Corte dei conti – giudizi di responsabilita’ amministrativa per danno erariale – sent. Sez. Giur. Veneto n. 1237/2004 – enti locali – eccezione di difetto di giurisdizione – sindaco quale extraneus all’ ente – infondatezza – rapporto di servizio – sussist

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Se a fronte di una sentenza di condanna erariale del sindaco, gli importi da lui corrisposti a tale titolo gli vengono restituiti per pressioni esercitate sul responsabile dei servizi finanziari dell? ente locale ( immoral suasion ) si integra illecito contabile e del danno arrecato al comune ne rispondono sia il sindaco che detta funzionaria. La posizione di organo di vertice della amministrazione comunale rivestita dal sindaco di un comune implica la coincidenza di capo della amministrazione danneggiata e di danneggiante laddove sia intervenuta pronunzia di addebiti lesivi delle risorse finanziarie dell? ente. Il sindaco pu? essere chiamato in causa iussu iudicis . Menzionare danno erariale o danno all? ente locale od al comune in sede di atto di citazione non? d? luogo ad alcuna ipotesi di nullit? della citazione medesima essendo il concetto di danno pubblico unitario e la discrasia nominalistica del tutto irrilevante non potendosi fondatamente asserire che la domanda attorea ? allorquando indichi trattarsi di danno all? erario ? voglia esclusivamente alludere a pregiudizio ad amministrazione statale.?

  • qui di seguito la decisione

????? Sezione Giurisdizionale REGIONALE PER il Veneto

???? Presidente: *********** ? Relatore: *********

FATTO

1. Con atto di citazione depositato in data 7/11/2002 e ritualmente notificato il 23/11/2002, il Procuratore Regionale conveniva in giudizio la sig.ra ********- responsabile del Servizio finanziario del comune di Barbona (PD)? – per sentire condannare la stessa al pagamento, in favore dell?Amministrazione comunale, della somma di ? 4671,73 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.

Il Pubblico Ministero contestava alla funzionaria di aver indebitamente restituito – con mandato n. 178 del 25/5/1999 ? al sindaco, sig. Q.A., la somma – maggiorata di interessi – che quest?ultimo aveva, a propria volta, versato al comune nel 1995, in esecuzione della sentenza n. 49/1992 della II Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti, che lo aveva condannato per un danno cagionato nell?esercizio delle funzioni di sindaco.

La somma restituita dalla M. ammontava a complessive ?. 9.045.735, di cui ?. 7.500.000 quale somma versata dal Q. nel 1995 ? ed incamerata nel bilancio comunale con reversale n. 82 del 2/5/1995 ? e ?. 1.545.735 quali interessi legali maturati nel frattempo sulla stessa.

2. In fase istruttoria, il Pubblico Ministero? notificava sia all?ex sindaco Q. che alla responsabile del Servizio finanziario signora M. l?invito a dedurre, contestando loro di aver cagionato il danno, all?esame del Collegio.

Entrambi presentavano delle deduzioni difensive.

L?ex primo cittadino eccepiva di aver versato la somma di ?. 7.500.000, nel 1995, non con intento solutorio, ma solo quale cauzione, al fine di evitare una situazione di incompatibilit?, che avrebbe pregiudicato la possibilit? di essere nuovamente eletto alla carica di sindaco.

Rilevava infatti che creditore, secondo il tenore letterale della sentenza di condanna, fosse da ritenersi lo Stato (Erario) e non il Comune di Barbona.

Nell?audizione del 25/6/2002, avanti il PM, il Q. precisava altres? ?Non erano soldi del Comune, ma dell?ing. Q.A. depositati presso il Comune. Sono convinto di aver richiesto la restituzione della somma relativa alla condanna anche per iscritto?.

La M., nell?audizione davanti al PM del 10/9/2002, confermava la tesi dell?ex? sindaco, dichiarando di avere restituito, nel 1999, tali somme sullo stesso presupposto, che creditore fosse lo Stato.

3. La Procura Regionale, al termine dell?istruttoria, con atto di citazione depositato in data 7/11/2002, dopo aver archiviato la posizione del Q., conveniva in giudizio la sola funzionaria comunale, sig.ra M..

Con memoria in data 22/1/2003, si costituiva in giudizio la convenuta, rappresentata dall?avv.to ******.

La M. ribadiva come il dispositivo della sentenza n. 49/92 della Corte dei conti, di condanna del Q., recasse la dizione ?pagamento a favore dell?Erario? e pertanto nulla ostasse alla restituzione di quanto il sindaco aveva depositato, con riserva esplicita di ripetizione ?ove si fosse accertato che titolare del credito fosse lo Stato e non il comune di *******?.

La difesa, affermata pertanto la buona fede della M., ne chiedeva l?assoluzione.

Alla pubblica udienza del 26 marzo 2003 il Procuratore regionale sottolineava, invece, come il comportamento della funzionaria comunale fosse stato particolarmente grave ed ingiustificato, rilevando come si potesse ipotizzare una responsabilit? ?morale? del sindaco, ed insisteva per la condanna della convenuta.

Il difensore di quest?ultima ribadiva quanto gi? sostenuto nelle controdeduzioni avanti il PM e nella memoria di costituzione in giudizio, sottolineando altres? come il Q. avesse riferito alla M. di avere assunto pareri legali, che confortavano la tesi per cui creditore doveva ritenersi lo Stato e non il comune.

Instava pertanto per l?assoluzione.

Il Presidente del Collegio chiedeva al legale della convenuta se gli constasse l?esistenza di un successivo versamento della somma, da parte dell?ex sindaco, allo Stato, ma il legale precisava di non esserne a conoscenza.

Seguivano brevi repliche della Procura e della difesa, in cui le parti ribadivano le tesi contrapposte.

4. Con Ordinanza Presidenziale n. 65 del 26 marzo 2003 veniva disposta l?integrazione del contraddittorio nei confronti dell?ex sindaco.

Il Pubblico Ministero, con atto di citazione integrativo depositato in data 17/9/2003, eseguiva l?ordinanza, convenendo il Q. in giudizio, unitamente alla M., chiedendo la condanna di entrambi al risarcimento, in parti uguali, del danno di ? 4671,73.

L?Accusa, nella citazione integrativa, confermava tutte le argomentazioni della prima citazione a giudizio – nei confronti della responsabile dei servizi finanziari ? ed evidenziava poi una pressione (definita ?immoral suasion?) esercitata dal sindaco nei confronti della M., in forza della carica istituzionale rivestita, rilevando come il Q. – nell?accettare la restituzione dei soldi – avesse perfezionato l?evento dannoso.

L?Organo Requirente stigmatizzava, poi, come strumentale la questione, posta dalla difesa, sull?accezione da dare al termine ?Erario?, sia per la notoria promiscuit? dell?uso del termine – per indicare in senso lato il patrimonio pubblico, quanto delle Amministrazioni statali che locali – sia perch? era evidente, dall?oggetto del giudizio definito con la sentenza del 1992 della Corte dei conti, come l?ente danneggiato dall?illecito comportamento del sindaco fosse stato il Comune di Barbona.

Il Pubblico Ministero concludeva pertanto per la condanna dei convenuti.

5. All?udienza del 17/12/2003 il Collegio rilevava una irregolarit? nella notificazione dell?atto di citazione integrativo nei confronti della M.. Risultava infatti, dalla relata di notifica dell?Ufficiale Giudiziario, come la stessa non fosse pi? domiciliata presso lo studio legale presso cui aveva, precedentemente, eletto domicilio.

Il Pubblico Ministero chiedeva un rinvio per provvedere alla regolarizzazione della notifica e le parti costituite assentivano; la causa veniva fissata a nuovo ruolo.

In data 3/3/2004 la Procura provvedeva a ridepositare l?atto di citazione integrativo, poi ritualmente notificato.

6. La convenuta M. produceva ulteriore memoria di costituzione in giudizio, in data 20 maggio 2004, con la quale sostanzialmente riproponeva le argomentazioni espletate nella prima difesa.

L?ex sindaco si costituiva in giudizio con due memorie difensive.

Nella prima, depositata il 26/11/2003, eccepiva la nullit? della citazione integrativa, perch? la condanna era stata chiesta dal PM in favore del comune di Barbona, anzich? dell?Erario, nonch? l?inammissibilit? della stessa perch? la citazione era stata depositata oltre il termine dei 120 giorni dall?invito a dedurre. Inoltre, sempre in via pregiudiziale, sollevava un profilo di giurisdizione per aver il Q. concorso, con la M., come extraneus privato cittadino – e non in relazione alla sua qualit? di sindaco.

Nel merito eccepiva l?infondatezza della domanda, sostenendo la legittimit? della condotta, sull?assunto che creditore della somma fosse lo Stato. Rilevava l?inattualit? del danno, potendo l?Amministrazione comunale di Barbona procedere, ancora, in sede esecutiva nei confronti del Q., per ottenere un nuovo adempimento della sentenza di condanna della Corte dei conti del 1992.

Escludeva l?esistenza dell?elemento psicologico del dolo ed in via subordinata chiedeva l?applicazione del potere riduttivo.

Nella seconda memoria, depositata il 20 maggio 2004, oltre a ribadire tutto quanto gi? dedotto nella prima costituzione, insisteva sulla considerazione per cui le somme versate dal Q. nel 1995, sebbene depositate presso la Tesoreria comunale, non sarebbero entrate nel patrimonio comunale.

All?udienza del 9 giugno 2004 le parti ribadivano le tesi riportate negli atti; esaurita la discussione, il giudizio veniva trattenuto per la decisione.

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DIRITTO

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1. Preliminare all?esame del merito ? la delibazione sulle eccezioni di rito (sollevate dalla difesa del Q.).

1.1. L?ex sindaco ha eccepito il difetto di giurisdizione, sull?assunto di aver agito quale extraneus, non come titolare di un rapporto di servizio.? L?eccezione ? infondata.

All?epoca dei fatti il convenuto ricopriva la qualificata posizione di capo dell?amministrazione, responsabile del buon andamento degli uffici comunali, ed in tale veste convinse (immoral suasion, secondo l?espressione della Procura) la responsabile del servizio finanziario ad aprire il procedimento amministrativo che si concluse con la determinazione n. 3 del 28/1/1999 e, successivamente, riscosse il mandato di pagamento n. 178 del 25/5/1999, emesso a suo favore.

E? lo stesso Q., del resto, (cfr. verbale di audizione in Procura) ad ammettere di aver richiesto alla M. di restituirgli i soldi (cfr. verbale citato in cui precisava ?Non erano soldi del Comune, ma dell?ing. *****, depositati presso il Comune. Sono convinto di aver richiesto la restituzione della somma, relativa alla condanna, anche per iscritto?).

In nessun senso, pertanto, il convenuto pu? ritenersi extraneus alla vicenda amministrativa, in cui ha concorso: indirizzando illegittimamente il comportamento della responsabile dei servizi finanziari, venendo meno all?obbligo di eseguire la sentenza – che lo vedeva nella duplice veste di capo dell?amministrazione danneggiata e di danneggiante – violando, in buona sostanza, i propri doveri d?ufficio, quale sindaco.

L?eccezione sul difetto di giurisdizione ? destituita di fondamento e va disattesa.

1.2. Il convenuto ha altres? sollevato un profilo di nullit?, rilevando che la Procura nella prima citazione (contro la M.) chiedeva la condanna a favore dell?Erario statale, mentre, nella seconda citazione (contro la M. ed il Q.) ? dopo l?ordinanza di integrazione del contraddittorio- individuava il comune di *******, come amministrazione danneggiata.

Per tale motivo, secondo parte convenuta, vi sarebbe nullit? della seconda citazione, stante la diversit? delle amministrazioni indicate come danneggiate.

L?eccezione ? manifestamente infondata e pretestuosa.

Infatti sebbene esista, nel primo atto di citazione, una discrasia nominalistica (quando, in un punto dello stesso, si fa riferimento all?Erario statale), ? altres? evidente, senza ombra di fraintendimento alcuno come l?ente pubblico danneggiato, indicato dal Pubblico Ministero, venga sempre individuato nel comune di Barbona.

Ed invero sia a pagina 4 del primo atto di citazione, che a pagina 5 dell?atto di citazione integrativo si pu? leggere la seguente frase: ?la determinazione de qua risulta gravemente lesiva dell?interesse patrimoniale del comune di Barbona?; cos? come? a pagina 5 del primo atto di citazione (quello in cui, secondo la difesa, l?Amministrazione danneggiata individuata dal PM sarebbe quella dello Stato) si legge ?pertanto per il danno erariale causato al comune di ******* deve essere chiamata a rispondere in giudizio dinanzi alla Corte dei conti la predetta responsabile amministrativo contabile?.

Non si pu? pertanto configurare alcun profilo di nullit? della citazione e l?eccezione va respinta.

1.3. Il convenuto rileva, poi, un profilo di inammissibilit? della citazione integrativa, per superamento del termine dei centoventi giorni dall?invito a dedurre (notificato dalla Procura all?ex sindaco **).

Anche tale eccezione ? destituita di fondamento, perch? l?ex sindaco ? stato convenuto in giudizio, dal Pubblico Ministero, a seguito dell?ordinanza Presidenziale n. 65 del 26 marzo 2004 di integrazione del contraddittorio.

Ma, prima di esaminare l?obiezione formulata dalla difesa, che afferisce alle conseguenze della chiamata in causa del terzo jussu judicis, appare opportuna una breve premessa, di ordine generale, sul (non contestato dalle parti) potere del giudice di integrare il contraddittorio, alla luce dell?evoluzione normativa.

Le disposizioni di riferimento sono quelle dell?art. 47 del regolamento di procedura dei giudizi innanzi la Corte dei conti (capo II? del RD n. 1038/1933, relativo al giudizio di responsabilit?) che disciplina la chiamata in giudizio, da parte della Sezione, di soggetti ai quali si ritenga comune la causa e dell?art. 26, del medesimo regolamento, che opera un rinvio dinamico al codice di procedura civile.

Sul punto, com?? noto, l?art. 107 del codice di rito dispone ?Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa ? comune, ne ordina l?intervento?.

Tali disposizioni non contrastano, ad avviso del Collegio, con il novellato art. 111 della Carta Costituzionale, modificato a seguito della legge costituzionale n. 2/1999 (cfr., in termini, I Sezione Centrale Appello n. 357/2001; II Sezione Centrale appello n. 64/2003).

La norma costituzionale citata dispone ?La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parit?, davanti a giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata?.

Orbene, come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 240/2003 il principio di terziet? ed imparzialit? del giudice, connaturale alla funzione giurisdizionale, esisteva, nell?ordinamento, anche prima della nuova formulazione dell?articolo 111.

Il Supremo giudice delle leggi ha osservato, poi, come tale principio debba trovare attuazione tenendo conto delle peculiarit? proprie di ciascun processo.

Pertanto, ha concluso che l?iniziativa officiosa del Giudice, se prevista dal Legislatore, in ragione di peculiari esigenze di effettivit? della tutela giurisdizionale ? tanto pi? se inserita in un processo connotato da prevalenti finalit? pubblicistiche – non collide con il principio di terziet?-imparzialit? del giudice.

In ordine a tali considerazioni (rese dalla Suprema Corte in relazione al processo fallimentare, ma che ben si possono riferire anche al processo contabile che, ugualmente presenta forti connotazioni pubblicistiche) il potere officioso di integrazione del contraddittorio (artt. 47, 26 RD 1038/1933 e 107 c.p.c.) va ritenuto compatibile con i principi di terziet? ed imparzialit?.

Infatti l?istituto rappresenta un correttivo processuale, con cui si permette al giudice di ricostruire il pi? fedelmente possibile la verit? dei fatti dedotti in giudizio, al fine di garantire il suo libero convincimento (che non pu? che essere un corollario del principio di imparzialit?).

Se il giudice dispone, a queste condizioni, l?integrazione del contraddittorio, non vi ? alcuna violazione dei principi ricordati, perch? egli agisce super partes; ed ? solo all?esito della successiva attivit? istruttoria, da espletarsi nel pieno rispetto delle garanzie difensive e del principio del contraddittorio (cfr. sul punto sentenza n. 240 citata della Corte costituzionale) che si addiverr? all?accertamento delle responsabilit?.

L?integrazione del contraddittorio consente pertanto una migliore definizione del quadro probatorio, la possibilit? di accertare tutte le eventuali responsabilit? in un unico giudizio, evitando duplicazione di processi e possibili contrasti di giudicati, permettendo al terzo di anticipare le proprie difese.

Evitando che si giudichi della sua condotta, sia pure incidentalmente, in sua assenza.

Ricondotta, dunque, la chiamata in giudizio del Q. nell?ambito dell?istituto dell?integrazione del contraddittorio disposta dal Collegio (peraltro non contestato dalla difesa del convenuto), appare priva di qualsiasi pregio giuridico l?eccezione di inammissibilit? della citazione, per il superamento del termine di centoventi giorni dalla notifica dell?invito a dedurre (che la Procura aveva notificato al Q., prima di archiviarne la posizione).

Infatti la citazione, su ordine del Giudice, prescinde dalla fase pre-processuale, tant?? che, per giurisprudenza costante, ove il chiamato in causa non sia stato, nell?istruttoria dell?Inquirente, nemmeno fatto oggetto di invito a dedurre, il Pubblico Ministero non dovr? in alcun modo porre in essere previamente il procedimento di contestazione, previsto dall?art. 5 della legge n. 19/1994, ma direttamente disporre l?atto di citazione integrativo.

Non esiste pertanto alcuna violazione del termine dei centoventi giorni, che nel caso non si applica, e l?eccezione di inammissibilit? va rigettata.

2. Sgombrato il campo dalle eccezioni di rito, va rilevato come, nel merito, l?azione della Procura sia fondata e vada affermata la responsabilit? dei convenuti, che hanno concorso nella consumazione dell?evento dannoso, con comportamenti complementari.

La funzionaria ponendo in essere la procedura amministrativa che port? alla restituzione del denaro al sindaco, quest?ultimo, sollecitando tale procedura e, alla fine, riscuotendo la somma non dovuta.

N? convincono le argomentazioni dei convenuti, volte ad accreditare la tesi della buona fede, nel comportamento all?esame del Collegio.

Le (comuni) obiezioni, che dovrebbero scriminare la condotta, sono le seguenti:

1) la sentenza della Corte dei conti del 1992 condann? il Q. nei confronti dell?Erario, quindi dello Stato;

2) l?ex sindaco, per tuziorismo e per scongiurare profili di ineleggibilit?, vers? la somma al comune nel 1995, ma (intimamente convinto che creditore fosse lo Stato) con riserva di ripetere quanto versato;

3) nel 1999, alla scadenza del mandato, facendo valere questa riserva, si fece legittimamente restituire la somma dalla responsabile del servizio finanziario.

Vi ? una prima osservazione che rende poco credibile la tesi difensiva: l?ex sindaco non ha mai versato la somma all?Erario statale.

Una seconda, che ? poi decisiva, al fine di condannare i convenuti, responsabili del danno cagionato al comune per l?indebita erogazione dei ? 4671,73, ? che dopo la condanna la Direzione Generale del Tesoro, con lettera (in atti), trasmessa per conoscenza alla Procura Generale della Corte dei conti ed all?Ufficio di vigilanza dell?Istituto, invitava il sindaco (il medesimo Q.) a ?trasmettere all?Ufficio di Vigilanza della Corte dei conti copia della documentazione comprovante l?avvenuto incameramento al bilancio del comune delle somme dovute a titolo di capitale, ed interessi legali di cui alla condanna n. 49/92 in esame?.

Il sindaco effettuava il versamento e la M., con lettera in data 5/3/1996, avente ad oggetto: ?esecuzione decisione corte dei conti n. 49/92 a carico di Q.A..?, comunicava all?Ufficio di vigilanza della Corte dei conti ed al Ministero del Tesoro di aver ?incamerato nel bilancio comunale la somma dovuta a titolo di capitale ed interessi legali, di cui alla condanna in esame?.

Orbene, avendo ricevuto richiesta del riscontro del pagamento all?amministrazione comunale, da parte degli Organismi preposti al controllo, i convenuti non potevano avere pi? dubbi sul fatto che il comune non fosse il reale creditore.

Tant?? che il Q. effettu? il versamento e la M. ne diede comunicazione all?Ufficio di vigilanza della Corte dei conti, senza menzionare dubbi o riserva alcuna.

Inoltre il tenore della sentenza n. 49/1992 della Corte dei conti era chiara nella parte in cui condannava, previo uso del potere riduttivo, il Q., nella sua qualit? di sindaco del comune di Barbona, in relazione alle ?illegittimit? commesse dallo stesso nel comune concernenti i servizi di pulizia per la scuola materna, di dattilografia comunale, e l?effettuazione ? da parte del sindaco ? di conversazioni telefoniche, assunte private, poste a carico del bilancio comunale?.

Nessun dubbio potevano avere dunque i convenuti sul contenuto della sentenza, n? poteva indurli in errore il riferimento al generico termine di Erario, che, in senso lato, ripetesi, indica il patrimonio pubblico.

Invero dal tenore del provvedimento assunto dalla M. nel 1999, avente ad oggetto ?Rimborso al sindaco spese di giudizio -Corte conti n. 49/92-? (nella cui motivazione si legge ?Visto che la decisione di condanna del sindaco ? basata su presunti mancati pagamenti alla OMISSIS ed alla OMISSIS. La OMISSIS e la OMISSIS sono state documentalmente pagate ?? doveroso passare dalla burocrazia alla verit? nota a tutti, che il comune ha pagate le sopradette persone e i soldi non se li ? intascati il sindaco, pertanto determino di rendere il dovuto al sindaco, con gli interessi maturati) ed ancor pi? dalla bozza, autografa, in atti dello stesso atto, in cui si fa riferimento ?al solito fumo e non arrosto?, appare, piuttosto, come nei convenuti si fosse formata l?opinione dell?ingiustizia della sentenza n. 49/92 della Corte dei conti.

Tale motivazione ha, probabilmente, ispirato il loro comportamento, volto ad eludere l?esecuzione della ricordata sentenza.

Indipendentemente da quale sia stato, in concreto, il movente delle azioni dei convenuti, la condotta degli stessi appare inescusabile, perch? gravemente lesiva dei doveri d?ufficio.

Dovere che imponeva, in relazione alle funzioni rivestite, di rispettare una sentenza, divenuta definitiva, oltretutto dopo aver comunicato alle Autorit?, preposte alla vigilanza sull?esecuzione della stessa, di avervi dato corso.

Va pertanto affermata la piena corresponsabilit? (al 50% ciascuno), quantomeno a titolo di colpa grave, del Q. e della M. per il danno cagionato al comune di ******* di ? 4671,73.

Va rigettata ogni altra eccezione, in particolare la sollevata inattualit? del danno, per la possibilit? del comune di agire in sede civile contro l?ex sindaco per l?esecuzione della sentenza n. 49/1992.

Infatti, a parte ogni altra considerazione, il danno di cui si decide ? diverso, rispetto a quello su cui statu? questo Giudice nel 1992, e deriva dall?illegittimo procedimento amministrativo che nel 1999 port? all?indebito esborso di denaro a favore del sindaco.

In particolare, in accoglimento della domanda della Procura, il Q. va ritenuto responsabile al 50% per l?importo di ?. 2335,86, con rivalutazione monetaria a decorrere dalla data del 25/5/1999, sino al giorno di pubblicazione della sentenza ed interessi legali dal giorno di pubblicazione della presente decisione fino al completo soddisfo.

Il Collegio ritiene di poter far uso del potere previsto dagli artt. 52 del TU n. 1214/1934 e 83 del RD 2440/1923, nei confronti della M., riducendo l?addebito a complessivi ? 1800,00.

Infatti per quest?ultima, pur corresponsabile del danno, nel senso richiesto dalla Procura, il giudizio di riprovevolezza della condotta pu? leggermente attenuarsi, in relazione alla particolare posizione della funzionaria comunale nei confronti dell?altro convenuto, che rappresentava il vertice dell?Istituzione, e del quale, seppur colpevolmente, ha subito l?influenza e le richieste.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.??

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P.Q.M.

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La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Veneto definitivamente pronunciando condanna i convenuti al pagamento delle somme rispettivamente:

– il Q.A. di ?. 2335, 86 (duemilatrecentotrentacinque/86) oltre la rivalutazione monetaria dalla data del 25/5/1999 alla data di pubblicazione della sentenza ed interessi legali dal giorno di pubblicazione della presente sentenza sino all?effettivo soddisfo.

la M. M. S. di ? 1800,00 (milleottocento/00), comprensivi di rivalutazione, oltre interessi legali dal giorno della pubblicazione della presente sentenza, sino all?effettivo soddisfo.

Condanna, altres?, i convenuti in parti uguali alle spese del giudizio, che si liquidano in ? 812,43 (euro ottocentododici/43).

Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.

Cos? deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 9 giugno? 2004.

Depositato 08/10/04?????????????????

Francaviglia Rosa

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