Avvocati che pagano l’ufficiale giudiziario per avere notifiche in tempi brevi: condotta censurabile sotto il profilo deontologico e penale

Redazione 05/02/13
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Lucia Nacciarone

A deciderlo è la Cassazione con la sentenza n. 5049 del 31 gennaio 2013.

La sesta sezione penale, ribaltando la decisione del Tribunale che aveva dichiarato il non luogo a procedere per non aver commesso i fatti oggetto di imputazione, ha accolto il ricorso del Procuratore che aveva chiesto il rinvio a giudizio per i delitti di associazione per delinquere, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata degli ufficiali giudiziari, i quali ricevevano 5 euro per ogni atto da notificare, e degli avvocati che versavano la suddetta somma al fine di accelerare i tempi di consegna, violando la prescritta procedura di registrazione Unep e di successiva annotazione di avvenuta notifica.

I professionisti utilizzavano questo metodo per evitare file lunghissime, ma tale circostanza è stata irrilevante per il collegio di Piazza Cavour, e la condotta è stata ritenuta censurabile sotto l’aspetto disciplinare e penale.

Troppo frettolosa, quindi, la decisione del Gup, e gli atti dovranno tornare per un nuovo esame al giudice del merito: «una valutazione ex actis che contraddice la prognosi formulata dell’inidoneità degli elementi a sostenere l’accusa in giudizio, sede in cui i dati e gli accadimenti avrebbero dovuto essere risolti all’esito del metodo che contraddistingue le finalità cognitive proprie della fase di giudizio. Non pare, dunque, che il ‘risultato di prova’ complessivo possa essere caratterizzato da contraddizioni oggettive, tali da non legittimare un giudizio di cognizione nel cui ambito verificare l’ipotizzato fenomeno corruttivo sistematico, alimentato da ‘corruttori e corrotti’».

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