Obbligo dei sanitari di sottoporsi al vaccino anti Covid 19, come esigenza collettiva

Redazione 03/12/21
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Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6401 del 02 dicembre 2021 ha stabilito che:” In sede di comparazione tra l’interesse del personale sanitario a non vaccinarsi – malgrado l’imponente quantità di studi scientifici che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid 19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto – e la esigenza essenziale di protezione della salute collettiva, occorre dare prevalenza a quest’ultima, atteso che la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancora più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate”– tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio dell’attività professionale entri in diretto contatto “.

Difatti secondo il Consiglio di stato è legittimo l’obbligo vaccinale contro il virus Sars- CoV-2 per il personale sanitario, così come previsto per il personale sanitario dall’art. 4, d.l. n. 44 del 2021 (vedi la pronuncia in merito).

Comparazione tra l’interesse del sanitario no-vax e l’esigenza essenziale di protezione della salute collettiva

Considerato, quanto al fumus boni juris, che gli argomenti posti a base del decreto presidenziale appellato appaiono in linea con i criteri che il Consiglio di Stato ha indicato per valutare il bilanciamento tra la pretesa del personale sanitario a non vaccinarsi – malgrado l’imponente quantità di studi scientifici che indicano la netta prevalenza del beneficio vaccinale anti Covid 19 per il singolo e per la riduzione progressiva della pandemia ancora gravemente in atto – e la esigenza essenziale di protezione della salute collettiva.

Rilevato, ancora una volta da parte del Consiglio di Stato, che la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate”- tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio della attività professionale entri in diretto contatto.

E’ stato stabilito che soltanto la massiva vaccinazione anche e anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti; quanto ora sottolineato, anche sotto il profilo del danno irreparabile, indica che, semmai, esso sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall’operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione.

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