Danno biologico: va riconosciuta l’aspettativa del danneggiato all’applicazione di una regola equitativa uniforme a quella utilizzata per casi analoghi

Redazione 12/11/12
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Anna Costagliola

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19376 dell’8 novembre scorso, ha annullato il provvedimento con cui la Corte d’appello di Catania, in un procedimento per risarcimento del danno biologico, avevano quantificato il danno non facendo riferimento alle «Tabelle di Milano» bensì applicando un proprio metodo di liquidazione. Il giudice del merito, infatti, aveva specificamente disatteso, in nome della congruità di una valutazione equitativa asseritamente personalizzata, la richiesta del danneggiato di applicazione delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.

Affermano gli Ermellini che il metodo di quantificazione utilizzato dalla Corte d’appello è «oscuro», non risultando i criteri seguiti per la determinazione del valore punto, né essendo stato specificato se il relativo importo determinato fosse stato o meno aggiornato al momento della liquidazione. A ciò deve ancora aggiungersi che, negando l’applicazione delle Tabelle milanesi, la Corte ha illegittimamente frustrato l’aspettativa della parte all’applicazione di una regola equitativa uniforme a quella utilizzata per casi analoghi, tanto più che il diniego risulta motivato con una pretesa «personalizzazione» della valutazione che tuttavia, per la sua assoluta astrattezza e apoditticità, si risolve in una mera formula di stile.

I giudici di legittimità ricordano che, nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regole equitativa di cui all’art. 1226 c.c. deve garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio di fronte a casi analoghi, apparendo intollerabile che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da giudici diversi. La uniformità di trattamento di casi analoghi è proprio garantita, come la Corte di Cassazione ha più volte ribadito in passato, proprio dal riferimento alle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, essendo i relativi criteri già ampiamente diffusi sul territorio nazionale, salvo che sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono.

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