it; Tar Lazio 18 maggio 2010 n. 11984 sul sito
[32]Corte Cost., 11 marzo 2011 n. 80 sul sito https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=80
[33] Corte Cost., 11 marzo 2011 n. 80 , punto 5.4.
[34]Cotura S., Trattato di Lisbona, adesione dell’Unione europea alla CEDU e sistematica delle fonti, p. 220, sul sito https://digitalibri.egeaonline.it/getFile.php?id=20667
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