Sanzionato il legale che offende il giudice, anche se interviene la remissione della querela

Redazione 09/01/12
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Biancamaria Consales

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, a seguito della ricezione del verbale trasmessogli dal giudice dell’udienza dibattimentale, procedeva disciplinarmente a carico di un avvocato per la violazione degli artt. 12 e 38 del R.D.L. 1578/1933, per avere, quale difensore di parte civile in un procedimento penale, pronunziato espressioni ingiuriose, non pertinenti né finalizzate alla difesa, nei confronti di due magistrati, il P.M., titolare delle indagini preliminari ed il Giudice del Lavoro, che si era occupato in diversa sede e sotto altro profilo della stessa vicenda. Le espressioni utilizzate avevano indubbiamente un contenuto improprio ed inconferente nonostante i ripetuti solleciti del Giudice del dibattimento e del Pubblico Ministero in udienza.

Pertanto, al legale incolpato, pur deducendo di aver accettato la remissione della querela già sporta contro di lui dal Giudice del lavoro, veniva irrogata la sanzione della censura. Successivamente il Consiglio Nazionale Forense applicò la minore sanzione dell’avvertimento, osservando che le intervenute remissioni delle querele da parte di entrambi i magistrati offesi, comportassero un ridimensionamento della gravità dell’addebito, almeno sotto il profilo psicologico.

Con sentenza del 30 dicembre 2011, n. 30170, le Sezioni Unite della Corte di cassazione, cui l’avvocato “sanzionato” si è rivolto, hanno affermato che i rapporti tra difesa ed accusa, per quanto conflittuali e antitetici, devono comunque essere improntati nel rispetto e nella reciproca correttezza. Le offese pronunciate dall’avvocato risultano contrarie alla dignità ed al decoro professionale. Risulta, poi, infondata l’altra eccezione avanzata dal professionista secondo cui non risulterebbe provato lo sconcerto dei presenti in aula dovuto al battibecco: ma “lo strepitus fori – affermano gli Ermellini – non costituisce un requisito per l’irrogazione della sanzione disciplinare, né circostanza integrante alcun elemento dell’illecito deontologico, ma piuttosto può costituire una aggravante della incresciosa condotta”.

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