Le associazioni ambientaliste, riconosciute ex art. 13 L. 349/1986, sono legittimate a costituirsi come parte civile nell’ambito di un processo per reati ambientali.
Con la sentenza n. 25039, depositata in cancelleria lo scorso 22 giugno, la Corte di cassazione ha ancora una volta ricordato che, nonostante l’abrogazione delle previsioni di legge che autorizzavano le associazioni suddette a proporre, in caso di inerzia degli enti territoriali, le azioni risarcitorie per danno ambientale, le stesse sono comunque legittimate alla costituzione di parte civile nei processi penali.
Si richiamano in tale quadro l’espressa disposizione dell’art. 311, co. 2, D.Lgs. 152/2006, che riserva in via esclusiva allo Stato la possibilità di costituirsi parte civile in materia di danno ambientale; l’art. 318 D.Lgs. 152/2006 che ha abrogato l’art. 18 L. 349/1986, ad eccezione del comma 5, in tal modo legittimando all’azione risarcitoria solo lo Stato e non più l’ente locale; ancora, l’art. 318, co. 2, lett. b) D.Lgs. 152/2006 che ha abrogato l’art. 9, co. 3, D.Lgs. 267/2000 che consentiva alle associazioni ambientaliste di proporre le azioni risarcitorie che spettino al Comune e alla Provincia conseguenti a danno ambientale.
Ebbene, tale assetto normativo, ad avviso della Suprema Corte, non esclude, per le associazioni ambientaliste, l’applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (sul punto cfr. Cass. sez. pen. III, 19883/2009).
Ai fini della loro rappresentatività in giudizio, le associazioni ambientaliste devono:
a) avere uno statuto che preveda come fine istituzionale la protezione di un determinato bene a fruizione collettiva, cioè di un dato interesse diffuso o collettivo;
b) essere in grado, per la rispettiva organizzazione e struttura, di realizzare le proprie finalità ed essere dotate di stabilità, nel senso che devono svolgere all’esterno la propria attività in via continuativa;
c) essere portatrici di un interesse localizzato, deve cioè sussistere uno stabile collegamento territoriale fra l’area di afferenza dell’attività dell’ente e la zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (Cons. Stato, sent. 3507/2008). (Lilla Laperuta)
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