Sequestro probatorio di denaro: solo se necessario all’accertamento dei fatti

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12470 del 12 marzo 2024, ha chiarito che il sequestro probatorio di somme di denaro può essere disposto solo se necessario all’accertamento dei fatti per cui si procede.

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Corte di Cassazione – Sez. IV Pen. – Sent. n. 12470 del 12/03/2024

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Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Trani, nel ruolo di Tribunale del riesame ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha confermato il decreto di convalida della perquisizione e del contestuale sequestro probatorio respingendo la richiesta di restituzione dei beni in sequestro avanzata nell’interesse dell’indagato.
Al momento delle perquisizioni (personali e locali) gli operanti hanno rinvenuto sostanze stupefacenti di diverso tipo (ketamina, cocaina, eroina, marijuana, hashish, ecstasy) e materiale atto al confezionamento di singole dosi, oltre ad una vetrina posta nelle adiacenze dell’armadio ove era custodita la somma contante di € 14.395 suddivisa in banconote di vario taglio. È stata perquisita anche l’auto dell’indagato nella quale è stata rinvenuta una chiave del box già perquisito.
Al termine delle operazioni, la macchina, il materiale e il denaro rinvenuti sono stati sottoposti a sequestro unitamente a telefono cellulare del quale l’indagato aveva disponibilità, convalidato poi dal Pubblico ministero sostenendo che i beni in sequestro costituiscono corpo del reato o cose pertinenti al reato e che il vincolo cautelare reale deve essere mantenuto a fini di prova.
È stato proposto ricorso avverso tale decreto, sostenendo che la motivazione sarebbe solo apparente sia con riferimento alla somma di denaro che con riferimento all’autovettura e osservando che non v’è alcun nesso pertinenziale tra il reato ascritto all’indagato, la somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità e il possesso dell’auto. A sostegno di ciò, la difesa ha documentato che l’indagato svolge regolare attività lavorativa e percepisce uno stipendio mensile di 1.300 euro.
Il Tribunale di Trani, tuttavia, ha rigettato il ricorso ritenendo che l’ufficio requirente abbia assolto l’onere di indicare le ragioni per le quali il mantenimento del sequestro è funzionale all’accertamento dei fatti e che la motivazione fornita dal Pubblico ministero sia congrua anche con riferimento alla necessità di svolgere ulteriori indagini al fine di accertare “la provenienza delle cose in sequestro e scongiurarne il pericolo di dispersione, modificazione o manomissione“.

2. Il ricorso in Cassazione

Avverso il provvedimento del Tribunale di Trani, l’indagato ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo, la difesa del ricorrente lamenta la violazione dell’art. 253 cod. proc. pen.: il difensore sottolinea che la necessità di mantenere il sequestro sulla somma rinvenuta è stata affermata sull’assunto che la stessa costituirebbe il profitto dell’attività di spaccio e tale motivazione rende evidente che lo strumento del sequestro probatorio è stato utilizzato illegittimamente. Ad avviso della difesa, non sarebbero state spiegate le ragioni per le quali il mantenimento del vincolo sul denaro sarebbe necessario a fini di prova e si è argomentato sulla ritenuta sproporzione tra i redditi percepiti dall’indagato e le somme rinvenute nella sua disponibilità: un dato che, viene sottolineato, non può giustificare un sequestro probatorio, ma può rilevare soltanto ai fini dell’eventuale applicazione dell’art. 240-bis cod. pen.
Si osserva che all’indagato è stata contestata la detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente rinvenuta; che il denaro non può essere considerato profitto della detenzione di stupefacenti ancorché finalizzata alla cessione a terzi; che, pertanto, non v’è nesso di pertinenzialità tra la somma sequestrata e il reato per cui si procede.
Inoltre, per ciò che concerne il sequestro dell’auto, la difesa rileva che la tesi secondo la quale il veicolo sarebbe stato utilizzato per il trasporto dello stupefacente è stata sostenuta, con argomentazione illogica e apodittica, sol perché in quella macchina vi erano le chiavi del box nel quale era custodita la sostanza stupefacente.
Col secondo motivo, invece, la difesa deduce vizi di motivazione relativamente all’omissione dell’esame della documentazione reddituale prodotta.
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3. Sequestro probatorio di denaro: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, sostiene che il primo motivo sia infondato nella parte in cui sostiene che il Tribunale non avrebbe spiegato le ragioni per le quali l’autovettura e il denaro contante sono stati qualificati come corpo del reato o cose pertinenti ad esso.
Ricorda la Corte che “il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova e può essere eseguito quando sussiste il fumus della commissione di un reato inteso nella sua accezione materiale senza che sia necessaria la sussistenza di gravi indizi della responsabilità dell’indagato. Tale mezzo di ricerca della prova è ritualmente disposto, purché sia ragionevolmente presumibile o probabile (anche sulla base di argomenti di carattere logico), la commissione di un reato“.
In sede di riesame, il tribunale è chiamato a verificare la sussitenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto.
Muovendo da tali premesse, la Corte afferma che “la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio è meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per Cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al fumus del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto“.
Applicando tali principi al caso in esame, viene osservato che il Tribunale ha fornito congrua motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sia con riferimento alla detenzione a fini di spaccio che con riferimento ad una attività di spaccio pregressa (ingente quantitativo di sostanza stupefacente, rinvenimento di strumenti idonei a frazionare la sostanza, somma di denaro non compatibile con lo stipendio netto dell’indagato).
Per ciò che concerne il sequestro dell’auto, la Corte osserva che questo è giustificato dalla constatazione che nell’autovettura erano custodite le chiavi del box al cui interno è stato rinvenuto lo stupefacente, dando adito all’ipotesi investigativa secondo cui l’auto è stata utilizzata per commettere il reato.
Il Tribunale ha, dunque, ritenuto sussistente il fumus di un’attività di spaccio protrattasi nel tempo e ha ritenuto che il denaro contante rinvenuto nella disponibilità dell’indagato possa costituire il profitto di tale attività. Da tale argomentazione discende che il denaro di cui si tratta è stato considerato “corpo del reato” ma tale argomentazione, ad avviso della Suprema Corte, non è sufficiente a giustificare un sequestro probatorio.
Secondo un consolidato orientamento, infatti, “il denaro costituente corpo del reato può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione, non solo della sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto“. Per questa parte, la motivazione del provvedimento impugnato è mancante.

4. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione afferma che l’ordinanza impugnata non abbia spiegato per quale ragione, al fine di verificare la provenienza del denaro sequestrato e accertare come si siano svolti i fatti per cui si procede, sarebbe necessario mantenere in sequestro probatorio le banconote che sono state sequestrate.
Infatti, ribadisce la Corte, “il sequestro probatorio assolve ad una specifica esigenza di accertamento dei fatti e non può essere piegato alla soddisfazione di esigenze di natura diversa, quale quelle di natura socialpreventiva e di mantenimento della res a fini di confisca: esigenze a tutela delle quali il codice di rito ha previsto lo strumento cautelare reale del sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen.“.
Per tali motivi, la Suprema Corte annulla limitatamente al sequestro del denaro l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trani, rigettando nel resto il ricorso per i motivi sopraesposti.

Riccardo Polito

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