Ufficio per il processo: ratio, funzione e prospettive future

Il presente contributo analizza la figura dell’Ufficio per il Processo e ne delinea la ratio e la funzione al fine di prospettare come necessaria la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato, anche in ottica del raggiungimento degli obiettivi rideterminati, a seguito dell’approvazione, da parte dell’Unione Europea, della proposta di proroga contrattuale degli attuali UPP fino al 30 Giugno del 2026, che sarebbero spuntati a monte a fronte degli ulteriori abbandoni, provocati dalla precarietà. Infatti, né la proroga disposta, né tanto meno gli incentivi e i premi di risultato  sono funzionali allo scopo di evitare l’esodo, a fronte di possibilità lavorative più concrete. Inoltre, non da ultimo, bisogna considerare il notevole apporto dato da tale “nuova” figura, il ruolo di raccordo che essa ricopre e l’organicità che è in grado di assicurare per lo svolgimento del processo.

Indice

1. Evoluzione storica


L’ufficio per il processo nasce e si sviluppa maggiormente nella cultura giuridica anglosassone e tale dato non è un caso. Infatti, la stessa struttura nominativa evoca la realtà fattuale insita nell’istituto: l’organizzazione. Ed è noto a tutti che quando si parla di organizzazione economica e politica, la cultura che la faccia da padrone sia quella inglese. Con il governo Thatcher (primo ministro) infatti, negli anni 80, la politica inglese si avviava ad un profondo cambiamento di rotta verso l’efficienza dei sistemi politici, economici e sociali, puntando alla sburocratizzazione degli uffici, alla riduzione dei tempi di lavoro e al contenimento dei costi attraverso l’abbattimento dei c.d. tempi morti, in perfetta aderenza ai principi economici[1] Taylor-fordisti[2].
La stessa logica produttiva viene applicata anche e soprattutto al settore della giustizia. Non servono analisi particolarmente tecniche per affermare che la giustizia comporta costi ingenti, sia dal punto di vista strettamente economico, sia dal punto di vista del c.d. capitale umano/sociale. E l’Unione Europea, che condivide in larga parte tale impostazione, non poteva che basare la propria politica sul perseguimento di tali obiettivi.
Per quanto riguarda il livello di produttività in generale e nella specie il livello di produttività del settore giustizia, nel confronto con gli altri Paesi Europei, l’Italia sicuramente non eccelle e non è un caso che nel sistema giudiziario interno la figura dell’ufficio del processo si delinea strutturalmente e non ancora in maniera perfettamente organica, solo nel 2021. Invero, tale istituto compare per la prima volta nel 2012 all’art. 16 octies, inserito all’interno del c.d. decreto sviluppo bis (d.l. 221/2012) e meglio definito dall’art. 50, 1° co, d.l. 90\2014, conv. con modif. dalla l. 114/2014, dal cui testo “… al fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi e assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono costituite, presso le corti di appello e i tribunali ordinari, strutture organizzative denominate “ufficio per il processo”, mediante l’impiego del personale di cancelleria e di coloro che svolgono, presso i predetti uffici, il tirocinio formativo a norma dell’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, o la formazione professionale dei laureati a norma dell’articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Fanno altresì parte dell’ufficio per il processo costituito presso le corti di appello i giudici ausiliari di cui agli articoli 62 e seguenti del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e dell’ufficio per il processo costituito presso i tribunali, i giudici onorari di tribunale di cui agli articoli 42 ter e seguenti del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12” si evince la totale assenza della concezione organica dell’istituto, pensato per lo più come modello ideale, itinerante, da dover seguire per necessità, tosto che ad un ufficio vero e proprio destinato ad operare con risorse umane e mezzi specificamente ad esso destinati. Una disomogeneità e una disorganizzazione interna, quella giudiziaria, che non ha tardato a dimostrare la sua inefficienza, che tra le altre, ha condotto il nostro Stato ad essere sanzionato dall’Unione Europea per la lungaggine del processo, civile, penale, amministrativo, contabile, tributario che sia. Tanto è dimostrato dalla necessità di dover porre rimedio, almeno dal punto di vista della tutela risarcitoria, tramite l’introduzione di una procedura interna apposita, a seguito della c.d. legge Pinto[3] e dal bisogno di introdurre un principio Costituzionale ad hoc, quello, appunto, del giusto processo ex art. 111 Cost. Interventi normativi e di principio per assicurare almeno la tutela di chi dovesse subire, appunto, un processo ingiusto e dunque anche un processo troppo lungo che poco può assicurare in termini di giustizia. Interventi quindi circostanziati.
Solo di recente, infatti, si è nuovamente attenzionata la figura dell’ufficio del processo e si è deciso di strutturarla concretamente, a seguito dei gravi gap decisionali riemersi a causa della crisi economica, politica e sociale generata dalla diffusione della pandemia da Covid. Una riforma quella del sistema giustizia, di cui la c.d. Cartabia ne costituisce la massima espressione, che è solo un tassello del grande disegno programmato nel Piano di Ripresa e Resilienza e che ingloba la produttività in generale del nostro Stato, a seguito degli obiettivi fissati a livello apicale dall’Unione Europea, con buona pace dei conservatori. Misure normative e organizzative che, quindi, hanno un comune denominatore: la produttività. Non vi è dubbio che, come ricordato poco fa, la giustizia non sia esente dal ciclo economico e che anzi ricopra un ruolo di una certa taratura nel complesso delle finanze Statali. Dall’andamento del sistema processuale, infatti, non si desumono solo principi e diritti ma, si desume la capacità di uno Stato di attrarre investimenti. Tale correlazione è presto dimostrata dal basso livello di investimenti esterni e la carenza delle garanzie di celerità della tutela giurisdizionale è sicuramente uno dei fattori determinanti.

2. Ufficio per il processo: ratio e funzione


Già la denominazione evoca ciò che tale “nuovo” istituto rappresenta. Il processo necessita di essere condotto da un vero e proprio ufficio specificamente ad esso destinato e questa è una realtà necessaria che nulla condivide con la precarietà della condizione lavorativa ad esso sottesa. Le parole, infatti, non sono mai frutto di un caso e questo è bene ricordarlo in una società, che per dirla alla Bauman (trova) è sempre più liquida! E dal momento che di ufficio si parla, allora è naturale passare dalla parola alla struttura concreta. Dopo varie vicissitudini e peripezie rocambolesche, si è giunti finalmente anche nel nostro Stato a ragionare sostanzialmente su questo istituto. Bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare, il merito lo si deve riconoscere certamente al lavoro del Ministro Cartabia, anche se è più corretto parlare di un vero e proprio lavoro di equipe, dove sicuramente l’Unione Europea può essere inquadrata nel ruolo del “primario”. L’ufficio del processo, lo si è visto poc’anzi, non era del tutto estraneo al nostro sistema. Si può ragionevolmente affermare però, che è solo dal 2021 che viene inteso per quello che esso rappresenta veramente. Il d.l. 9 giugno 2021, n. 80, contenente Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni, funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l’efficienza della giustizia (Pnrr), è la misura che concretizza, almeno sulla carta, il ruolo di tale istituto. Per capire di cosa si occupa concretamente l’Ufficio per il processo, a prescindere dalle mansioni elencate dai decreti attuativi, si sceglie di condividere il pensiero del CSM sul punto e che,  in sostanza lo definisce come una struttura di affiancamento all’attività che il giudice è chiamato a svolgere. E’ chiaro, quindi, che tenendo fermi quelli che sono i limiti da rispettare per non creare uno sconfinamento di ruoli e funzioni, ciò che l’ufficio per il processo svolge, si compone di una serie di attività maggiormente a latere alla funzione giudiziaria vera e propria, che può essere inquadrata come la parte fissa del lavoro e di una parte mobile che può arrivare a ricomprendere attività più trasversali. L’estensione di ciò che il singolo UPP svolgerà dipenderà, dunque, anche dalla relazione di fiducia e collaborazione che si instaurerà tra quest’ultimo e il giudice di riferimento. L’UPP, infatti, non è stato pensato per sostituire il lavoro del giudice da una parte o quello del cancelliere dall’altra, esso ricopre una funzione di raccordo tra il livello della cancelleria e il livello del giudice. Non si deve, infatti, ragionare nell’ottica di una specie di tappa buchi! La macchina processuale funziona solo se tutti i suoi elementi lavorano in maniera coordinata e questo vuol dire che l’UPP è un elemento aggiuntivo, di innesto, che dovrebbe coordinare lo svolgimento del processo in ogni sua fase, dal lavoro della cancelleria, al lavoro del giudice.

3. I perché della necessaria stabilizzazione


A fronte degli ambiziosi obiettivi fissati inizialmente nel PNRR[1], recentemente rimodulati sulla base delle risorse effettivamente e attivamente impiegate, tenendo in considerazione lo stato di quiescenza di partenza, i dati raccolti sulla riduzione degli arretrati processuali evidenziano l’efficienza dell’ufficio. Se, infatti, si tiene conto dell’ingente mole degli arretrati, della condizione di precarietà dei nuovi assunti, che in gran numero abbandona progressivamente l’ufficio per il processo per ricoprire una posizione lavorativa stabile, delle difficoltà organizzative e strutturali nella fase iniziale dell’immissione in servizio degli assunti, non si può che stilare un bilancio positivo sul punto. Tale dato, unito alla ratio dell’ufficio, sviluppata nel punto 2 del presente contributo, considerato il panorama europeo, supportano la logica della stabilizzazione. Se non bastasse, sia ragionando in termini strettamente giuridici, evocando i principi che governano la buona azione amministrativa, che in termini economici e dunque ragionando in termini di profitto, non si può che addivenire allo stesso risultato[2].
Le risorse impiegate per l’immissione in servizio di un così ampio contingente di personale, già da sole rappresentante un fattore dirimente per procedere verso la stabilizzazione degli UPP. Senza tralasciare il fatto che, se vi è il grave problema degli arretrati a cui queste figure stanno ponendo rimedio, ammesso che si raggiungano gli obiettivi rideterminati entro il 30 Giugno del 2026 (data fissata dall’Unione Europea per l’erogazione dei finanziamenti), tolti gli UPP la situazione sarebbe destinata inevitabilmente a ripetersi, se non a peggiorare ulteriormente. Ecco il perché dei perché si deve procedere verso la stabilizzazione degli attuali UPP ed ecco perché la si debba garantire ai futuri UPP che saranno assunti con l’ormai imminente secondo bando concorsuale. Infatti, sebbene la proroga del contratto degli attuali UPP fino al 30 Giugno rappresenti una manovra razionale che evita di disperdere le risorse impiegate fino a questo momento, soprattutto in termini di formazione e specializzazione, comunque rimane una manovra spuntata che non garantisce la stabilità, principale obiettivo a cui ogni lavoratore ambisce e principale motivo di abbandono. Tanto meno, garantire premi e incentivi. A tutto questo, si aggiunga anche il fatto che nulla vieta di procedere fino alla scadenza fissata dall’Unione Europea per la concessione dei finanziamenti con tale tipologia contrattuale e una volta scaduto tale termine procedere alla stabilizzazione degli stessi[3]. Del resto, non sarebbe una manovra sconosciuta, tanto è dimostrato dal recentissimo provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 29\12\2023, con il quale si stabilizzeranno n. 88 unità di personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, reclutato per l’attuazione degli obiettivi previsti dal PNRR, previa specifica domanda e colloquio.

4. Conclusione


Sul ruolo dell’Ufficio per il processo non vi è certamente unanimità di pensiero, le critiche non mancano, in special misura da parte di chi spinge per l’implementazione del numero dei giudici. Il punto è che tale manovra è stata prevista insieme all’introduzione dell’Ufficio per il processo in maniera organica, a chiara dimostrazione, come si è già detto in precedenza, che si tratta di due realtà differenti e pensare solo all’implementazione del numero dei giudici non porterebbe, pertanto, alla soluzione dei noti problemi che attanagliano lo svolgimento del processo. Stabilizzare l’ufficio per il processo, significherebbe garantire una figura aggiuntiva e di raccordo tra il giudice e la cancelleria. Una figura, che in tal modo, sarebbe fissa, specializzata, funzionale al suo ruolo naturale. Per tutti i motivi sopra esposti, non si dubita che si procederà in tal senso, il punto è che lo si dovrebbe fare in termini brevi per evitare ulteriori perdite di risorse ed evitare di venir meno già da ora a quelli che sono gli obiettivi attesi.

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Note

  1. [1]

    In particolare si ricordano i principi del razionalismo e del managerialismo propri della cultura economica neoliberista.

  2. [2]

    Si fa riferimento all’architetto Taylor poi divuto imprenditore e al marchio Ford con il lancio della nota auto ford T-nera, prodotta in serie.

  3. [3]

    La legge n. 89 del 24 marzo 2001, denominata legge “Pinto”, ha previsto il diritto all’equa riparazione per il mancato rispetto del “termine ragionevole” di durata del processo. L’organo competente a decidere sulle domande di equo indennizzo per l’eccessiva lungaggine dei processi è la Corte d’appello.

  4. [4]

    Ridurre i tempi del processo entro i prossimi cinque anni, pari, nei tre gradi di giudizio, al 25% nel settore penale e al 40% in quello civile.

  5. [5]

    La stabilizzazione è una condizione necessaria per il raggiungimento di un sistema giurisdizionale più competitivo.

  6. [6]

    Al comma 26 dell’art. 1 la legge delega 27 settembre 2021, n. 134 prevede un’articolata disciplina dell’ufficio per il processo, concepita come struttura organizzativa stabile e non “emergenziale”, destinata a operare anche dopo il raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R.

Bibliografia

  • BIARELLA, L. (2021), Reclutamento addetti all’Ufficio del Processo: a che punto siamo?, disp. sul sito https://www.altalex.com/documents/news/2021/12/20/reclutamento-addetti-ufficio-del-processo-a-che-punto-siamo;
  • BRACCIALINI, R. (2020), L’Ufficio per il processo tra storia, illusioni, delusioni e prospettive, disp. sul sito https://www.questionegiustizia.it/articolo/l-ufficio-per-il-processo-tra-storia-illusioni-delusioni-e-prospettive_01-06-2020.php;
  • CAPONI , R. (2021), Un orizzonte aperto su una nuova forma di vita giudiziaria: l’ufficio per il processo, in Questione Giustizia, 3/2021, 171-172;
  • CIVININI, M. G. (2021), Il “nuovo ufficio per il processo” tra riforma della giustizia e PNRR. Che sia la volta buona!, in Questione Giustizia, 3/2021, 173-185;
  • GRASSO, G.(2021), Il PNRR e l’attuazione dell’ufficio per il processo, disp. sul sito https://lamagistratura.it/organizzazione-giudiziaria-e-deontologia/il-pnrr-e-lattuazione-dellufficio-per-il-processo/.

Francesca Fuscaldo

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