Questo articolo commenta una interessante sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che affronta importanti Principi di diritto dell’Unione quali: la Libertà di prestazione dei servizi (art. 56 TFUE), la telemedicina è pienamente qualificata come servizio transfrontaliero. Gli Stati non possono ostacolarla con regimi autorizzatori nazionali. Il Principio del paese d’origine, rafforzato sia dalla direttiva 2011/24 (per la telemedicina), sia dalla direttiva 2000/31 (per i servizi digitali). La Corte lo usa per limitare la tendenza degli Stati a “territorializzare” l’assistenza. La Proporzionalità e tutela della salute, pur riconoscendo il ruolo degli Stati nell’organizzare i sistemi sanitari, la Corte chiarisce che tale ruolo non può ostacolare la telemedicina transfrontaliera. Chiarezza delle categorie giuridiche, la Corte ribadisce il principio secondo cui le eccezioni alle regole generali vanno interpretate in modo restrittivo (punto 65).
Indice
- 1. Il caso C-115/24 CGUE: la qualificazione della telemedicina
- 2. La nozione di telemedicina come concetto autonomo nel diritto dell’Unione
- 3. L’applicazione della direttiva 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera
- 4. Telemedicina e direttiva 2000/31/CE sui servizi della società dell’informazione
- 5. L’esclusione della direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali
- 6. L’art. 56 TFUE e i limiti alle normative nazionali
- 7. Politiche dell’Unione europea coinvolte
- 8. Conclusioni
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1. Il caso C-115/24 CGUE: la qualificazione della telemedicina
La sentenza in esame affronta una delle questioni più attuali nel diritto dell’Unione: la qualificazione giuridica della telemedicina e la definizione delle regole applicabili alle cure fornite a distanza.
L’avvento dei servizi sanitari digitali ha posto interrogativi sul riparto delle competenze tra Unione e Stati membri, sull’applicazione delle direttive europee e sul rapporto tra assistenza in presenza e assistenza da remoto.
Il caso C-115/24, rinviato dall’Oberster Gerichtshof austriaco, riguarda prestazioni odontoiatriche erogate da operatori stabiliti in Stati membri diversi, in forma mista: parte tramite telemedicina, parte attraverso interventi fisici sul territorio nazionale.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è dunque chiamata a chiarire:
- la portata della nozione di telemedicina;
- l’applicabilità della direttiva 2011/24/UE;
- il coordinamento con la direttiva 2000/31/CE (e-commerce);
- la distinzione tra telemedicina e mobilità professionale ai sensi della direttiva 2005/36/CE;
- i limiti che l’art. 56 TFUE impone alle normative nazionali in materia sanitaria.
2. La nozione di telemedicina come concetto autonomo nel diritto dell’Unione
2.1. Interpretazione autonoma e criteri definitori
La Corte di Giustizia afferma che il termine telemedicina costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione, da interpretarsi secondo il significato comune e gli obiettivi delle normative europee coinvolte.
In particolare, la telemedicina viene definita come:
- una prestazione sanitaria erogata a distanza,
- mediante tecnologie dell’informazione e comunicazione,
- senza presenza fisica simultanea di prestatore e paziente.
Tale definizione consente alla Corte di individuare una categoria giuridica distinta, non riducibile né alle prestazioni sanitarie tradizionali né ai servizi digitali puri.
2.2. La distinzione tra prestazione digitale e prestazione fisica
Un passaggio centrale della sentenza è la netta separazione tra:
- prestazione digitale, disciplinata dal diritto dell’Unione,
- prestazione fisica, soggetta alla normativa dello Stato membro in cui avviene materialmente.
Il criterio dirimente è la simultanea presenza fisica del prestatore.
Se essa manca, la prestazione appartiene alla sfera della telemedicina e deve essere trattata secondo il diritto UE.
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3. L’applicazione della direttiva 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera
3.1. Ambito generale e portata dell’art. 3, lett. d)
La Corte di Giustizia chiarisce che la direttiva 2011/24/UE non si applica soltanto ai rimborsi delle cure transfrontaliere, ma disciplina l’intero quadro dei diritti del paziente, inclusi qualità, sicurezza, responsabilità e cooperazione tra Stati.
L’art. 3, lett. d), stabilisce che una prestazione è “transfrontaliera” quando il prestatore è stabilito in uno Stato membro diverso da quello del paziente.
La Corte ribadisce che questo vale anche — e soprattutto — per la telemedicina.
3.2. Il luogo di erogazione delle cure digitali
La Corte afferma un principio fondamentale:
la telemedicina si considera prestata nello Stato in cui è stabilito il prestatore.
Ne consegue che gli Stati membri non possono imporre ai prestatori esteri requisiti aggiuntivi o regimi autorizzatori nazionali.
4. Telemedicina e direttiva 2000/31/CE sui servizi della società dell’informazione
4.1. Il coordinamento tra diritto sanitario e diritto del digitale
La Corte di Giustizia riconosce che la telemedicina rientra anche nella categoria dei servizi della società dell’informazione, con la conseguenza che la direttiva e-commerce si applica parallelamente alla direttiva 2011/24.
4.2. Il principio del paese d’origine
La direttiva 2000/31/CE sancisce il principio secondo cui i servizi digitali devono rispettare la normativa dello Stato in cui il prestatore è stabilito.
La Corte conferma che questo principio vale anche per la componente digitale delle prestazioni sanitarie.
Ne deriva una tutela rafforzata dell’unità del mercato interno digitale, che limita il potere degli Stati membri di introdurre restrizioni alle prestazioni provenienti dall’estero.
5. L’esclusione della direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali
5.1. Il criterio dello spostamento fisico del prestatore
La Corte di Giustizia esclude l’applicazione della direttiva sulle qualifiche professionali alla telemedicina. Il motivo è semplice: la direttiva 2005/36 riguarda la mobilità fisica del professionista, elemento assente nel caso della telemedicina.
5.2. Trattamento differenziato delle attività svolte in presenza
La direttiva torna applicabile solo per le prestazioni mediche in presenza svolte sul territorio dello Stato membro di destinazione.
Questo comporta una distinzione netta tra:
- attività digitali → disciplina UE;
- attività materiali → disciplina nazionale.
6. L’art. 56 TFUE e i limiti alle normative nazionali
6.1. Telemedicina come libertà fondamentale
La Corte di Giustizia qualifica la telemedicina come libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 56 TFUE.
Ciò implica che gli Stati possono limitarla solo in presenza di:
- motivi imperativi di interesse generale (es. salute pubblica),
- misure proporzionate,
- necessità effettiva.
6.2. La normativa nazionale austriaca come restrizione ingiustificata
Nel caso esaminato, la normativa austriaca che richiedeva esercizio “diretto e personale” dell’attività sanitaria è ritenuta inapplicabile alla parte telematica del trattamento, poiché costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi.
7. Politiche dell’Unione europea coinvolte
7.1. Strategia europea per la sanità digitale (eHealth)
La sentenza si inserisce nel quadro delle politiche UE volte a:
- promuovere la telemedicina,
- favorire l’interoperabilità dei sistemi informatici sanitari,
- sviluppare lo European Health Data Space,
- potenziare l’accesso alle cure per i pazienti.
7.2. Mercato unico digitale
La Corte di Giustizia contribuisce all’obiettivo di:
- uniformare le condizioni di accesso al mercato,
- ridurre ostacoli normativi tra Stati membri,
- favorire la crescita di servizi sanitari online transfrontalieri.
7.3. Mobilità dei pazienti e qualità delle cure
La direttiva 2011/24 tutela il paziente non solo nei rimborsi ma anche nella qualità e sicurezza delle cure.
La sentenza amplia l’ambito di applicazione di questa protezione, includendo le cure a distanza.
8. Conclusioni
La sentenza C-115/24 rappresenta un passo significativo nella costruzione di uno spazio europeo della salute digitale.
La Corte di Giustizia:
- definisce la telemedicina come categoria autonoma;
- ne attribuisce la disciplina primaria al diritto dell’Unione;
- assicura coerenza tra direttiva sanitaria e direttiva digitale;
- limita la possibilità per gli Stati di introdurre regimi nazionali restrittivi;
- traccia un confine chiaro tra interventi digitali ed interventi fisici.
Il risultato complessivo è un accrescimento dell’integrazione europea in campo sanitario e un ampliamento dei diritti dei pazienti e dei professionisti nell’ambito del mercato unico.
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