Abrogazione art. 323 c.p.: ok dalla Commissione giustizia del Senato

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Come è noto, il Governo, con disegno di legge a firma del Ministro della Giustizia e del Ministro della Difesa, ha presentato, ormai da diversi mesi, un progetto di legge in cui, tra le misure ivi previste, si propone l’abrogazione dell’art. 323 cod. pen. che, come è noto, prevede il reato di abuso di ufficio.
Difatti, l’art. 1, co. 1, lett. b), disegno di legge n. A.S. 808, stabilisce per l’appunto che “l’articolo 323 è abrogato”.

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Indice

1. Cosa prevede l’art. 323 cod. pen.


Orbene, prima di vedere a che punto è l’iter legislativo riguardante questa proposta abrogativa, pare opportuno vedere cosa contempla questa norma incriminatrice.
Dunque, l’art. 323 cod. pen. statuisce quanto sussegue: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.
Tale disposizione legislativa, pertanto, così strutturata, prevede una fattispecie delittuosa, a carattere sussidiario, con cui è sanzionato, con la pena detentiva da uno a quattro anni, aumentata sino ad un terzo, nel caso di rilevante gravità del vantaggio o danno conseguiti, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio (si tratta quindi di un reato proprio) che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente (e, dunque, richiesto il dolo intenzionale) procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto (basta quindi che vi sia questo vantaggio o emerga siffatto danno, non essendo necessario che essi ricorrano congiuntamente).

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2. Il perché si vuole abrogare questo precetto normativo


Come trapela dalla relazione illustrativa (disponibile sul sito internet del Senato della Repubblica), la ragione di volere abrogare l’art. 323 del codice penale risiede nello squilibrio intercorrente tra il ridotto numero complessivo delle condanne, allorché si è proceduto in ordine a questo illecito penale, e l’alto numero di iscrizione del registro degli indagati.
Ebbene, come emerge sempre dalla suddetta relazione, tale “squilibrio tra iscrizioni della notizia di reato e decisioni di merito, rimasto costante anche dopo le modifiche volte a ricondurre la fattispecie entro più rigorosi criteri descrittivi, è indicativo di una anomalia che ha portato alla scelta proposta con il presente disegno di legge”.

3. A che punto è l’iter legislativo afferente questo disegno di legge


Il progetto di legge in questione è attualmente all’esame in prima lettura innanzi al Senato della Repubblica.
In particolare, dopo che sono stati sentite diversi persone esperte nella materia (tra professori universitari e magistrati), tale disegno di legge è stato approvato dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica il 9 gennaio del 2024.
Ciò posto, non resta dunque che vedere se tale disegno di legge verrà approvato, così com’è, in via definitiva.

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