Colpa medica oncologica: dimostrazione causalità morte

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In tema di colpa medica oncologica, per la concreta dimostrazione del danno e l’accertamento della responsabilità, non è sufficiente la semplice valutazione tra la causalità dell’omissione e l’evento-morte.
La responsabilità del sanitario non può fondarsi esclusivamente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, dati scientifici e ragionamenti logici, ma richiede, preliminarmente, un accertamento di ciò che è accaduto da dimostrare in sede giudiziale.
Invero dovrà essere accertato il momento iniziale e l’evoluzione della malattia, per poi indagare se l’evento lesivo sarebbe stato evitato o quantomeno differito dal sanitario, avvalendosi di leggi scientifiche e/o massime di esperienze.

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Indice

1. Valutazione della colpa medica in sede processuale


La colpa medica in ambito oncologico, in sede processuale, dovrà essere analizzata esclusivamente dopo uno specifico percorso logico che porti alla dimostrazione che la condotta omissiva del medico sia stata la condizione necessaria dell’evento lesivo con un alto grado di credibilità.
È fondamentale che in sede di istruttoria dibattimentale, dunque, venga accertato che una anticipazione di una diagnosi oncologica ed una corretta strategia di cura, avrebbe potuto evitare il decesso della persona offesa o comunque prolungarne sensibilmente la sua sopravvivenza.
Invero non basta una valutazione su dati statistici generali di evoluzione della malattia e/o su coefficienti di probabilità statistica generale di sopravvivenza (basati sulla analisi di pazienti affetti dalla medesima patologia tumorale) per definire la responsabilità di un sanitario.
È incompleta, dunque, una valutazione peritale che non prenda in considerazione, in concreto, il fatto storico e le peculiarità specifiche del caso concreto nell’accertamento della causalità omissiva.
Sul punto si rende necessario evidenziare che la consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha sicuramente un ruolo centrale nei procedimenti che hanno come oggetto il risarcimento del danno alla persona ma, va chiarito, non è un mezzo di prova, bensì uno strumento per valutare elementi oggettivi che sono stati acquisiti nel processo.
Dovrà, quindi, sempre essere presa in considerazione la trasposizione della perizia all’interno della sentenza e se tutti gli elementi sono stati analizzai dalla Autorità Giudicante.


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2. Criteri di probabilità statistica ed i criteri di probabilità logica


È utile chiarire che in ambito giurisprudenziale, a partire da una nota Sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 2002, si è voluto sanzionare la condotta del sanitario che abbia una responsabilità nella causazione di un danno secondo un giudizio di “alta probabilità logica” o comunque “elevata credibilità razionale”.
Si è creato, dunque, una sempre più netta differenziazione tra i criteri di probabilità statistica ed i criteri di probabilità logica ma, allo stesso tempo, il legame è divenuto, in ambito giurisprudenziale, sempre più stringente.
Con i primi, infatti, sarà possibile ricostruire la frequenza di specifici eventi ma solo con la verifica successiva dell’intero percorso fattuale, sarà possibile arrivare ad un logico accertamento giudiziale che chiarisca una eventuale responsabilità del sanitario.
In caso di patologia tumorale, dunque, il decesso del paziente in caso di una omissione del medico, non potrà essere sempre considerato, in astratto, quale unico elemento a dimostrazione di una responsabilità.
Invero una generica omissione non potrà essere valutata come esclusivo elemento per una ipotetica condanna sulla base di una valutazione sulle astratte possibilità di sopravvivenza di quella specifica malattia, ma dovranno essere prese in considerazione tutte le circostanze di fatto per determinare se con una condotta doverosa del medico si sarebbe arrivato, in ogni caso, all’evento morte o, quantomeno, si sarebbe realizzata in un momento successivo a quanto accaduto.
Sul punto si segnala una sentenza della Corte di Cassazione del 2020 che ha ricostruito tutto l’iter logico da seguire per una valutazione della responsabilità medica in ambito oncologico, chiarendo che uno degli elementi di valutazione per una concreta graduazione della responsabilità è non solo la sopravvivenza del paziente (che, evidentemente, non sempre può essere garantita) ma anche il prolungamento della vita.
La Corte di Cassazione precedentemente richiamata con la sentenza n. 28294 a conclusione del proprio ragionamento ha chiarito che “l’anticipazione del decesso  – comunque inevitabile – dovuto ad errori diagnostici e/o cure inadeguate, è circostanza che rientra nella tipicità del delitto di omicidio colposo, trattandosi di un evento morte a tutti gli effetti riconducibile alla condotta colposa del medico, il quale, del resto è sempre tenuto ad apprestare una terapia adeguata alla malattia, al fine di curare e mantenere in vita il paziente per tutto il tempo consentito dalla migliore scienza ed esperienza medica”.
Il rapporto di causalità e, quindi, la responsabilità sanitaria, si può configurare quando tutte le scelte mediche, avrebbero portato all’evento morte in un’epoca significativamente posteriore e con minore intensità lesiva.
Da quanto rappresentato è evidente che in caso di grave patologia oncologica con esito inevitabile, i Tribunali sono chiamati ad analizzare, attraverso i propri periti, la sussistenza eziologica tra la condotta del medico e la riduzione delle aspettative di vita in termini temporali, come significativa anticipazione dell’evento morte e con una valutazione di alta probabilità logica che dovrà essere ancorata sia a dati statistici che a tutte le circostanze scientifiche che hanno condotto all’evento.
In sede processuale, dunque, per accertare la responsabilità sanitaria, si dovrà addivenire ad un giudicato che potrebbe essere viziato da un processo logico-giuridico viziato qualora manchi di tutti gli elementi necessari ed individuati costantemente in sede giurisprudenziale.

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Carmine Di Monaco

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