Concorso in detenzione e spaccio o associazione per traffico di stupefacenti: differenze

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Il concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti e l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti: differenze e distinzioni. Per approfondire tutti i temi legati agli stupefacenti, consigliamo il volume La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 7013 del 13-12-2023

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Indice

1. La questione: detenzione e spaccio o associazione per traffico di stupefacenti


Il Tribunale del riesame di Catanzaro respingeva una richiesta di riesame presentata nei confronti di un’ordinanza genetica emessa dal Gip con la quale era stata applicata all’indagato la custodia cautelare in carcere in relazione all’addebito provvisorio di cui all’art. 74, commi 1, 2, 3, del d.P.R. n. 309 del 1990 [capo 93] e a diversi reati fine.
Ciò posto, avverso questo provvedimento la difesa proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra i motivi ivi addotti, uno attinente alla ritenuta insufficienza della piattaforma indiziaria in merito all’addebito associativo. Per approfondire tutti i temi legati agli stupefacenti, consigliamo il volume La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

FORMATO CARTACEO

La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

Forte della consolidata esperienza degli Autori, l’opera si pone quale strumento utile al Professionista per affrontare la trattazione dei reati in materia di stupefacenti, nell’ambito dell’aula giudiziaria.Aggiornato alla recente giurisprudenza, il volume costituisce una vera e propria guida, privilegiando l’analisi degli aspetti operativi e processuali e fornendo una rassegna giurisprudenziale al termine di ogni singolo capitolo.L’opera si completa di un dettagliato indice analitico che permette un’agevole consultazione, realizzando il diretto richiamo a tutte le singole questioni trattate.Il volume include una rassegna giurisprudenziale al termine di ciascun capitolo.Santi BolognaMagistrato ordinario con funzioni di giudice distrettuale per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta, già Giudice del dibattimento presso la Prima sezione penale del Tribunale di Caltanissetta. Docente, ad incarico, nella materia del Diritto penale presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali costituita dall’Università degli studi di Enna Kore, negli anni accademici 2017-2021. Ha curato la redazione dei Capp. I, III, V.Alessandro BoscoMagistrato ordinario in tirocinio presso il Tribunale di Roma, già abilitato all’esercizio della professione forense. Dottore di ricerca in Diritto pubblico presso l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata», Cultore della materia presso l’Università LUISS «Guido Carli» di Roma e l’Università degli studi di Roma «Tor Vergata». Ha curato la redazione dei Capp. XI, XII, XIII.Alfredo SpitaleriMagistrato dal 2017, è Giudice del Tribunale di Siracusa dove ha svolto fino al 2020 le funzioni di Giudice del dibattimento penale. Si è occupato di numerosi e rilevanti procedimenti in materia di Criminalità organizzata, stupefacenti e reati contro la persona. Attualmente svolge le funzioni di Giudice civile presso lo stesso Tribunale. Ha curato la redazione dei Capp. II, IV, VI, VII, VIII, IX, X.

Santi Bologna, Alessandro Bosco, Alfredo Spitaleri | Maggioli Editore 2021

2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato in quanto, da un lato, (Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018) l’«elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso. (In motivazione, la Corte ha precisato che il reato associativo richiede la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione dei delitti ed il contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello scopo, poiché, solo nel momento in cui diviene operativa e permanente la struttura organizzativa, si realizza la situazione antigiuridica che giustifica le gravi sanzioni previste per tale fattispecie)», dall’altro, «in tema di associazione per delinquere, l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso. (Fattispecie di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nella quale la S.C. ha escluso che il rapporto di fratellanza fra i componenti del sodalizio rilevasse per l’esclusione del vincolo associativo ovvero per la sussistenza della attenuante ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990)» (Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016).

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse specialmente nella parte in cui è chiarito in cosa il concorso di persone di reato in materia di stupefacenti si distingue dall’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un precedente orientamento nomofilattico, che l’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma anche nell’esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso.
Questo provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare quali di queste condotte devianti sia effettivamente configurabile nel caso di specie.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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