Contratto di concessione ad aedificandum tra diritto civile e tributario

Il diritto civile ed il diritto tributario hanno delle fortissime compenetrazioni. Prova ne è il tema in esame che delinea i rapporti tra contratti di godimento (nella specie, contratti di locazione), contratti di concessione ad aedificandum e imposta di registro. 

Indice

1. La concessione ad aedificandum

Fornire una definizione di concessione ad aedificandum non è questione di poco conto. 
Al fine di riuscire vittoriosamente nell’intento, si è scelto di partire dai passaggi motivazionali della famosissima (a ragion veduta, per la materia oggi oggetto di interesse) pronuncia della Corte di cassazione a Sezioni Unite del 30 Aprile 2020, n. 8434.  
Con essa è stato precisato che: “[…] qualora le parti abbiano inteso attribuire all’accordo con cui il proprietario di un lastrico solare conceda in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico – con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto – lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto atipico di concessione “ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del proprietario di un’area che concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Tale contratto è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto, dal titolo 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c. e, ove stipulato da un condominio per consentire a terzi l’installazione del ripetitore sul lastrico solare del fabbricato condominiale e richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di 9/nove anni […]”.  
Alla su indicata pronuncia si aggiunge la seguente: Commissione Tributaria, Torino del 20 Giugno 2017, n. 1000, in Arch. Locaz., 2017, 716, nella quale si legge che “[…] al fine di valutare se un contratto mediante il quale una parte conceda all’altra la disponibilità di un tetto per l’installazione di un impianto fotovoltaico integri locazione o costituzione di un diritto reale di superficie, occorre avere riguardo alla maggiore o minore facilità di installazione e di rimozione degli elementi che costituiscono l’impianto stesso (fattispecie nella quale la Commissione, considerata da un lato la bassa potenza dell’impianto e, dall’altro, le caratteristiche costruttive dei suoi elementi non destinate ad alterare la funzionalità del tetto, ha ritenuto di qualificare l’accordo quale locazione, sottratto alle maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, previste in caso di costituzione di diritto di superficie) […]”. 
Ancora, la giurisprudenza ha, altresì, avuto modo di chiarire che “[…] La Sezione rimettente, nel proporre a queste Sezioni Unite la questione di massima riportata nel precedente § 14 ha evidenziato come la relativa soluzione postuli un chiarimento sulla <<esatta qualificazione del contratto col quale un condominio conceda in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l’installazione di infrastrutture ed impianti (nella specie, necessari per l’esercizio del servizio di telefonia mobile), che comportino la trasformazione dell’area, garantendo comunque al detentore del lastrico di acquisire e conservare la proprietà dei manufatti sia nel corso del rapporto sia alla cessazione di esso>> […]”. 
Dunque, argomentando dai fondamentali passaggi offerti, si può certamente affermare che:
a.) la concessione ad aedificandum è un contratto atipico ad effetti obbligatori; 
b.) è frequentemente utilizzata al fine di concedere il diritto di installare gli impianti telefonici/di telefonia sopra il lastrico solare; 
c.) presenta, sotto il profilo giuridico, innumerevoli punti di contatto con lo schema negoziale del contratto di locazione; 
d.) rende necessaria una attività di interpretazione al fine di distinguerlo dal su indicato contratto tipico. 
Ponendo l’accento sui punti c.) e d.) si può evidenziare come la concessione atipica ad aedificandum sia capace di produrre effetti obbligatori analogamente al contratto tipico di locazione, pertanto, la regolamentazione di questo schema atipico (o innominato, per chi vede coincidenza concettuale tra i due termini) ben può ricalcare quella del contratto tipico affine. 

2. I rapporti tra cessione/acquisto di cubatura e concessione ad aedificandum

Quest’ultimo (ovvero il contratto di locazione, richiamato a chiusura del precedente paragrafo), tuttavia, non è l’unico schema che può venire in considerazione, ben potendo anche l’acquisto di cubatura produrre il medesimo effetto della concessione ad aedificandum. 
Anzi, giova ricordare come Autorevoli Autori abbiano sostenuto, al pari della Giurisprudenza, la possibilità di mettere sullo stesso “piano giuridico” l’acquisto di cubatura ed il diritto di superficie e sopraelevazione (F. GALGANO, Contratto e Impresa – Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale, 3 Maggio – Giugno 2011). 

3. Sul principio di buona fede. Corte di Cassazione, Sez. II Civ., Sent. n. 25833 del 2023

Messi in evidenza i rapporti tra contratto di locazione e concessione ad aedificandum, con l’ausilio dei più studiati passaggi giurisprudenziali, si rende necessario scendere nel dettaglio del principio indicato in questo sottoparagrafo.
Più precisamente, con Sentenza della Corte di cassazione, Sez. II,  Civile, n. 25833 del 2023 si è evidenziato che la buona fede non rende necessaria la prova processuale del convincimento di essere proprietario, ma esige semplicemente il (diverso) convincimento di non ledere l’altrui diritto nell’esercizio del diritto di proprietà o di uno ius ad aedificandum
Non acquisiscono, pertanto, rilievo alcuno gli altri elementi che conformano il concreto regolamento di interessi voluto dalle parti (es. la pronuncia ricorda le possibili limitazioni del diritto nel tempo che possono essere convenute tra le parti).  

4. La qualificazione del provvedimento amministrativo alla stregua di una concessione ad aedificandum ai sensi della Corte di Cassazione, Sent. n. 4914 del 2024

Il riferimento alla sentenza della Corte di cassazione, Sez. II, Civile, n. 4914 del 2024 serve a chi scrive a rompere sul nascere la convinzione (che, leggendo lo scritto, potrebbe sorgere) a mente della quale la concessione ad aedificandum potrebbe coincidere esclusivamente con uno schema negoziale.  La pronuncia smentisce il su indicato sillogismo, chiarendo che “[…] per stabilire se il provvedimento amministrativo, qualificabile come concessione ad aedificandum, sia costitutivo di un diritto reale di superficie, con conseguente imponibilità, ovvero di un diritto avente natura meramente personale, configurabile ai sensi dell’art. 1322 c.c., assume rilievo decisivo la destinazione dell’opera costruita dal concessionario al momento della cessazione del rapporto, atteso che, se essa torna nella disponibilità del concedente, si è in presenza di un rapporto obbligatorio, mentre, se essa passa in proprietà del concessionario, il diritto in virtù del quale questi l’ha realizzata ha sicuramente la natura reale del diritto di superficie […]”. 
Il binomio provvedimento amministrativo/concessione ad aedificandum riprende il passaggio espresso dal Prof. Galgano (par. §, 1.1.) in ordine ai rapporti tra cessione di cubatura o acquisto di cubatura e concessione ad aedificandum. La cessione di cubatura riguarda la cessione di “zone omogenee” e consiste in un contratto a mente del quale una parte “trasferisce la potenzialità edificatoria di un fondo a favore di un altro fondo”. Più precisamente, secondo alcuni, si tratterebbe di un contratto reale; secondo altri, esso avrebbe le fattezze di un contratto atipico ad effetti obbligatori (quindi, identico, sotto questo profilo, alla concessione ad aedificandum) ma con la funzione di atto preparatorio rispetto all’emanazione di un provvedimento amministrativo (con volumetria, a questo punto, maggiore). 
Volendo ulteriormente chiarire tale ultimo concetto, occorre dare atto dell’esistenza di una ulteriore dottrina a mente della quale, più precisamente rispetto a quanto già esposto, il cedente trasferisce al cessionario solo la possibilità di costruire (entro il limite della cubatura concessa) ma solo a fronte dell’esercizio di un potere amministrativo (M. Fratini, Il sistema del sistema del diritto civile – I diritti reali, le successioni e la famiglia, Dike, Vol. IV, 2017, pp. 147 e ss.). 

5. L’incidenza del diritto civile sul diritto tributario: il rapporto tra qualificazione del contratto ed imposta di registro

Delineate le difficoltà interpretative del contratto, appare necessario ed opportuno comprendere come lo stesso si intersechi con i profili più settoriali del diritto tributario. 
Riprendendo i passaggi motivazionali delle pronunce ricordate, appare chiaro come “[…] la concessione ad aedificandum, stante l’autonomia contrattuale delle parti, riconosciuta dall’art. 1322 cc., non si concreta sempre e necessariamente in un diritto di superficie, ai sensi dell’art. 952 c.c., potendo in taluni casi assumere i caratteri ed i contenuti di un diritto personale nei soli confronti del concedente, trovando la sua fonte in un contratto (atipico) con effetti meramente obbligatori non soggetto a rigori di forma o di pubblicità.  
[Pertanto] al fine di stabilire se una concessione ad aedificandum sia costitutiva di diritti di natura reale o meramente obbligatoria, è decisiva l’interpretazione complessiva – attribuita al giudice del merito, trattandosi di apprezzamenti di fatto – del “titolo”, e cioè del contratto, e, in particolare della disciplina relativa alla sorte delle opere costruite dal concessionario al momento della cessazione del rapporto concessorio (ex multis, sent. nn. 2318 del 1959; 3497 del 1972; 3721 del 1974; 4039 del 1977; 5591 del 1978; 5527 del 1983). 
L’attività certosina di interpretazione ed analisi non è fine a se stessa ma serve ai fini della applicazione dell’imposta di registro. Più precisamente, per applicare l’imposta di registro, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale, l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, consente all’Ufficio di dare una qualificazione oggettiva dell’atto o degli atti soggetti a registrazione, ma ciò “[…] secondo la causa concreta dell’operazione negoziale complessivamente considerata […]”. 
Ancora, “[…] E’ stato affermato che il criterio fissato dall’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 impone di privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, rispetto al titolo e alla forma apparente degli stessi, con la conseguenza che i concetti privatistici relativi all’autonomia negoziale regrediscono, di fronte alle esigenze antielusive poste dalla norma, a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa dei negozi giuridici […]”. 
Il rapporto tra diritto civile e diritto tributario è presto spiegato (e rende evidente la complessità intrinseca della seconda materia, che non ha ragion d’essere senza la prima): ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dell’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

6. Un passaggio motivazionale dell’ordinanza della Corte di Cassazione, sent. n. 5602 del 21 febbraio 2022 – Valutazione analitica del “complesso delle condizioni contrattuali”

A questo punto della trattazione, può essere utile riportare un passaggio dell’ordinanza della Corte di cassazione, Sez. VI, n. 5602 del 21 Febbraio 2022, chiarificatore delle difficoltà interpretative che ruotano attorno alla questione in esame. “[…] Stabilire se un determinato atto abbia ad oggetto la costituzione di un diritto di superficie ovvero una locazione (o altro atto a contenuto meramente obbligatorio) è questione interpretativa e di fatto, che dipende dalla valutazione analitica (in base ai canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e ss. cc.) del complesso delle condizioni contrattuali
[…]”. 

7. Conclusioni

In conclusione, appare evidente come la nozione di concessione ad aedificandum sia una nozione “cangiante”, difficile da fornire in via definitiva. Si tratta, pertanto, di uno dei terreni più belli per i civilisti, stante la capacità di abbracciare tanto la disciplina dei singoli contratti (di stampo codicistico) quanto la disciplina generale del contratto, con focus particolare sulla attività interpretativa dei contratti e di qualificazione degli stessi e con annessi risvolti tributari.

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Micaela Lopinto

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