Abuso di diritto, è illegittima la contestazione per il trust sul patrimonio di famiglia

Redazione 20/11/12
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Lilla Laperuta

Con l’ordinanza n. 20254 del 19 dicembre la sesta sezione civile della Corte di cassazione ha accolto il ricorso di una contribuente cui era stata contestata dall’Agenzia delle entrate un’elusione fiscale per aver costituito un trust su un immobile di famiglia. Il carattere elusivo dell’operazione immobiliare era stato confermato dalla Commissione tributaria regionale del Lazio.

Perché ricorra la figura dell’abuso di diritto in materia tributaria si rende necessario, ricordano gli ermellini, il concorso di due fattori:

a) che il contribuente abbia conseguito una positiva ricaduta fiscale dal suo operato;

b) che tale vantaggio fiscale costituisca la ragione determinante dell’operazione, ovvero che non concorrano ragioni e giustificazioni economico-sociali di altra natura, o almeno che esse siano di marginale rilievo. Di guisa che si possa ritenere che l’operazione è stata determinata da considerazioni fiscali.

Ebbene nel caso di specie, il giudice di merito aveva omesso di considerare questo secondo profilo. Di qui la decisione di cassare la sentenza della Commissione tributaria del regionale.

Si ricorda che l’abuso del diritto, principale strumento antielusivo contemplato dall’art. 37 bis D.P.R. 600/1973, come in altra sede ricostruito dagli ermellini, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, configura l’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore. Alterazione alla quale l’ordinamento giuridico risponde con un diniego di tutela rispetto alle posizioni giuridiche soggettive oggetto dell’abuso stesso, in quanto rivendicate con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede (cfr. Cass. civ., sez. un. sent. n. 20106 del 18 settembre 2009).

Ancora, le Sezioni Unite hanno generalizzato il divieto di elusione dei tributi affermando che «non può non ritenersi insito nell’ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali, il principio secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale»; tale regola è stata collegata all’esistenza di un principio generale non scritto volto a contrastare le pratiche consistenti in un abuso del diritto (Cass. civ., sez. un., 23 dicembre 2008 n. 30055).

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