Il dolo nel reato di evasione dagli arresti domiciliari

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 385)

Indice

1. La questione

La Corte di Appello di Palermo confermava una decisione di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava l’imputato colpevole del delitto di evasione, condannandolo alla pena di anni uno, mesi uno e giorni otto di reclusione, previo riconoscimento della contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale.
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che, tra i motivi addotti, prospettava violazioni di legge e vizi della motivazione in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo del reato di evasione per avere la Corte distrettuale basato il giudizio di colpevolezza unicamente sulla base della circostanza che l’imputato non era stato rinvenuto presso la sua abitazione in occasione di un controllo da parte degli agenti di Polizia giudiziaria, senza prendere in esame l’intero compendio probatorio.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il motivo summenzionato era ritenuto infondato poiché, ad avviso del Supremo Consesso, la doglianza era manifestatamente infondata, oltre che aspecifica, ritenendosi al contempo come la sentenza impugnata avesse fatto buon governo del principio costantemente affermato dalla Suprema Corte (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012) secondo cui, nel reato di evasione dagli arresti domiciliari, il dolo è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che possono aver determinato la condotta dell’agente.

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito in cosa deve consistere il dolo nel reato di evasione dagli arresti domiciliari.
Come appena visto, si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un consolidato orientamento nomofilattico, che, nel reato di evasione dagli arresti domiciliari, il dolo è generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che possono aver determinato la condotta dell’agente.
E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea legale con cui si contesti l’insussistenza di questo elemento costitutivo del reato di cui all’art. 385 cod. pen., nel caso di evasione dagli arresti domiciliari, in riferimento ai motivi che possano avere determinato la condotta dell’agente nell’agire in tal senso.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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