Tribunale di sorveglianza di Torino, ordinanza 17 giugno 2014

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ORDINAMENTO PENITENZIARIO – BENEFICI PENITENZIARI – LIBERAZIONE ANTICIPATA – LIBERAZIONE ANTICIPATA SPECIALE – CONDANNATI PER DELITTO EX ART. 4-BIS O.P. – D.L. 146/2013 – INSTANZA PENDENTE AL MOMENTO DELLA CONVERSIONE – DISCIPLINA APPLICABILE – TESTO ORIGINARIO DEL D.L. 146/2013 – ESCLUSIONE – MODICAZIONE APPORTATA IN SEDE DI CONVERSIONE – APPLICABILITA’ (Cost., artt. 25, 77; l. 26 luglio 1975 n. 354, norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, artt. 4-bis, 54; d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, art. 4; l. 21 febbraio 2014 n. 10, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, art. 1).

L’art. 77, 3° comma, Cost. impedisce al decreto-legge non convertito di inserirsi in quel fenomeno di successione di leggi nel tempo, cui si riferisce invece l’art. 25, 2° comma, Cost.; conseguentemente, l’istanza di liberazione anticipata speciale presentata da soggetto condannato per taluno dei delitti previsti dall’art. 4-bis O.P., se ancora pendente al momento della conversione del decreto-legge 146/2013, va decisa alla stregua della disciplina introdotta dalla legge di conversione 10/2014, sebbene meno favorevole all’istante.

 

N. SIUS 2014 / 3381 – TDS TORINO

N. SIEP 2014 / 249 – PM TORINO

ORDINANZA N………………

 

TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO

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IL TRIBUNALE

il giorno 17 giugno 2014 in Torino si è riunito in camera di consiglio nelle persone dei componenti:

1) **************************

Presidente est.

2) ” BELTRAMINO CARLA

Giudice

3) ” MASSOLA TIZIANA

Esperto

4) ” SINOPOLI SILVANA

Esperto

con la partecipazione del ********************, Sost. Procuratore ******** presso la Corte di Appello di Torino, per deliberare sul reclamo in materia di liberazione anticipata speciale presentato da C. P., nato a TORINO il XX-XX-XXXX, detenuto presso la Casa Reclusione di ******* – Regione Bronda N. 19/BIS, difeso dall’Avv. XXXX, condannato con sentenza N. 2012/2645 Reg. Gen., emessa in data 16 dicembre 2011 dal GIP presso il Tribunale di Torino e confermata in data 20 luglio 2012 dalla Corte di Appello di Torino, definitiva il 22 gennaio 2014,

OSSERVA

quanto segue.

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1. – Con provvedimento in data 16 aprile 2014 il Magistrato di Sorveglianza di Cuneo:

  • A) accoglieva l’istanza di detrazione di pena a titolo di liberazione anticipata presentata da C. P. per i 5 semestri compresi tra il 5 maggio 2011 ed il 5 novembre 2013, ma concedeva la detrazione stessa nella misura di 45 giorni per semestre, atteso che il predetto era stato condannato per taluno dei delitti previsti dall’art. 4-bis O.P. (recte: per quelli di cui agli artt. 609-bis e 609-ter c.p.), di guisa che non poteva fruire della maggiore detrazione di 75 giorni per semestre ai sensi dell’art. 4, 1° comma, prima parte, d.l. 146/2013 come modificato in sede di conversione dalla l. 10/2014;
  • B) rigettava l’istanza in relazione al periodo compreso tra il 5 novembre 2010 ed il 5 maggio 2011 perchè durante tale semestre il C. aveva violato una delle prescrizioni della misura cautelare degli arresti domiciliari (cui all’epoca era sottoposto), la quale era stata conseguentemente revocata ed aggravata con ordinanza emessa il 25 gennaio 2011 dal GIP del Tribunale di Torino.

Avverso tale ordinanza ha proposto tempestivo reclamo il Difensore, deducendo:

  • quanto al punto sub A), che l’istanza era stata presentata in pendenza dell’originaria disciplina prevista dall’art. 4 d.l. 146/2013 e che, pertanto, non avrebbe dovuto applicarsi la sopravvenuta (e “più sfavorevole”) normativa risultante dalla legge di conversione: e ciò, anche in applicazione del principio di irretroattività della norma penale sfavorevole sancito dall’art. 25, comma 2, Cost.;

  • quanto al punto sub B), che successivamente al 25 gennaio 2011 (data dell’aggravamento della suindicata misura cautelare) la condotta del C. era stata regolare.

2. – L’impugnazione è infondata nella parte riguardante il suindicato punto sub A).

Il problema posto dal Reclamante, invero, è stato specificamente affrontato e risolto dalla Corte costituzionale, secondo cui “la norma contenuta in un «decreto legge non convertito» non ha attitudine, alla stregua del terzo e ultimo comma dell’art. 77 Cost. ad inserirsi in un fenomeno « successorio»”, qual è invece quello considerato dall’art. 25, comma 2, Cost. con specifico riferimento alla successione di leggi penali nel tempo.

Si intende, più esattamente, richiamare al riguardo Corte cost., sentenza 22 febbraio 1985 n. 51, in Giur. cost., 1985, I, 238, che ha dichiarato illegittimo per violazione dell’art. 77, 3° comma, Cost., l’art. 2, 5° comma, c. p., nella parte in cui rende applicabili le disposizioni di cui al 2° e 3° comma dello stesso articolo ai casi sia di mancata conversione, sia di conversione con emendamenti che implichino mancata conversione in parte qua del decreto legge-recante abolitio criminis ovvero norma penale più favorevole: situazione, quest’ultima, del tutto corrispondente a quella in esame.

In quell’occasione la Corte costituzionale ha così motivato:

Il comma terzo e ultimo dell’art. 77 Cost., mentre collega la mancata conversione a una vicenda di alternatività sincronica fra situazioni normative, in nessun caso considera la norma dettata con «decreto legge non convertito» come norma in vigore in un tratto di tempo quale quello anzidetto(cioè, come aveva puntualizzato precedentemente, nel tratto di tempo dalla data dell’entrata in vigore del decreto-legge “a quella dell’evento implicante mancata conversione”); “ed anzi, se interpretato sia in riferimento al suo specifico precetto (privazione, per il «decreto legge non convertito», di ogni effetto «fin dall’inizio»), sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca (inspirato – come appare anche dagli altri due commi dell’art. 77 Cost. – a maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa) vieta di considerarla tale. Indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della norma dettata con decreto legge ancora convertibile, la norma contenuta in un «decreto legge non convertito» non ha dunque attitudine, alla stregua del terzo e ultimo comma dell’art. 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno « successorio»Potrebbe prospettarsi il problema se la dichiarazione di illegittimità sia esclusa (o addirittura in limine preclusa) in relazione al principio della cosiddetta irretroattività della «norma penale sfavorevole» (con tale espressione ellittica qui viene indicata sia la norma incriminatrice che la norma penale più severa, alla quale per comune accezione il principio è esteso), riferito al risultato normativo (equiparabile a norma penale sfavorevole) derivante dalla pronuncia, tenuto anche conto che, nel caso, il risultato normativo è raggiunto tramite la rimozione di una disposizione volta a rendere operante un decreto legge recante norma penale favorevole malgrado la mancata conversione…Affermato in varie sedi e a vari livelli (art. 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino proclamata dal l’Assemblea nazionale francese il 26 agosto 1789; art. 2, comma primo, cod. pen. vigente; art. 25, comma secondo, Costituzione; art. 11, n. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948; art. 7, n. 1, p.p., della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali conclusa il 4 novembre 1950), il principio in argomento si pone come superiore principio di civiltà (della stessa civiltà nella quale la nostra Costituzione si inserisce). Quanto al suo contenuto, il principio, identificandosi o collegandosi con quello della tendenziale libertà della persona dalla riprovazione e dalla repressione penali – riservate in definitiva alla legge ordinaria, ma pur sempre soltanto a questa, e non necessariamente finalizzate all’esclusiva protezione dei valori costituzionali e degli stessi valori di civiltà – appresta alla persona stessa una garanzia di copertura dalle (mediante l’attribuzione ad essa di una posizione di indifferenza rispetto alle) vicende di inasprimento della legislazione penale considerate nei loro effetti generali. Attesa la sua particolare rilevanza, quale rivelata dalla sua posizione e dal suo contenuto, non può dunque escludersi senz’altro che il principio, oltre che rispetto a fenomeni normativi del tipo «successorio», trovi applicazione (come del resto ha ritenuto questa Corte con le pronunce sopra indicate) all’interno di (e/o in riferimento a vicende del tipo di alternatività sincronica fra situazioni normative (quali sono o cui sono collegate sia la dichiarazione di illegittimità costituzionale che la mancata conversione di un decreto legge). A meno di ritenere che, nell’ambito delle vicende del secondo tipo, vi siano ragioni per negare tale applicazione, ovvero per negarne la necessità o anche soltanto l’utilità, qualora si tratti di vicenda cui sia comunque collegata la mancata conversione di un decreto legge. Ma indipendentemente da tale ultima radicale negazione – che qui pertanto non è necessario verificare – il principio di cui si tratta, se ritenuto riferibile a una vicenda normativa del tipo considerato, troverebbe applicazione in tal caso soltanto relativamente ai fatti commessi nel vigore – anche se poi caducato – della «norma penale favorevole» contenuta in un «decreto legge non convertito» (cioè nell’orbita della vicenda di alternatività), fatti rispetto ai quali soltanto sorge, ai fini dell’applicabilità del principio stesso, il problema dell’operatività del risultato normativo in discorso, e rispetto ai quali soltanto tale risultato potrebbe equipararsi a una «norma penale sfavorevole»; non anche relativamente ai «fatti pregressi », in relazione ai quali soltanto è posta invece la presente questione di legittimità”.

Orbene!

Alla stregua di codesti principi deve così concludersi:

  • in virtù dell’art. 77, 3° comma, Cost. ed in mancanza (come nella fattispecie) della c.d. clausola di salvezza prevista dall’ultima parte della disposizione costituzionale, “i decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non convertiti entro 60 giorni dalla loro pubblicazione”;

  • conseguentemente, le disposizioni contenute nel testo originario dell’art. 4 d.l. 146/2013, ma non più “riprodotte” a seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione (l. 10/2014), non potevano essere applicate alla data della pronuncia del provvedimento impugnato perchè all’epoca era in vigore il testo dello stesso decreto-legge risultante dalla modificazioni poste in essere in sede di conversione;

  • non può essere invocato nella fattispecie l’art. 25, 2° comma, Cost. perchè codesta disposizione va posta in connessione con il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo, mentre “la norma contenuta in un «decreto legge non convertito» non ha attitudine, alla stregua del terzo e ultimo comma dell’art. 77 Cost. ad inserirsi in un fenomeno « successorio»” (Corte cost., sentenza 22 febbraio 1985 n. 51).

3. – L’impugnazione va rigettata pure per la parte relativa al suindicato punto sub B).

Irrilevante, infatti, è la circostanza che successivamente al 25 gennaio 2011 la condotta del C. è stata regolare, atteso che la grave violazione delle prescrizioni della misura degli arresti domiciliari è stata posta in essere durante il semestre de quo (compreso tra il 5 novembre 2010 ed il 5 maggio 2011) ed ha, pertanto, “inficiato” l’intero semestre di pena espiata (sino al 5 maggio 2011) e non la sola frazione del semestre stesso compresa tra la data iniziale (5 novembre 2010) e la data della violazione suddetta (25 gennaio 2011).

P.Q.M.

conferma l’impugnata ordinanza.

Torino, 17 giugno 2014

Il Presidente estensore

Dr. ****************

Vignera Giuseppe

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