Concorso colposo nel delitto doloso

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Escursus giurisprudenziale sulla astratta configurabilità del concorso colposo nel delitto doloso

Indice

1. Brevi cenni sul concorso di persone nel reato.

Un tema che forma oggetto di contrasto giurisprudenziale riguarda la astratta configurabilità, nell’ordinamento penale italiano, dell’istituto del concorso colposo nel delitto doloso. In proposito, si rileva che al fine di meglio comprendere le ragioni poste a fondamento dell’uno e dell’altro indirizzo giurisprudenziale, è necessario soffermarsi brevemente sulle caratteristiche tipiche dell’istituto del concorso di persone nel reato.
A questo proposito, si evidenzia che il concorso di persone nel reato è un istituto disciplinato nella parte generale del codice penale e più precisamente dagli artt. 110 e ss. c.p., disposizioni queste dalle quali si evince che tale istituto, definito anche come concorso eventuale di persone nel reato, mira a sottoporre alla stessa pena due o più soggetti che, con la propria condotta atipica, abbiano favorito la realizzazione di un reato che, di per sé, può dirsi integrato dalla sola condotta posta in essere dall’esecutore principale del fatto, tant’è vero che tale fatto è sanzionato dal codice penale come reato monosoggettivo.
Infatti, il concorso di persone nel reato è istituto che si distingue dal reato necessariamente plurisoggettivo, previsto dalle disposizioni di parte speciale del codice penale, ove le condotte tipiche poste in essere da più soggetti costituiscono elemento essenziale per integrare il reato. Ne sono un esempio il reato di rissa, o ancora quello di corruzione che non potrebbe configurarsi senza le condotte poste in essere dal soggetto attivo da una parte, nonché dal soggetto passivo dall’altra. Ancora, altro esempio è costituito dal reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, il quale secondo la giurisprudenza si configura allorché almeno tre soggetti aderiscano alla associazione.
Tornando al concorso di persone nel reato, si evidenzia inoltre che il contributo causalmente essenziale, apprestato da ogni compartecipe, può verificarsi tanto nella fase preparatoria, quanto nella fase esecutiva del reato; nonché, che il contributo di ogni compartecipe può essere morale, nel senso di ingenerare in altri la volontà a delinquere, così come può essere materiale, che consiste nel porre in essere una condotta esterna.
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2. L’indirizzo giurisprudenziale tradizionale.

Orbene, sul punto si rileva che la impostazione prediletta dalla dottrina tradizionale, che è anche sostenuta dalla giurisprudenza più risalente, il concorso colposo nel reato doloso è inammissibile , sul presupposto che il concorso di persone nel reato implica la sussistenza della unitarietà delle condotte dei compartecipi, nonché la uniformità dei titoli soggettivi mediante i quali ascrivere il fatto reato a tutti i concorrenti.
Infatti, i sostenitori del predetto indirizzo ermeneutico muovono dal presupposto che il requisito della unitarietà comporti che tutte le condotte dei compartecipi diano un contributo causalmente essenziale alla commissione del fatto reato e devono, pertanto, essere dirette alla realizzazione del medesimo fatto tipico.
Ne deriva che il requisito della unitarietà discende dal fatto che tutti i compartecipi sono assoggettati alla stessa pena prevista per il reato commesso dall’esecutore principale, con la ulteriore conseguenza che il fatto reato commesso sia imputato a tutti i compartecipi, a prescindere dal tipo di contributo apportato, mediante il medesimo criterio di imputazione soggettivo.
Discenda da qui, dunque, il principio di uniformità dell’elemento soggettivo dei compartecipi, o meglio il principio secondo il quale ad ogni compartecipe il fatto va ascritto secondo un uguale titolo soggettivo.

3. L’indirizzo ermeneutico “evolutivo” e la astratta ammissibilità del concorso doloso nel delitto colposo.

Di contro, la più recente giurisprudenza di legittimità propone una interpretazione evolutiva delle disposizioni penali che disciplinano il concorso di persone nel reato, introducendo, così, un nuovo indirizzo interpretativo che si pone in distonia con l’indirizzo esegetico più tradizionale, in quanto mira a riconoscere la astratta ammissibilità della attribuzione del fatto reato a ciascun compartecipe, mediante distinti titoli soggettivi.
Infatti, questa giurisprudenza rileva che l’elemento della unicità delle condotte dei compartecipi ha una valenza esclusivamente oggettiva, nel senso che si riferisce alla unicità dell’offesa, ovvero alla realizzazione di un unico fatto reato comunque ascrivibile a ciascun compartecipe, mediante diversi criteri soggettivi di imputazione.
A tal uopo, si evidenzia che i sostenitori di questo nuovo indirizzo ermeneutico invocano come argomento a fortiori alcune disposizioni del codice penale sul concorso di persone nel reato e, in particolare, l’art. 111 c.p., in base al quale si imputa il fatto reato commesso da una persona che, per condizioni o qualità personali, non è imputabile, a coloro che, con la propria condotta, abbiano determinato la realizzazione del reato da parte del soggetto incolpevole.
Ancora, questa stessa giurisprudenza evidenzia come un altro argomento a fortiori di questa interpretazione sia costituito dal fatto che, in alcuni casi, l’ordinamento prevede una eterogeneità di pene per ciascun concorrente. Ed invero, a tal uopo l’art. 116 c.p. sancisce che risponde del fatto penalmente rilevante anche il compartecipe che con la sua condotta abbia dato un contributo causalmente rilevante alla realizzazione del reato, ancorché questi avrebbe voluto determinare la realizzazione di un reato meno grave. Tuttavia, proprio la volontà di favorire la realizzazione di un reato meno grave di quello effettivamente commesso comporta, per il compartecipe, una diminuzione della pena.
Un ulteriore argomento a fondamento dell’indirizzo interpretativo evolutivo che viene invocato dalla giurisprudenza che lo sostiene è costituito dall’art. 48 c.p., sul presupposto che la predetta disposizione esclude la punibilità del soggetto che, per errore, ha commesso il reato, ma sottopone alla pena prevista per il fatto reato commesso colui che, con inganno, ha determinato la realizzazione del reato da parte dell’agente.

4. Le argomentazioni giurisprudenziali sulla astratta ammissibilità del concorso colposo nel reato doloso.

In conseguenza del nuovo indirizzo ermeneutico evolutivo, si rileva che, ad oggi, risulta ormai pacifico in giurisprudenza la configurabilità del concorso doloso nel reato colposo, sul presupposto che il dolo non è qualcosa di diverso dalla colpa, ma presenta solo un elemento ulteriore rispetto ad essa, consistente nella intenzione a commettere il fatto, con la conseguenza che in giurisprudenza è assodato il principio secondo cui non c’è dolo senza colpa.
Più problematico è, invece, il discorso sulla astratta ammissibilità dell’istituto dell’istituto del concorso colposo nel reato doloso. A questo proposito, si evidenzia che, sul presupposto della riconosciuta configurabilità di diversi criteri soggettivi di imputazione nel concorso di persone nel reato, si è formato un indirizzo giurisprudenziale volto ad ammette la astratta configurabilità, nel nostro ordinamento, del concorso colposo nel delitto doloso.
In particolare, questa giurisprudenza ritiene che l’art. 42, comma 2 c.p. – che sancisce che il delitto è colposo nei soli casi previsti dalla legge – sia una disposizione che si riferisce esclusivamente alla parte speciale del codice penale. Ne consegue che la predetta disposizione, a detta della giurisprudenza in parola, non costituisce un ostacolo alla interpretazione estensiva  del combinato disposto degli artt. 110 e 113 c.p., al fine di includere nella responsabilità penale per il delitto doloso coloro che, con la propria condotta atipica e colposa, abbiano fornito un contributo rilevante ai fini della commissione del reato.
Così stando le cose, si rileva che in più occasioni la giurisprudenza di legittimità ha fatto ricorso all’istituto del concorso colposo nel delitto doloso, al fine di ascrivere la responsabilità penale del fatto anche a coloro che, con il proprio contributo colposo, abbiano fornito un contributo causalmente rilevante alla realizzazione del delitto. Tanto è quanto si è verificato nella c.d. sentenza Pozzi, ove la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità penale quale compartecipe a titolo di colpa al medico che, avendo cessato in tempi brevi la cura farmacologica prescritta ad un paziente affetto da gravi disturbi psichici, aveva, secondo i giudici, favorito l’insorgere di un raptus nel paziente, in conseguenza del quale quest’ultimo aveva ucciso un operatore della comunità ove era ricoverato.

5. La zona grigia delle argomentazioni giurisprudenziali sulla configurabilità del concorso colposo nel reato doloso, secondo la più recente giurisprudenza.

Contrariamente a sostenuto dalla giurisprudenza favorevole alla configurabilità del concorso colposo nel reato doloso, si rileva che la stessa Cassazione, con la recente sentenza n. 7032/2019, ha ritenuto opportuno rivalutare i propri precedenti giurisprudenziali. A questo proposito, occorre premettere che la sudetta Cassazione non ha sconfessato, almeno apparentemente, la ammissibilità del concorso colposo nel delitto doloso, ma semplicemente ha posto l’accento sulla non persuasività delle argomentazioni giurisprudenziali finalizzate a riconoscerne la fondatezza.
In particolare, la più recente Cassazione parte dal presupposto che la astratta configurabilità del concorso colposo nel delitto doloso non risulta giustificata da una espressa previsione normativa, stante il fatto che l’ordinamento penale è fortemente caratterizzato dal principio di legalità formale. In proposito, gli ermellini nella summenzionata sentenza del 2019 evidenziano che il combinato disposto degli artt. 110 e 113 c.p. non contiene alcuna norma implicita che ammetta la coesistenza di più condotte, dolose e colpose, nell’atto di agevolare la consumazione di un delitto doloso. A tal uopo, il giudice di legittimità pone l’accento sul fatto che l’art. 113 c.p. è rubricato “cooperazione nel delitto colposo”, nonché che la formulazione della stessa disposizione cominci con la locuzione “nel delitto colposo”, e ancora che in questo ambito tutti i compartecipi vengono assoggettati alla medesima pena prevista per il delitto colposo, con la conseguenza che il tutto dovrebbe di per sé escludere la coesistenza di molteplici e diversi coefficienti soggettivi in un unico reato doloso.
Ne deriva che il riconoscimento del concorso colposo nel reato doloso, secondo la giurisprudenza in esame, per come giustificata dai precedenti orientamenti interpretativi, finisce per costituire una ipotesi di applicazione analogica in malam partem dell’istituto – questo si ammesso dalla giurisprudenza pacificamente – del concorso doloso nel reato colposo. Con la inevitabile conseguenza che, il tutto, si pone in netto contrasto con il principio di legalità formale, o meglio con il suo corollario che pone il divieto di applicazione analogica in malam partem delle disposizioni penali.
Inoltre, occorre anche evidenziare che nella suddetta sentenza n. 7032/2019, la Cassazione ha ritenuto di non dover aderire all’indirizzo che ammette la configurabilità del concorso colposo nel delitto doloso, sul rilievo del principio di unitarietà delle condotte di tutti i compartecipi. A questo proposito, viene evidenziato che ogni contributo agevolatore deve essere diretto verso lo stesso obbiettivo a cui tende la condotta dolosa dell’esecutore principale del fatto, come dimostrato dal significato proprio del verbo cooperare, che indica, per l’appunto, l’agire di più soggetti verso un unico fine.
Orbene, la più recente Cassazione rileva come non sia possibile la configurabilità di più condotte colpose come contributo causalmente rilevante ai fini della commissione del delitto doloso, in quanto colui che ha posto in essere la condotta agevolatrice a titolo di colpa, si presume che non abbia voluto perseguire lo stesso fine voluto, invece, dall’esecutore principale del fatto. Tutto ciò è dimostrato dal fatto che colpa e dolo costituiscono criteri di imputazione soggettiva diversi, con la conseguenza che il contributo colposo appare incompatibile con la realizzazione del delitto doloso.
Infine, deve altresì rilevarsi che la menzionata Cassazione ha anche evidenziato che la precedente giurisprudenza formatasi a proposito del caso Calabrò – la quale si è detta propensa a riconoscere la configurabilità, nell’ordinamento penale, del concorso colposo nel delitto doloso – ha finito per amettere che nel concorso di persone nel reato , il contributo a titolo colposo risulti autonomo rispetto alla condotta dolosa dell’agente, il che induce la più recente giurisprudenza a ritenere che, ai sensi dell’art. 41 c.p., nel delitto doloso i contributi colposi possono rilevare, tutt’al più, come autonome fattispecie penalmente rilevanti. 

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Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.

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Simone Laurenzano

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