Chi può reputarsi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159

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     Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

[Riferimento normativo: d.lgs., 6 settembre 2011, n. 159, art. 1, co. 1, lett. c)]

1. Il fatto 

La Corte di Appello di Messina rigettava un appello presentato avverso unn decreto con cui il Tribunale della stessa città aveva applicato nei suoi confronti la misura della sorveglianza speciale di P.S. per anni uno e mesi due. 

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione 

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore del prevenuto che deduceva i seguenti motivi: 1) violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. in quanto, per il ricorrente, il Tribunale non aveva indicato alcun elemento atto a fondare l’applicazione della misura di prevenzione sul presupposto di cui all’art. 1, co. 1, lett. c), d.lgs n. 159/2011 e anche la Corte territoriale si era limitata ad una formula di stile, priva di contenuto, senza indicare in maniera specifica i precedenti ovvero il contenuto delle informazioni di polizia, cui aveva fatto generico riferimento; 2) violazione dell’art. 8, comma 1, d.lgs n. 159/2011 in ragione della mancanza di motivazione circa la commisurazione della misura di prevenzione e l’indicazione della durata, anche alla luce della denunziata discrasia tra quanto indicato in motivazione dal Tribunale e il tenore del dispositivo.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione 

Il ricorso era ritenuto fondato.

Gli Ermellini osservavano a tal proposito come la Corte territoriale avesse espressamente escluso la ravvisabilità in capo al prevenuto di profili di pericolosità rilevanti ex art 1, co. 1, lett. b), D.lgs n. 159/2011 ritenendo, nondimeno, giustificata la misura della sorveglianza speciale ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. c), D.lgs. n. 159/2011, senza, tuttavia, esplicitare gli elementi che in concreto ne legittimavano l’applicazione, rendendo al riguardo una motivazione meramente apparente.

Orbene, a fronte di ciò, si evidenziava invece come non possa stimarsi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il soggetto che risulti dedito, in maniera non occasionale, alla commissione di fatti criminosi la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non meramente individuali, ma connessi alla preservazione dell’ordine e della sicurezza della collettività, quali condizioni materiali necessarie alla convivenza sociale (Sez. 6, n. 32903 del 22/06/2021; Sez. 5, n. 15492 del 19/01/2018; nello stesso senso, Sez. 2, n. 18264 del 31/3/2022) dal momento che la pericolosità sociale rilevante alla stregua del parametro evocato impone l’accertamento, secondo i criteri propri della prevenzione, della riferibilità al proposto di fatti criminosi non occasionali che abbiano attitudine lesiva della sicurezza e tranquillità pubblica e, dunque, il peculiare profilo di pericolosità in esame postula che l’offensività dei reati addebitati al proposto non sia circoscritta a beni giuridici individuali, ma chiami in causa la tutela dei superiori interessi che garantiscono la convivenza sociale, tenuto conto altresì del fatto che, nell’esegesi della disposizione in esame assume, inoltre, fondamentale rilievo la prescrizione che vuole il proposto “dedito” alla specifica tipologia di reati ivi enunziata, trattandosi di una aggettivazione espressiva di assiduità criminosa di talché i fatti alla base del giudizio di pericolosità devono dispiegarsi in un significativo lasso temporale della vita del proposto in modo da acquisire, complessivamente valutati, valenza dimostrativa del carattere non occasionale dell’attività illecita (in tal senso, in motivazione, Sez. 6, n. 32903/21; Sez. 2, n. 10359 del 14 gennaio 2020).

Ciò posto, fatti presenti questi orientamenti nomofilattici, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come la Corte territoriale si fosse discostata da siffatti principi, effettuando, a loro avviso, un generico riferimento ai precedenti che militavano a carico del ricorrente e alle pendenze giudiziarie, senza alcuno scrutinio circa la natura degli illeciti e la loro attitudine a porre in pericolo la sicurezza e la tranquillità pubblica, omettendo, pertanto, la verifica degli indici fattuali ai quali si ricollega funzionalmente il giudizio prognostico di pericolosità.

Alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, pertanto, veniva disposto l’annullamento del decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Messina per nuovo giudizio.

4. Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito chi può reputarsi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Difatti, fermo restando che la norma appena citata individua, tra coloro che possono essere soggetti a misure di prevenzione personali (applicate dal questore), coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2[1], nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica, si afferma in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento ermeneutico, che: 1) non può stimarsi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il soggetto che risulti dedito, in maniera non occasionale, alla commissione di fatti criminosi la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non meramente individuali, ma connessi alla preservazione dell’ordine e della sicurezza della collettività, quali condizioni materiali necessarie alla convivenza sociale; 2) la pericolosità sociale, rilevante alla stregua del parametro evocato, impone l’accertamento, secondo i criteri propri della prevenzione, della riferibilità al proposto di fatti criminosi non occasionali che abbiano attitudine lesiva della sicurezza e tranquillità pubblica e, dunque, il peculiare profilo di pericolosità in esame postula che l’offensività dei reati addebitati al proposto non sia circoscritta a beni giuridici individuali, ma chiami in causa la tutela dei superiori interessi che garantiscono la convivenza sociale; 3) nell’esegesi della disposizione in esame, assume fondamentale rilievo anche la prescrizione che vuole il proposto “dedito” alla specifica tipologia di reati ivi enunziata, trattandosi di una aggettivazione espressiva di assiduità criminosa di talché i fatti alla base del giudizio di pericolosità devono dispiegarsi in un significativo lasso temporale della vita del proposto in modo da acquisire, complessivamente valutati, valenza dimostrativa del carattere non occasionale dell’attività illecita.

Tali principi di diritto, ribaditi nella pronuncia qui in commento, quindi, devono essere presi nella dovuta considerazione al fine di verificare se un soggetto sia annoverabile tra quelli a cui a fa riferimento l’art. 1, comma primo, lettera c), d.lgs. n. 159/2011.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

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Note:

[1]Ai sensi del quale: “Qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate”.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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