Commissione Tributaria Provinciale di Messina Sez. XIII, 295/13/13 dell’8.5.2013 in materia di IRAP

Redazione 18/10/13
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FATTO

Con avviso di accertamento n. TYX03A502123/2011 notificato il 10.8.2011, l’Agenzia delle Entrate di Messina ha rettificato le risultanze della dichiarazione IRAP resa dalla ricorrente per l‘anno d’imposta 2006, negando l’applicazione delle norme agevolative di cui alla L.R. 29.12.2003, n. 21 e, stabilendo, conseguentemente, in € 23.711,00 l’importo dovuto, oltre interessi, e la conseguente sanzione pari ad € 23.711,00.

Con istanza del 10.9.2011, ricevuta il successivo 13.9.2011 dall’Agenzia intimata, la ricorrente formulava richiesta di annullamento in autotutela, ma l’Amministrazione non dava alcun riscontro.

In data 11.11.2011, presentava istanza di accertamento con adesione, alla quale, però, non seguiva la programmazione di alcun incontro in contraddittorio.

Indi, avverso l’indicato accertamento, la ricorrente, rappresentata e difesa dal Dott. ******************, commercialista (giusta procura in atti), ha proposto ricorso, notificato il 9.2.2012 e depositato il 5.3.2012, affidandosi alle seguenti censure:

1) Illegittimità e nullità assoluta dell’avviso di accertamento opposto per essere fondato su una circostanza non vera e non conforme agli atti (messa in liquidazione già nell’anno 2006) e diretto a una società contribuente che non versa in stato di difficoltà economica, neanche nell’attuale stato di liquidazione.

La società ricorrente, diversamente da quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, sarebbe stata posta in liquidazione soltanto agli inizi dell’anno 2011 (e non nel 2006) e, comunque, non per i motivi ritenuti sussistenti dall’Amministrazione intimata, ma in osservanza degli obblighi imposti dalla L.R. Sicilia n. 9 dell’8/04/2010 e dalla relativa circolare operativa n. 2/2010 del 16/12/2010 dall’Assessorato dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità.

2) Nullità dell’avviso di accertamento opposto per assoluta mancanza di motivazione dell’atto notificato.

Le affermazioni contenute nel provvedimento impugnato non sarebbero sussistenti né in fatto, né in diritto e, comunque, sarebbero soltanto parzialmente rispondenti a verità.

3) Illegittimità e conseguente nullità dell’avviso di accertamento opposto per non avere l’Agenzia delle Entrate dato riscontro all’istanza di revisione ed annullamento in autotutela d’Ufficio e per non aver fissato l’incontro per il contraddittorio in evasione dell’istanza di accertamento con adesione, così come stabilito dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs.vo. 218/1997.

Deriverebbe che l’Agenzia intimata sarebbe incorsa:

a) nella mancata osservanza dell’articolo 7 della Legge 212/2000 e, quindi, delle formalità e dei contenuti necessari per una corretta redazione degli atti amministrativi fiscali;

b) nella mancata osservanza e nella violazione dei principi di collaborazione e buona fede previsti e stabiliti dall’art.10 della Legge 212/2000;

c) nel mancato rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti in capo al contribuente, quali, appunto, l’osservanza delle procedure e delle modalità dell’esercizio del diritto di difesa, in quanto diritto fondamentale e parte integrante dei principi giuridici generali del nostro sistema tributario.

4) Nel merito, la ricorrente ha sostenuto che la L.R. 29.12.2003 n. 21 ha stabilito l’esenzione per il periodo di interesse dell’IRAP.

La Commissione Europea – D.G. Concorrenza – ha aperto procedura di infrazione per asserita discriminazione tra le imprese aventi sede in Sicilia e quelle operanti altrove.

Di seguito alle deduzioni dello Stato Italiano, la Commissione avrebbe riconosciuto compatibile con il sistema della concorrenza l’agevolazione a seguito delle limitazioni “de minimis” decise dalla Regione Sicilia, nel quale rientra l’esenzione dal pagamento IRAP.

Sarebbe inoltre erronea la conclusione dell’Amministrazione secondo la quale la misura non potrebbe trovare comunque applicazione nel caso di specie, in quanto la società ricorrente verserebbe in stato di difficoltà economica, poiché detta circostanza non sarebbe corrispondente al vero, per come sostenuto sub 1).

In particolare, in disparte l’avvenuta messa in liquidazione nel 2011, anziché nel 2006 come sostenuto nel provvedimento impugnato, non sussisterebbero i presupposti stessi per ritenere l’impresa in difficoltà, circostanza ipotizzabile, secondo il parere della stessa Comunità Europea, soltanto “quando essa non sia in grado, con le proprie risorse o con le risorse che può ottenere dai proprietari/azionisti o dai creditori, di contenere perdite che, in assenza di intervento esterno alle autorità pubbliche, la condurrebbero quasi certamente al collasso economico nel breve o nel medio periodo”.

Costituitasi, l’Agenzia intimata ha concluso per l’infondatezza del ricorso, sostenendo, in particolare, che, diversamente da quanto ivi asserito, la società ricorrente deve essere considerata “in difficoltà economica”, come dimostrato dalle costanti perdite di esercizio e dalle progressive esposizioni negli anni dal 2003 al 2008.

Con Ordinanza n. 530 del 4.12.2012, questa Sezione ha disposto la provvisoria sospensione dell’atto impugnato.

All’Udienza del 19.3.2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

I. Il ricorso è fondato.

La questione che viene posta con il ricorso in epigrafe è quella relativa all’ammissibilità o meno della società ricorrente di potere usufruire delle agevolazioni disposte in materia di Irap a favore delle imprese operanti nella Regione Siciliana dalla legge regionale n. 21 del 29 dicembre 2003.

Come condivisibilmente sostenuto dalla giurisprudenza tributaria in Sicilia (cfr. Commiss. Trib. Prov., Ragusa, Sez. II, Sentenza n. 311 del 25 maggio 2010), in linea di principio occorre rammentare che la legge regionale n. 21 del 29 dicembre 2003 prevedeva:

<< – all’art. 14, l’esenzione da Irap per i cinque periodi d’imposta successivi a quello di inizio di attività delle imprese agevolatali, a condizione che inizino l’attività nel 2004 ed abbiano sede legale, amministrativa ed operativa nel territorio siciliano;

<< – all’art. 15, l’esenzione da Irap per il quinquennio 2004 – 2008 a favore delle imprese già operanti in Sicilia per la parte di base imponibile eccedente la media di quella dichiarata nel triennio 2001 – 2003, ad eccezione delle industrie chimiche e petrolchimiche nonché a condizione che le stesse abbiano la sede legale, gli uffici amministrativi, gli stabilimenti di produzione e/o le unità operative ubicate in Sicilia. . . .>>.

Il diniego di detta possibilità, continua la detta decisione, <<contrasta con l’effettiva portata della citata norma regionale che, all’art.13 comma 4, così recita: gli aiuti previsti dal presente articolo sono concessi nell’ambito dei massimali previsti dalla Comunità europea per gli aiuti “de minimis”.

<< Infatti, ogni progetto di legge che conceda finanziamenti e agevolazioni deve essere notificato e autorizzato dalla Commissione Europea come stabilito dalle norme europee relative agli aiuti di Stato.

<< Fanno tuttavia eccezione alcuni tipi di aiuti che sono autorizzati mediante degli appositi regolamenti di esenzione dell’U.E. e i così detti aiuti de minimis. Quest’ultimi sono dei finanziamenti e/o agevolazioni di piccola entità il cui importo è considerato irrilevante per generare turbative del mercato e della concorrenza.

<< Gli Stati o altri Enti possono quindi erogare aiuti alle imprese in regime de minimis, senza obbligo di notifica, ovviamente nel rispetto delle condizioni di cui al regolamento CE 69/2001 e con un massimale per impresa beneficiaria di Euro 100.000 (oggi Reg. CE 1998/2006 con un massimale di Euro 200.000).

<< Sostanzialmente la regola de minims fissa una cifra quale soglia di aiuto al di sotto della quale si può considerare come inapplicabile l’art. 87, paragrafo 1), del trattato istitutivo della Comunità europea.

<< Peraltro, lo stesso Assessorato Bilancio e Finanze della Regione Siciliana ha dato conferma dell’operatività degli sgravi Irap in argomento, a seguito anche del parere espresso dalla Commissione europea – D.G. Concorrenza – n. D/54881 del 7 dicembre 2007, interpellata dagli uffici regionali circa la possibilità di continuare ad applicare le agevolazioni in regime de minimis nel rispetto del Regolamento 1998/2006>.

Nel caso di specie, l’Agenzia, pur non disconoscendo la teorica possibilità di applicazione dell’esenzione, la esclude, in quanto la ******à ricorrente verserebbe in stato di difficoltà economica, condizione, questa, che, ai sensi del Regolamento CE n. 1998/2006 del 15.12.2006, impedirebbe il contestato riconoscimento.

Il Collegio osserva, intanto, che l’art. 1 del Regolamento invocato dall’Amministrazione, in effetti, stabilisce che lo stesso <<si applica agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione dei seguenti aiuti:

omissis

h) aiuti concessi a imprese in difficoltà>>.

La detta eccezione, però, non è ravvisabile nella previgente normativa, contenuta nel Regolamento CE 12 gennaio 2001, n. 69/2001.

A tal proposito, il capoverso n. 18 delle premesse del Regolamento CE 1998/2006 stabilisce, espressamente, che “il periodo di validità del regolamento (CE) n. 69/2001 termina il 31 dicembre 2006. Il presente regolamento è pertanto applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2007. Dato che il regolamento (CE) n. 69/2001 non si applicava al settore dei trasporti, che finora non era soggetto alla norma «de minimis», data anche la grande esiguità dell’importo «de minimis» applicabile al settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, e a condizione che siano soddisfatte certe condizioni, il presente regolamento dovrebbe applicarsi agli aiuti accordati prima della sua entrata in vigore alle imprese attive nel settore dei trasporti e nel settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Il presente regolamento non dovrebbe inoltre incidere su alcun aiuto individuale concesso conformemente al regolamento (CE) n. 69/2001 durante il relativo periodo d’applicazione>>.

Conformemente, il regime transitorio è stato così regolato dall’art. 5 del Regolamento CE 1998/2006:

<<1. Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi anteriormente alla sua entrata in vigore alle imprese attive nel settore dei trasporti e alle imprese attive nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, se gli aiuti soddisfano tutte le condizioni di cui agli articoli 1 e 2. Gli aiuti che non soddisfano tali condizioni saranno esaminati dalla Commissione in base alle discipline, agli orientamenti, alle comunicazioni ed agli avvisi pertinenti.

2. Si ritiene che per gli aiuti «de minimis» individuali concessi tra il 2 febbraio 2001 ed il 30 giugno 2007, che soddisfino le condizioni del regolamento (CE) n. 69/2001, non ricorrano tutti i criteri dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato e che essi siano pertanto esentati dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3 del trattato.

3. Alla fine del periodo di validità del presente regolamento, è possibile dare esecuzione per un ulteriore periodo di sei mesi a tutti gli aiuti «de minimis» che soddisfano le condizioni del regolamento stesso>>.

Ed ancora, l’art. 6:

<<Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri>>.

Trattandosi, quella in questione, di esenzione prevista per il 2006, sembra al Collegio che non possa trovare applicazione l’eccezione posta dall’Agenzia per sostenere le proprie ragioni.

II. Tuttavia, anche a prescindere dalle predette conclusioni, appare conforme al vero quanto rappresentato in ricorso dalla ricorrente, nella misura in cui asserisce di non essere impresa annoverabile tra quelle in difficoltà economica.

Secondo l’Agenzia intimata, dall’esame dei bilanci, <<così come riportati nel quadro RS del modello Unico, sarebbe possibile evincere che la società ricorrente:

– Nell’anno 2003 ha conseguito una perdita di esercizio di Euro 436.694,00 contro un capitate sociale di Euro 100.000,00

– Nell’anno 2005 ha una perdita di esercizio di Euro 24.437,00, mentre l’indebitamento bancario passa da Euro 0 a Euro 3.627.964,00 con valori quindi, nettamente superiori ai crediti

– Nell’anno 2006 si rileva che i debiti verso i fornitori si raddoppiano, da Euro 10.309.766,00 passano a Euro 21.614.161,00 così come gli altri debiti passano da Euro 1.237.854,00 a Euro 3.551.327,00, anche in questo caso non riassorbiti dall’incremento dei crediti commerciali;

– Nell’anno 2008, si rileva un incremento dei debiti commerciali da Euro 18.469.000,00 a Euro 27.330190,00. Tra l’altro nell’esercizio si segnala anche la chiusura in perdita.

Anche fiscalmente, inoltre, la società aveva registrato delle perdite notevoli nei vari esercizi. Infatti, nel 2003 aveva una perdita di Euro 102.218,00, nel 2004 di Euro 327.917,00, nel 2005 di 163.288,00, nel 2006 di 310.841,00, nel 2007 di euro 410.624,00, nel 2008 di Euro 18.257,00>>.

Ritiene il Collegio che, in disparte le diverse conclusioni cui giunge parte ricorrente in ordine ai complessivi bilanci annuali della società, che non sarebbero affetti da quelle patologie in ordine alle perdite maturate, ove, accanto ad esse, si considerino i ricavi e le somme di riserva (circostanze, queste, non confutate dall’Amministrazione resistente), non possa ritenersi sussistere il necessario requisito della “impresa in difficoltà”, indispensabile per negare l’aiuto de minimis.

Secondo quanto stabilito, infatti, all’art. 1, par. 7, del Regolamento CE n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria), per <<impresa in difficoltà si intende una PMI che soddisfa le seguenti condizioni:

a) qualora, se si tratta di una società a responsabilità limitata, abbia perduto più della metà del capitale sottoscritto e la perdita di più di un quarto di detto capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi, oppure

b) qualora, se si tratta di una società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, abbia perduto più della metà del capitale, come indicato nei conti della società, e la perdita di più di un quarto di detto capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi, oppure

c) indipendentemente dal tipo di società, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei loro confronti di una procedura concorsuale per insolvenza.

Una PMI costituitasi da meno di tre anni non è considerata un’impresa in difficoltà per il periodo interessato, a meno che essa non soddisfi le condizioni previste alla lettera c) del primo comma>>.

Non occorre spendere molte parole per evidenziare come nessuna delle ipotesi prospettate sia stata posta a fondamento del provvedimento impugnato.

In precedenza (cfr. Comunicazione della Commissione orientamenti comunitari sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (2004/C 244/02), si riteneva che non esistesse <<una definizione comunitaria di impresa in difficoltà. Tuttavia, ai fini dei presenti orientamenti la Commissione ritiene che un’impresa sia in difficoltà quando essa non sia in grado, con le proprie risorse o con le risorse che può ottenere dai proprietari/azionisti o dai creditori, di contenere perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, la condurrebbero quasi certamente al collasso economico, nel breve o nel medio periodo>>.

Anche in tal senso, considerata la sopravvivenza della società al 2006 almeno sino al 2011, non può dirsi che sussistessero le prospettive del collasso finanziario della ricorrente.

La medesima comunicazione, all’art. 2, dopo aver considerato l’impresa in difficoltà quella avente le caratteristiche successivamente codificate all’art. 1, par. 7, del Regolamento CE n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008, ha aggiunto che, <<anche qualora non ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b) e c), un’impresa può comunque essere considerata in difficoltà quando siano presenti i sintomi caratteristici di un’impresa in difficoltà, quali il livello crescente delle perdite, la diminuzione del fatturato, l’aumento delle scorte, la sovracapacità, la diminuzione del flusso di cassa, l’aumento dell’indebitamento e degli oneri per interessi, nonché la riduzione o l’azzeramento del valore netto delle attività. Nei casi più gravi l’impresa potrebbe già essere insolvente o essere oggetto di procedura concorsuale per insolvenza conformemente al diritto nazionale. In ogni caso un’impresa in difficoltà può beneficiare di aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con i finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato>>.

Come asserito in ricorso (pag. 16), in effetti, nessuna delle dette condizioni si è verificata, né è possibile dedurla dai bilanci esibiti in giudizio.

Comunque, anche in questo caso le affermazioni non sono state minimamente contraddette dall’Amministrazione e meno che mai è stato provato il contrario.

Tanto sembra sufficiente al Collegio, assorbiti gli ulteriori motivi, per accogliere il ricorso e per dichiarare l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, che, come tale, va annullato.

La condanna alle spese segue la soccombenza e va liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Provinciale di Messina – Sezione XIII -, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Amministrazione resistente alle spese di giudizio a favore della ricorrente, che liquida in complessivi € mille/00, oltre spese generali, contributo unificato, IVA.

Così deciso in Messina nella Camera di Consiglio del 19 marzo 2013.

L’Estensore Il Presidente
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