Attenuazione del rigore probatorio a carico dell’attore nel giudizio di rivendicazione di un immobile: è possibile? Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione: Manuale delle locazioni commerciali e abitative.
riferimenti normativi: art. 948 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 1925 del 04/03/1997
Indice
1. La vicenda: rivendicazione di un immobile locato sine titulo
A rivolgersi al Tribunale è la comproprietaria, insieme alla madre, di un immobile (composto da una tavernetta al piano seminterrato, due appartamenti al primo e secondo piano e un giardino), già di proprietà del defunto padre. Quest’ultimo, prima di morire, aveva concesso a due persone l’uso temporaneo dell’appartamento del secondo piano. Successivamente i due occupanti si erano rifiutati di stipulare un regolare contratto di locazione e di rilasciare l’immobile, prendendo possesso anche del giardino.
Di conseguenza l’attrice si era rivolta al Tribunale per sentir dichiarare la detenzione “sine titulo” e, comunque, abusiva degli immobili sopra indicati degli occupanti, con conseguente ordine ai resistenti di rilasciare l’appartamento ed il giardino libero da persone e cose. Gli occupanti eccepivano, tra l’altro, la carenza di legittimazione attiva dell’attrice per mancanza della prova della sua qualità di erede e dell’acquisto della proprietà dell’immobile sopra detto. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale offre il quadro complessivo della normativa vigente in materia dei diversi tipi di locazione: Manuale delle locazioni commerciali e abitative.
Manuale delle locazioni commerciali e abitative
Il Manuale offre un quadro complessivo in materia di locazioni abitative, affrontandone tutte le tipologie: locazioni libere, convenzionate, transitorie, locazioni di immobili acquistati per futura locazione, affitti brevi, locazioni turistiche, cohousing, rent to buy, leasing, analizzando la relativa disciplina contrattuale e tenendo conto dell’evoluzione normativa, nonché della produzione giurisprudenziale su alcuni punti nodali della legge 431 del 1998 e altro.Non mancano le indicazioni operative inerenti alla registrazione dei contratti, la tassazione, sia ordinaria che con cedolare secca.Il volume si occupa altresì delle “locazioni ad uso diverso”: la loro regolamentazione, il regime contrattuale applicabile, gli istituti della prelazione del riscatto e l’indennità di avviamento senza dimenticare le nuove tipologie locatizie come il contratto atipico di coworking o di domiciliazione.Una parte è in seguito dedicata agli aspetti processuali: procedimento di convalida, rito locatizio e compatibilità con il processo ordinario, azioni esperibili contro l’occupazione senza titolo, mediazione, negoziazione assistita e arbitrato.L’esposizione semplice e chiara rende il testo uno strumento di consultazione e approfondimento adatto sia al professionista del settore, sia al pubblico dei non addetti ai lavori.Il Manuale tratta infine anche il nuovo procedimento di convalida di sfratto, che ha visto ampliarsi l’ambito di applicazione e altre novità, tra cui quelle riguardanti l’esecutività dell’ordinanza di convalida.Questa sesta edizione tiene conto di tutti i principali provvedimenti di normativa, prassi e giurisprudenza in materia fino alle recentissime sentenza 7 maggio 2024, n. 12395 in punto di cedolare secca e circolare 10 maggio 2024, n. 10/E sulle locazioni brevi.Silvio RezzonicoÈ stato avvocato in Milano e autore di diversi libri e saggi in materia di diritto immobiliare. Ha collaborato con il Gruppo 24 Ore, con Maggioli Editore e con l’Università degli studi di Firenze. Da ultimo è stato anche docente presso l’Università degli Studi telematica E-campus.Matteo RezzonicoAvvocato cassazionista e pubblicista in Milano, è autore di numerose pubblicazioni di diritto immobiliare ed edilizio. In particolare, collabora con il Gruppo 24 Ore (Norme e Tributi, Esperto risponde e Consulente immobiliare) e con Giuffrè Editore (portale con- dominio e locazioni). Presidente della FNA Federazione Nazionale degli Amministratori Immobiliari e Vicepresidente della Confappi, Confederazione della Piccola Proprietà Immobiliare, per conto della quale riveste anche il ruolo di Presidente della sede provinciale di Milano e di componente della Commissione Legale Nazionale di FNA – Confappi.Luca RezzonicoAvvocato in Milano. Si occupa di diritto immobiliare ed è coautore di diverse pubblicazioni in materia
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2. La questione: l’attenuazione del rigore probatorio
Quale conseguenza produce il riconoscimento dell’appartenenza del bene al rivendicante nel tempo in cui è iniziato il suo possesso?
3. La soluzione
Il Tribunale ha precisato che l’azione intrapresa da parte attrice deve essere correttamente qualificata come azione di rivendicazione, mirando alla dichiarazione di abusività e illegittimità dell’occupazione di un bene di proprietà dell’attrice da parte dei convenuti, con conseguente condanna al rilascio, senza collegare la pretesa alla cessazione di un negozio giuridico che giustifichi la consegna della cosa. Secondo lo stesso giudice le conclusioni formulate nell’atto introduttivo dall’attrice inequivocabilmente tendono all’affermazione del diritto di proprietà in capo alla medesima e, dunque, al recupero del bene da chi ne sia possessore o detentore. Come ha osservato il Tribunale la qualificazione della domanda come azione di rivendicazione comporta, dal punto di vista probatorio, l’onere a carico dell’attrice di provare la proprietà dell’immobile. Tuttavia, nella fattispecie, i convenuti non hanno contestato la proprietà del bene in capo al dante causa dell’attrice, non essendo dunque dedotta l’assenza di proprietà dell’immobile da parte del defunto ma la circostanza che l’attrice gli sia succeduta nella titolarità del bene. Il Tribunale ha sottolineato che gli occupanti hanno sostanzialmente riconosciuto la proprietà del bene in capo al de cuius, conseguentemente l’attrice ha dovuto solo provare l’acquisto del bene in base ad un valido titolo, prova che è stata regolarmente fornita attraverso la documentazione versata in atti (atto di successione, stato di famiglia storico, certificazione notarile). La domanda della legittima coerede dell’immobile, qualificata come domanda di rivendicazione ex art. 948 cod. civ., è stata accolta, con conseguente condanna dei convenuti al rilascio immediato degli immobili, illegittimamente detenuti, liberi da persone e da cose.
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4. Considerazioni conclusive
Nella rivendicazione l’attore deve fornire la prova “rigorosa” della proprietà, dimostrando un titolo di acquisto originario o, nel caso di titolo derivativo, risalendo fino al dante causa che abbia acquistato a titolo originario, senza che alcun onere gravi sul convenuto, il quale può trincerarsi sul commodum possessionis, limitandosi ad eccepire il principio possideo quia possidio.
L’acquisto a titolo derivativo (il contratto o la successione ereditaria) indica solo che c’è stato un atto di trasmissione del diritto di cui era titolare il dante causa. Mancando la prova positiva della proprietà, l’attore in rivendica soccombe, anche se il convenuto non dimostra la sua proprietà a sostegno del proprio possesso; questi ha infatti il possesso in suo favore e se l’attore non dà la prova del suo diritto di proprietà, la domanda deve essere rigettata anche quando il possesso del convenuto non risulti corroborato da alcun titolo. Neppure se il convenuto abbia invocato il proprio diritto sulla cosa e la sua prova sia fallita, viene meno il rigore probatorio a carico dell’attore, perché il sistema difensivo del convenuto non può tornare a suo pregiudizio, non implicando di per sé rinuncia alla posizione di vantaggio derivantegli dal possesso (Cass. civ., sez. II, 20/11/2023, n. 33190).
La mera eccezione di usucapione del convenuto non alleggerisce l’onere della prova in capo all’attore, salvo vi sia implicito riconoscimento dell’appartenenza del bene al rivendicante nel tempo in cui è iniziato il suo possesso.
Così è stato precisato che il rigore probatorio a carico dell’attore in rivendicazione trova temperamento nella ipotesi in cui il convenuto ammetta in tutto od in parte il diritto di proprietà del rivendicante, riconoscendo l’esistenza del diritto stesso fino ad un dato momento ed a un determinato acquisto (Cass. civ., sez. II, 04/03/1997, n. 1925). È inutile risalire nel tempo al periodo occorrente per l’usucapione, se il titolo di uno dei danti causa dell’attore sia riconosciuto come valido ed efficace dal convenuto in revindica. Il rigore del principio secondo il quale l’attore in rivendica deve provare la sussistenza dell’asserito diritto di proprietà sul bene anche attraverso i propri “danti causa” fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione, risulta attenuato in caso di mancata contestazione da parte del convenuto (e del terzo eventualmente chiamato) dell’originaria appartenenza del bene ad un comune “dante causa”, ben potendo in tale ipotesi il rivendicante assolvere l’onere probatorio su di lui incombente limitandosi a dimostrare di avere acquistato tale bene in base ad un valido titolo di acquisto (Cass. civ., sez. II, 11/03/2004, n. 4975).
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