L’estinzione del reato e della pena non determina l’estinzione delle obbligazioni civili che derivano dal reato anche l’ipotesi della morte dell’imputato avvenuta prima della condanna

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimenti normativi: Cod. pen., artt. 150,198)

Il fatto

La Corte di Appello di Venezia aveva riformato la decisione emessa dal Tribunale di Vicenza appellata dagli imputati entrambi per le contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 103, art. 137, commi 5, prima parte ed art. 11, dichiarando non doversi procedere nei confronti del primo per morte dell’imputato e del secondo per essere i reati a lei ascritti estinti per prescrizione e revocando le statuizioni civili avendo il giudice di primo grado condannato uno solo degli imputati al risarcimento del danno in favore della parte civile in persona del legale rappresentante pro-tempore.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso tale pronuncia la predetta associazione proponeva ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 198 c.p. lamentando che la Corte di Appello avrebbe, nell’accettare il decesso dell’imputato, erroneamente ritenuto che ciò comportasse anche la cessazione del rapporto civile con conseguente revoca delle statuizioni civili nonostante la menzionata disposizione codicistica stabilisce che l’estinzione del reato o della pena non comporta l’estinzione delle obbligazioni civili derivanti da reato.

Pertanto, per tali ragioni, si insisteva per l’annullamento della sentenza impugnata nella sola parte in cui revocava le statuizioni civili.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

Veniva prima di tutto precisato che, all’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale, pur affermando la penale responsabilità di entrambi gli imputati in relazione ai reati loro ascritti, aveva condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile liquidato in via equitativa ed alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile uno solo tra gli imputati e ciò in accoglimento delle richieste conclusive della medesima parte civile riferite esclusivamente a detto imputato.

Di tale circostanza veniva dato atto nella sentenza di secondo grado facendo altresì rilevare come, in assenza di appello avverso tale decisione, la Corte territoriale fosse impossibilitata a procedere alla liquidazione dei danni nei confronti del coimputato.

I giudici del gravame, dunque, preso atto del decesso di questo imputato, dichiaravano, quale ulteriore conseguenza, la cessazione del rapporto civile revocando le statuizioni civili.

Premesso ciò, gli Ermellini rilevavano altresì come le conclusioni cui era pervenuta la Corte di appello, censurate dall’associazione ricorrente, fossero corrette posto che, da un lato, l’art. 198 c.p., richiamato dalla ricorrente, stabilisce che l’estinzione del reato e della pena non determina l’estinzione delle obbligazioni civili che derivano dal reato tenendo evidentemente conto, come osservato in dottrina, delle diverse esigenze, valutazioni dell’ordinamento e conseguenze che caratterizzano, differenziandoli, i due illeciti, dall’altro, l’ambito di operatività della disposizione in esame comprende, ovviamente, anche l’ipotesi della morte dell’imputato avvenuta prima della condanna cui consegue, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 150 c.p., l’estinzione del reato.

Oltre a ciò, veniva però rilevato che quanto appena esposto non implica anche la permanenza del rapporto processuale civile inserito nel processo penale sicché le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate ex lege e non richiedono una apposita dichiarazione da parte del giudice penale (la quale, peraltro, nel caso di specie vi è stata) pur restando ferma la possibilità, per i soggetti danneggiati dal reato, di rinnovare le eventuali pretese restitutorie e risarcitorie dinanzi al giudice civile nei confronti degli eredi dell’imputato deceduto prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna come postulato ripetutamente dalla stessa Corte di Cassazione  (Sez. 3, n. 47894 del 23/3/2017; Sez. 3, n. 5870 del 2/12/201; Sez. 2, n. 11073 del 17/2/2009; Sez. 4, n. 49457 del 8/1/2003; Sez. 4, n. 58 del 8/11/2000), con argomentazioni condivise anche in questa pronuncia.

Veniva conseguentemente riaffermato il principio secondo cui la morte dell’imputato sopravvenuta alla sentenza di condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, non ancora divenuta irrevocabile, determina la caducazione delle statuizioni civili e ne impedisce la conferma nel successivo grado del giudizio.

Si legga anche:”Condotte riparatorie ed estinzione del reato”

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa viene asserito che la morte dell’imputato sopravvenuta alla sentenza di condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, non ancora divenuta irrevocabile, determina la caducazione delle statuizioni civili e ne impedisce la conferma nel successivo grado del giudizio.

La Suprema Corte, in particolare, è addivenuta a formulare questo principio di diritto sulla base di una duplice considerazione ossia: 1) l’art. 198 c.p. stabilisce che l’estinzione del reato e della pena non determina l’estinzione delle obbligazioni civili che derivano dal reato tenendo evidentemente conto delle diverse esigenze, valutazioni dell’ordinamento e conseguenze che caratterizzano, differenziandoli, i due illeciti; 2) l’ambito di operatività di questa disposizione codicistica ricomprende anche l’ipotesi della morte dell’imputato avvenuta prima della condanna cui consegue, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 150 c.p., l’estinzione del reato.

Ad ogni modo, ove si verifichi una situazione di questo genere, ciò non preclude la possibilità della parte civile di poter comunque agire per ottenere il ristoro del danno patito per effetto del reato commesso ai suoi danni dato che, come trapela da questa sentenza, così come in altre pronunce emesse sempre dalla Cassazione, resta ferma la possibilità, per i soggetti danneggiati dal reato, di rinnovare le eventuali pretese restitutorie e risarcitorie dinanzi al giudice civile nei confronti degli eredi dell’imputato deceduto prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa piena chiarezza su tali tematiche processuali, dunque, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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