Con la sentenza numero 8070 del 25/03/2024 la III sezione della suprema Corte (Pres. Scarano– relatore Cricenti) ribadisce che a Poste italiane si applica il regime della responsabilità risarcitoria da inadempimento del diritto comune.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile: La Riforma Cartabia della giustizia civile
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
La società Alfa, al fine di partecipare ad una gara di appalto indetta da un Comune, affidava il plico contenente la domanda di partecipazione e tutti gli allegati a Poste Italiane, utilizzando il servizio che prevede la consegna della missiva entro il giorno successivo (Celere 1 plus). La consegna, tuttavia, avveniva cinque giorni dopo la spedizione e oltre i termini di chiusura del bando, cui inevitabilmente la società Alfa non ha potuto partecipare.
La società Alfa conveniva, dinanzi al Tribunale di Bari, Poste Italiane spa al fine di ottenere il risarcimento del danno subito a causa della mancata partecipazione alla gara di evidenza pubblica. Il tribunale barese riconosceva l’inadempimento, peraltro non negato dalla stessa convenuta, ma riteneva applicabile la normativa speciale prevista dal DM 26.2.2004 (cd Carta della qualità) a mente del quale il risarcimento del danno cagionato dalla società di spedizione è limitato all’importo sostenuto per l’invio del plico e, quindi, nel caso di specie a nove euro.
La pronuncia veniva confermata dalla Corte di appello di Bari.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:
La Riforma Cartabia della giustizia civile
Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.
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2. Ritardo Poste Italiane e limitazione di responsabilità: il giudizio di legittimità
La Corte di Appello di Bari, in particolare, richiama la sua precedente giurisprudenza sui casi simili, affermando quanto segue. Vero è che la regola che, all’interno della legge sul servizio postale del 1973, limitava, nel caso di ritardo nella consegna, la responsabilità di Poste Italiane ad un indennizzo per lo più commisurato alla spesa della spedizione, è stata dichiarata incostituzionale; vero è, altresì, che anche la legge del 1999 è stata poi modificata dalla successiva del 2011 nel senso di una ulteriore eliminazione delle situazioni di privilegio; ma è altresì vero che dall’insieme dei principi della legislazione postale e soprattutto da quanto previsto nel decreto ministeriale del 2004 si può ancora sostenere che le Poste, ove ritardino nella consegna, siano tenute soltanto al rimborso, a titolo di indennizzo, del costo della spedizione, ma non già del danno causato, anche perché quest’ultimo è imprevedibile e come tale non risarcibile. A ciò si aggiunga le sottoscrizione espressa delle clausole limitative della responsabilità di Poste Italiane da parte della società Alfa.
Il ricorso di legittimità di Alfa si struttura in due motivi. Con il primo, proposto ai sensi dell’art. 360 I comma n. 3, si censura la violazione degli articoli 1176, 1218, 1223 e 1225 del codice civile, laddove la corte di merito ha mancato di considerare che in ragione delle sentenze della Corte costituzionale numero 254.2002, che interveniva sulla legge del 1973 e numero 46.2011, si è stabilito il principio per cui è da ritenersi incostituzionale la limitazione della responsabilità di Poste italiane per i danni cagionati dal ritardo o dallo smarrimento della corrispondenza. Del pari, afferma Alfa nel motivo in esame, la mancata conoscenza del contenuto del plico da parte del vettore postale è irrilevante ai fini dell’azione risarcitoria.
Con il secondo motivo si censura, sempre ai sensi dell’art. 360 I comma n. 3, la violazione degli articoli 1341 e 1342, così evidenziando che la clausola limitativa non era stata espressamente accettata e comunque non era riportata nel cedolino di spedizione, con la conseguenza che il ricorrente non poteva conoscerla.
La Corte esamina i motivi congiuntamente e afferma quanto segue.
La Corte comincia con un excursus normativo/giurisprudenziale della materia, ricordando che inizialmente, il gestore di posta godeva di un regime speciale di responsabilità, distinto da quello contrattuale di diritto comune, e più favorevole rispetto a quest’ultimo.
Infatti, l’articolo 6 L. n. 156 del 1973 prevedeva espressamente che “L’Amministrazione non incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge. La medesima norma è applicabile ai concessionari dei servizi.”
Questo regime speciale è stato ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale, prima con la decisione n. 254 del 2002, in relazione alla totale esenzione da responsabilità, e poi, con specifico riferimento alla limitazione del risarcimento, con la decisione n. 46 del 2011, la quale ha espressamente statuito che “La norma impugnata, pertanto, determina in favore del gestore un ingiustificato privilegio, svincolato da qualsiasi esigenza connessa con le caratteristiche del servizio, senza dunque realizzare alcun ragionevole equilibrio tra le esigenze del gestore e quelle degli utenti del servizio, equilibrio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore avrebbe invece dovuto realizzare, essendo venuta meno la concezione puramente amministrativa del servizio postale, e quindi la possibilità di collegare tali limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell’Amministrazione“
In particolare questa ultima pronuncia è stata resa considerando che nelle more era stato emanato il DM 9 aprile del 2001, detto Carta della qualità del servizio pubblico postale, che prevedeva il solo rimborso del costo della spedizione.
La Corte costituzionale, pur nella vigenza di detto DM e della previsione ivi contenuta di un indennizzo pari al costo della spedizione, ha ritenuto insufficiente lo stesso per garantire la funzione risarcitoria del danno arrecato all’utente. In particolare la Corte Costituzionale afferma che “La previsione della mera corresponsione del costo per la spedizione determina, anche nel caso del servizio di postacelere, una totale esclusione di responsabilità, non essendo in grado di assolvere ad una funzione risarcitoria del danno arrecato all’utente, che utilizza il predetto servizio proprio in vista della celerità del medesimo e di quel quid pluris garantito dalle caratteristiche prefissate nell’atto della sua istituzione“.
Questi principi ricalcano quelli della pronuncia n. 254/2002, e quelli della pronuncia degli ermellini n. 15559/2004, che statuiva che “A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, d.P.R. n. 156 del 1973 (sentenza n. 254 del 2002 della Corte costituzionale), nella parte in cui disponeva che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna responsabilità per il mancato recapito di telegramma, la Poste italiana Spa, qualora non provi che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa ad essa non imputabile, è tenuta al risarcimento del danno prevedibile derivante dal mancato recapito del telegramma“.
Nonostante questo chiaro quadro nomofilattico, la corte barese ha ritenuto che comunque dai principi della legislazione postale si ricava che ancora la regola di responsabilità di Poste Italiane Spa è quella per cui essa è tenuta solo nei limiti del costo di spedizione.
Gli ermellini, poi, bacchettano la difesa del gestore postale laddove al fine di affermare l’esistenza di un regime di favore, cita l’articolo 19 del D.Lvo 261 del 1999 il quale prevedeva che le norme di diritto comune in tema di responsabilità contrattuale si applicavano solo ai gestori diversi da Poste Italiane: citazione che serve a Poste Italiane per dire che lei continua a godere del privilegio di una responsabilità limitata.
Invece, afferma la Corte, Il secondo comma di quella norma, è stato abrogato dall’articolo 15 L. n. 58 del 2011, che così recita: “L’articolo 19 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è sostituito dal seguente: “Art. 19 (Responsabilità). -1. La responsabilità per la fornitura dei servizi postali è disciplinata, per quanto non stabilito dal presente decreto o da disposizioni speciali, dalle norme del codice civile“.
Pertanto, afferma la Corte, “Questa modifica legislativa, di cui la Difesa di Poste Italiane non tiene conto, suona ad ulteriore conferma della volontà del legislatore, che prende atto dunque delle decisioni della Corte Costituzionale, di sottoporre il gestore di posta, chiunque esso sia, al regime di diritto comune.”
In virtù di tanto, emerge evidente l’erroneità della tesi secondo cui va dato rilievo alla pattuizione contrattuale della limitazione di responsabilità a favore delle Poste Italiane, avendo il mittente sottoscritto le relative clausole e le ha approvate ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c.; infatti, e in disparte che si tratta di clausole comportanti una limitazione di responsabilità, alla luce di quanto detto, e che dunque andavano approvate specificamente per iscritto (1341, II° comma c.c.), assume decisivo rilievo il principio secondo cui l’indennizzo corrispondente alle spese di spedizione non costituisce risarcimento sufficiente, e posto il principio secondo cui invece il gestore di posta è soggetto alle regole di diritto comune, in caso di responsabilità contrattuale, non può essere in ogni caso violato mediante pattuizione contrattuale.
Detto in altri termini: se la regola della esenzione da responsabilità o della limitazione della responsabilità è espunta dall’ordinamento in quanto costituzionalmente illegittima, non può essa ricevere invece tutela e produrre effetti se inserita in una pattuizione, la quale sarà, in parte qua, contrastante con norme imperative (tali sono quelle ricavabili da principi costituzionali) ed automaticamente sostituita dalle norme violate.
Ammesso cioè che è principio conforme a Costituzione che il gestore di posta risponda dell’inadempimento secondo le regole di diritto comune, e dunque, per converso, che è costituzionalmente illegittima la regola che invece lo esenta da quella responsabilità, la previsione contrattuale che, per l’appunto, esenta il gestore dal rispetto di tali regole, è nulla per contrasto con norme imperative, ed è automaticamente sostituita dalla regola risultante dalla interpretazione costituzionalmente conforme.
Infine la Corte censura la decisione impugnata nella parte in cui esclude responsabilità in ragione della imprevedibilità del danno.
All’uopo richiama i precedenti insegnamenti a mente dei quali “L’imprevedibilità del danno conseguente dall’inadempimento colpevole del debitore non costituisce un limite all’esistenza del danno stesso, ma soltanto alla misura del suo ammontare e, quindi, determina la limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile non da parte dello specifico debitore, bensì avendo riguardo alla prevedibilità astratta inerente ad una data categoria di rapporti, secondo le ordinarie regole di comportamento dei soggetti economici, e cioè secondo un criterio di normalità in presenza delle circostanze di fatto conosciute.” (Cass. 15559/2004; Cass. 11189/2007; Cass. 16763/2011; Cass. 17460/2014).
Il ricorso è quindi accolto e rimesso alla Corte di appello perché applichi i principi formulati dalla Corte di legittimità.
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