Telemedicina: Cassazione e D.M. Salute 21 settembre 2022

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Il Decreto del Ministro della Salute 21 settembre 2022 riporta l’approvazione delle “Linee guida per i servizi di telemedicina – Requisiti funzionali e livelli di servizio”, dettagliate all’Allegato A.

Indice

1. L’intervento normativo in materia di telemedicina

Lo scopo dichiarato nell’art. 1 c. 2 del detto decreto è di fissare “i requisiti tecnici indispensabili per garantire l’omogeneità a livello nazionale… dei servizi di telemedicina”.
Intende in questo modo realizzare la Missione 6 prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza orientata a obliterare le disparità nel concreto dei trattamenti sanitari tra le diverse aree del Paese, in modo particolare fa riferimento all’intervento 1.2 “Casa come primo luogo di cura e telemedicina” e al sub investimento 1.2.3 “Telemedicina per un migliore supporto ai pazienti cronici”.
Le linee guida, come dichiarano nella premessa, “hanno l’obiettivo di supportare dal punto di vista tecnico le regioni e le province autonome per la definizione e composizione delle inziative progettuali sui serivizi di telemedicina afferenti al PNRR Missione 6 Componente 1, subcodifica 1.2.3.2 del sub investimento 1.2.3.”

2. La telemedicina nelle linee guida ministeriali

Le linee guida dichiarano di pensare la telemedicina come una forma di assistenza domestica da remoto, allorchè, quale primo requisito funzionale, indicano che, onde potere fuire dei serivizi di telemedicina, l’assistito non solo deve trovarsi in una situazione clinica compatibile con tali servizi ma  (direttamente o tramite un caregiver) deve possedere un livello tecnologico e culturale adeguato, in particolare la “digital literacy”.
L’allegato ribadisce tale orientamento a una assistenza domestica continuativa individuando i servizi minimi che le infratrutture regionali di telemedicina dovranno allestire e erogare: televisita, teleconsulenza, telemonitoraggio, teleassistenza. Lo ribadisce inoltre con l’indicazione tassativa per cui l’infratruttura regionale di telemedicina deve essere tale da consentire l’erogazione di tali servizi tutti i giorni nell’arco delle 24 ore.

3. Le difficoltà inevitabili

L’allegato si dimostra, opportunamente, consapevole di come il livello usuale di “digital literacy” non preveda conoscenze e competenze tali da permettere di utilizzare i servizi di telemedicina e di come si rendano pertanto necessari percorsi di formazione da rivolgere ai pazienti fruitori del servizio o ai loro caregivers.
L’allegato non riesce nemmeno a nascondersi come la fruizione in locale e da remoto da parte del paziente (eventualmente coadiuvato dal caregiver) dei servizi di telemedicina possa risultare onerosa e complessa; in modo particolare per quanto attiene nell’ambito del telemonitoraggio al rilevamento di parametri clinici mediante tecnologie biomediche.

4. La telemedicina: non solo per uso domestico

La logica e il buon senso dicono che tali difficoltà tecniche potrebbero essere superate in modo molto agevole se la telemedicina non venisse pensata (come invece sceglie di fare il decreto ministeriale in questione) solo nella prospettiva dell’accesso da remoto, effettuato dall’abitazione privata del paziente; ma anche nella prospettiva di una rete di strutture capillarmente disperse sul territorio, cui il paziente possa fare riferimento recandovisi se in grado di farlo o contando sul loro intervento a domicilio; strutture dotate dei dispositivi adeguati e del personale competente.
Questa prospettiva risulta del tutto esclusa dal decreto in oggetto. Tale esclusione potrebbe essere dovuta a una scelta di politica sanitaria, forse dettata dalle indicazioni fornite dalle stesse sezioni rilevanti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; scelta che consiste nel pensare la telemedicina come uno strumento atto a eliminare qualsiasi intermediazione, tranne quelle strumentali, tra il paziente collocato nel suo domicilio e i professionisti che lo assistono.

5. La telemedicina Vs. un ordinamento ottocentesco

Potrebbe essere dovuta anche a una consapevolezza in merito all’ambiguità che caratterizzerebbe necessariamente tali strutture locali di supporto alla telemedicina secondo il nostro ordinamento.
Appare allora necessario fare un salto indietro, di quasi un secolo nel tempo e ancora più lungo nell’evoluzione dell’assistenza sanitaria e del relativo regime giuridico. Al regio decreto n. 1265 del 1934, tuttora base del TULS, che all’art. 193 dispone che nessuno possa aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico chirurgica, di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi a scopo di accertamento diagnostico, senza averne la qualificazione e senza la speciale autorizzazione (del Prefetto nella versione originaria, della Regione nella versione attuale); prevedendo la violazione di tale disposto come reato
La norma trova chiaramente origine in un mondo che sapeva ancora di Ottocento, di medici ciarlatani; aveva senso eccome in questo mondo arcaico che ancora caratterizzava tanti contesti sociali e culturali italiani.

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6. La giurisprudenza oltre i ritardi della normativa

Certo la norma in questione è tuttora vigente nella sua letteralità.
Va però letta secondo una prospettiva non banalmente letteralistica ma orientata al realismo, per comprendere che la norma non consiste nel testo normativo ma in come questo viene letto e realizzato nella giurisprudenza e in particolare nella giurisprudenza della corte di ultimo grado.
La Corte di Cassazione ha chiarito che la fattispecie di reato previsto e punito dall’art. 193 TULS è integrata da strutture che erogano prestazioni tipicamente sanitarie quali, a titolo esemplificativo, la somministrazione di terapie farmacologiche (Sez. III pen., sentenza 12 gennaio 2012, n. 883), o di prestazioni di medicina estetica e dermatologica (Sez. III pen., 5 giugno 2007, n. 21806) o di odontoiatria (Sez. III pen., sentenza 12 giugno 2007, n. 22875).
Rileva cioè, nella giurisprudenza della Suprema Corte, che all’interno della struttura vengano compiuti atti e prestazioni di rilevanza medica, per quanto non necessariamente a contenuto terapeutico.  Tra tali atti rientra con ogni evidenza anche la diagnosi formulata a partire da elementi e dati forniti da rilevazioni strumentali (Sez. III pen., sentenza 25 maggio 2007, n. 20474). Al contrario, non rientra la semplice rilevazione di tali dati strumentali, ancorché effettuata ovviamente a fini di anamnesi, anche qualora non sia il paziente a effettuarla ma sia coadiuvato da  altri, dipendenti dalla struttura (Sez. III pen., sentenza 5 febbraio 1998, n. 1345).

7. La telemedicina nella giurisprudenza di cassazione

Una più recente sentenza (Sez. III pen., 20 giugno 2019, n. 38485) ha consolidato e sistematizzato tale orientamento disteso nel corso di un quarto di secolo.
Si è trovata a considerare il caso legato a una struttura ove il paziente veniva sottoposto, mediante l’intervento di infermieri qualificati, a accertamenti clinici i cui risultati venivano trasmessi, grazie a un sistema informatico, a uno studio medico specialistico ove veniva formulata la diagnosi e la terapia in un referto consegnato quindi al paziente stesso.
L’autorità giudiziaria, ritenendo che tali attività integrassero la fattispecie di reato previsto e punito dall’art. 193 TULS, mancando la struttura in questione dell’autorizzazione regionale, aveva proceduto di conseguenza.
Il Tribunale del Riesame aveva rigettato il ricorso della legale rappresentante della struttura in             questione, ritenendo che l’erogazione dei servizi di telemedicina integrasse la prestazione sanitaria, nonostante la struttura decentralizzata, presso cui il paziente doveva recarsi, fosse diversa e distante dalla struttura sanitaria vera e propria ove concretamente avveniva la prestazione sanitaria; e questo perché era la struttura decentralizzata a presentarsi ai potenziali pazienti.
Il ricorso per cassazione da parte della legale rappresentante della struttura poneva l’accento sul fatto che presso di essa non veniva erogata alcuna prestazione sanitaria ma una mera acquisizione di dati, che il paziente avrebbe potuto anche effettuare da solo con strumenti di autodiagnosi; e che, utilizzando le possibilità della telemedicina, l’elaborazione dei dati e quindi la prestazione sanitaria veniva effettuata da altra struttura.

8. La telemedicina: una novità essenziale

Appare evidente, e così è apparso anche agli ermellini, che il giudice del riesame e la difesa della struttura divergono quanto all’apprezzamento della telemedicina fin nella sua essenza e di conseguenza nelle possibilità che apre.
Il giudice del riesame oblitera la novità essenziale della telemedicina, assimilandola alla medicina tradizionale. La difesa, nel ricorso per cassazione, pone invece l’accento su questa dimensione essenziale di novità che differenzia in radice la prestazione di telemedicina dalle prestazioni sanitarie in presenza.
La Suprema Corte condivide senza dubbio la posizione che valorizza il carattere innovativo della telemedicina. Accoglie il ricorso presentato dalla struttura inscrivendo questa decisione nel solco di un orientamento già evidente da decenni.
Proprio tale orientamento consolidato permette di apprezzare in pieno la novità della telemedicina, che si concretizza nel fatto per cui il professionista può operare a distanza dal paziente grazie agli strumenti informatici; l’essenza della telemedicina sta nel rendere possibile l’atto medico tra assenti.
Allo stesso tempo la Suprema Corte si dimostra, seppure implicitamente, consapevole delle difficoltà tecniche che la telemedicina può presentare dal punto di vista del singolo paziente.
Afferma allora che la raccolta dei dati utili ai fini di una anamnesi e quindi di una diagnosi non è e non deve venire pensata come una prestazione sanitaria. Apprezza che il paziente stesso potrebbe bene eseguire tale raccolta in prima persona e autonomamente, ma apprezza anche che questo potrebbe rappresentare, per molti se non forse per tutti, difficoltà tecniche tali da sconsigliare il ricorso a siffatti strumenti. Si rende pertanto non necessario ma senza dubbio opportuno il ricorso all’aiuto da parte di personale specializzato, ma tale intervento non si configura in alcun modo quale prestazione sanitaria o atto medico. 

9. Il D.M: 21 settembre 2022: una occasione mancata

L’Allegato A, parte integrante del D. Min. Salute del 21 settembre 2022, rappresenta il primo vero intervento normativo dedicato all’ambito tematico della telemedicina in Italia.
Sarebbe stato significativo se avesse sposato quella comprensione dell’essenza stessa della telemedicina elaborata dalla giurisprudenza di cassazione e da questa consolidata solo tre anni prima. Lo avrebbe potuto fare non rinchiudendo la dimensione da remoto dell’atto medico entro la sfera esistenziale del singolo paziente: il suo domicilio, le sue competenze, con l’unico possibile intervento del caregiver (non configurabile certo come qualcosa di esterno rispetto al paziente).
Al contrario, avrebbe potuto prendere in considerazione come la raccolta di dati anamnestici, in cui consiste la parte dell’atto medico complesso di telemedicina che deve svolgersi presso il paziente, potesse coinvolgere personale competente e eventualmente strutture decentralizzate.
In questo modo sarebbe anche stato più facile realizzare lo scopo contenuto nella Missione 6 del PNRR, perché la presenza di strutture molto agili e disperse sul territorio può essere un modo molto efficace per superare le disparità nei trattamenti sanitari.

Professore Mario Conetti

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