Corte costituzionale: nuovi parametri forensi applicabili anche alle attività pregresse in processi ancora in corso

Redazione 11/11/13
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Anna Costagliola

È legittima l’applicazione dei nuovi parametri forensi anche ai processi in corso e alle attività già svolte prima della loro entrata in vigore. Lo ha affermato dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 261 del 7 novembre 2013 con la quale il Giudice delle Leggi ha dichiarato in parte inammissibili in parte infondate le questioni sollevate da più Tribunali. In particolare, la Corte ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Cremona con riguardo all’art. 9, co. 1, 2 e 5, del D.L. 1/2012 e al D.M. 140/2012 nel frattempo intervenuto nella parte in cui dette normative dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe forensi anche ai processi in corso e all’attività già svolta ed esaurita prima della loro entrata in vigore. Per i rimettenti, a sostegno della retroattività dei nuovi parametri non potrebbero ravvisarsi ragioni imperative di interesse generale suscettibili di giustificare il mutamento dei compensi in corso di causa, che si tradurrebbe inevitabilmente in un mutamento dell’equilibrio contrattuale a suo tempo concordato.

A giudizio della Corte, tuttavia, le argomentazioni addotte dai rimettenti non valgono a giustificare la supposta illegittimità dell’indicata normativa per contrasto con gli evocati parametri costituzionali e sovranazionali, apparendo la stessa manifestamente infondata per erroneità della stessa premessa interpretativa. Secondo la Consulta, infatti, non è esatto quanto presupposto dai rimettenti per dedurre l’illegittima retroattività della normativa in esame, e cioè che al compimento di ogni singolo atto del professionista sorga ipso facto il suo diritto al compenso in relazione alle tariffe a quel tempo vigenti.

Per la Corte è invece vero, come anche di recente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sent. 17405/2012, a conferma di un pregresso consolidato orientamento, che il compenso del professionista costituisce un corrispettivo unitario, che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata. Di ciò, peraltro, non si è mai dubitato in passato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita.

Nella stessa sentenza la Corte respinge altresì la censura prospettata con riguardo ad una presunta violazione dell’art. 24 Cost., dovendosi ritenere che una generale riduzione delle tariffe forensi incida in senso limitativo dell’accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa. A rigore, infatti, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali.

Da ultimo, con riguardo all’ipotizzata evenienza che, «pur avendo in ipotesi due avvocati posto in essere il medesimo adempimento in una stessa data, uno di essi, più solerte nel chiederne il pagamento, avrebbe conseguito il dovuto nella misura prevista dalle vecchie tariffe, mentre il secondo, che abbia come di consueto atteso la fine del giudizio, limitandosi a richiedere di volta in volta degli acconti, si vedrebbe liquidato un compenso differente e mediamente più basso», la Consulta ritiene che si tratti «di un’ipotesi astratta che comunque si risolve in un inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla disciplina denunciata, bensì a variabili accidentali legate alla sua applicazione, per cui manifestamente non sussiste neppure la violazione dell’art. 3 Cost., per tal profilo adombrata dai rimettenti».

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