Rinvio riforma Cartabia e norme anti-rave: commento al d.l. n. 162/2022 in materia penale

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Scopo del presente scritto è quello di esaminare le misure introdotte nella prima normativa adottata dal nuovo Governo in materia penale, ovvero il decreto legge, 31 ottobre 2022, n. 162, intitolato “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonche’ in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”.

>>>Leggi il dl 162/2022<<<

Infatti, come già emerge da siffatto titolo, il “legislatore” è intervenuto in diversi ambiti penali, e, in particolare, in quello penitenziario, oltre mediante l’introduzione di un apposito reato volto in sostanza a contrastare il fenomeno del c.d. rave party.

Infine, si è intervenuti sulla riforma Cartabia, rinviando la sua entrata in vigore al 30/12/2022.

Orbene, non resta che vedere in cosa consistono siffatte misure normative.

     Indice

  1. Le modifiche apportate alla legge n. 354/1975
  2. Le modifiche apportate all’art. 2 del d.l. n. 152/1991
  3. Il varo di disposizioni transitorie in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari
  4. Le modifiche apportate all’articolo 25 della legge 13 settembre 1982, n. 646
  5. L’introduzione di norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali
  6. La modifica dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150

1. Le modifiche apportate alla legge n. 354/1975

L’art. 1 del d.l. n. 162/2022 interviene sulla legge n. 354 del 1975.

In particolare, al primo comma, lettera a), n. 1, è innanzitutto disposto che “all’articolo 4-bis: 1) al comma 1 e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La disposizione del primo periodo si applica altresì in caso di esecuzione di pene inflitte anche per delitti diversi da quelli ivi indicati, in relazione ai quali il giudice della cognizione o dell’esecuzione ha accertato che sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati di cui al medesimo primo periodo ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati”.

Pertanto, la disposizione di cui all’art. 4-bis, co. 1, primo periodo, legge n. 354/1975 – che, come è noto, stabilisce che l’“assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58-ter della presente legge o a norma dell’articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 416-bis e 416-ter del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, all’articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309” – si applica adesso anche, in caso di esecuzione di pene inflitte anche per delitti diversi da quelli ivi indicati, in relazione ai quali il giudice della cognizione o dell’esecuzione ha accertato che sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati di cui al medesimo primo periodo ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo, o ancora, l’impunità di detti reati.

Tale intervento normativo, dunque, comporta un allargamento dei reati ostativi ai fini della concessione di benefici penitenziari anche quando il giudice, sia quello della cognizione, che il giudice dell’esecuzione, abbia accertato che i reati, per cui si ritiene operante questa norma giuridica, siano stati comunque posti in essere per eseguire od occultare i reati menzionati dall’art. 4-bis, co. 1, primo periodo, legge n. 354/1975, ovvero abbiano procurato al condannato o a terzi il prodotto o il profitto o il prezzo, ovvero l’impunità di detti reati.

Ciò posto, al primo comma, lettera a), n. 2, è invece disposto quanto segue: “il comma 1-bis e’ sostituito dai seguenti: «1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter, ai detenuti e agli internati per delitti commessi per finalita’ di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni in esso previste, per i delitti di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e per i delitti di cui all’articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, purche’ gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilita’ di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, nonche’ il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresi’ la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa”.

Pertanto, alla stregua di quanto statuito in codesto precetto normativo, è adesso stabilito che i benefici penitenziari di cui all’art. 4-bis, co. 1, legge n. 354/1075, ossia l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, possono essere concessi anche chi non collaborato giustizia, e purchè sia stato condannato per i delitti appena menzionati in precedenza, sempreché costui abbia dimostrato l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilita’ di tale adempimento.

Oltre a ciò, è altresì richiesto che siano allegati elementi, specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, nonche’ il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto (anche) conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile.

Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresi’ la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.

Precisato ciò, sempre al primo comma, lettera a), n. 2, sono inoltre previsti due nuovi commi, in seno all’art. 4 bis della legge n. 354/1975, che così provvedono: “1-bis.1. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter della presente legge o dell’articolo 323-bis del codice penale, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis,  319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, purche’ gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilita’ di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo, che consentano di escludere l’attualita’ di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice di sorveglianza accerta altresi’ la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa. 1-bis.2. Ai detenuti e agli internati, oltre che per taluno dei delitti di cui al comma 1-bis.1, anche per il delitto di cui all’articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti ivi indicati si applicano le disposizioni del comma 1-bis.”.

Orbene, procedendo per gradi, il “nuovo” comma 1-bis.1. statuisce che i benefici già citati in precedenza, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter della presente legge o dell’articolo 323-bis del codice penale, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis,  319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, purchè costoro: a) dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilita’ di tale adempimento; b) alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo, che consentano di escludere l’attualita’ di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile.

A sua volta il giudice della sorveglianza, nel decidere in ordine alla concedibilità di siffatti benefici, accerta altresi’ la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie, che in quelle della giustizia riparativa.

Ciò posto, per quanto invece riguarda il “nuovo” comma 1-bis.2, esso stabilisce che, ai detenuti e agli internati, oltre che per taluno dei delitti di cui al comma 1-bis.1, anche per il delitto di cui all’articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti ivi indicati, si applicano le disposizioni del comma 1-bis (già esaminate in precedenza).

Al primo comma, lettera a), n. 3, viceversa, è disposto che “al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nei casi di cui ai commi 1-bis e 1-bis.1, il giudice, prima di decidere sull’istanza, chiede altresi’ il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove e’ stata pronunciata la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, acquisisce informazioni dalla direzione dell’istituto ove l’istante e’ detenuto o internato e dispone, nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attivita’ economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitivita’ di misure di prevenzione personali o patrimoniali. I pareri, le informazioni e gli esiti degli accertamenti di cui al quarto periodo sono trasmessi entro sessanta giorni dalla richiesta. Il termine puo’ essere prorogato di ulteriori trenta giorni in ragione della complessita’ degli accertamenti. Decorso il termine, il giudice decide anche in assenza dei pareri, delle informazioni e degli esiti degli accertamenti richiesti. Quando dall’istruttoria svolta emergono indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, e’ onere del condannato fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria. In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti ai sensi del quarto periodo. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato”.

Il giudice, quindi, prima di decidere sulla istanza, deve chiedere il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove e’ stata pronunciata la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, acquisisce informazioni dalla direzione dell’istituto ove l’istante e’ detenuto o internato e dispone, nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attivita’ economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitivita’ di misure di prevenzione personali o patrimoniali, fermo restando che, per un verso, i pareri, le informazioni e gli esiti degli accertamenti sono trasmessi entro sessanta giorni dalla richiesta, per altro verso, detto termine puo’ essere prorogato di ulteriori trenta giorni in ragione della complessita’ degli accertamenti,

Ad ogni modo, spirato il termine in questione, il giudice decide anche in assenza dei pareri, delle informazioni e degli esiti degli accertamenti richiesti, fermo restando che, quando dall’istruttoria svolta emergono indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato e’ stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, e’ onere del condannato fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria.

In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti.

Oltre a ciò, è da ultimo preveduto che i benefici di cui sopra possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato.

Conclusa la disamina di questi nuovi commi, se il primo comma, lettera a), n. 4 prevede, per mere esigenze di coordinamento, che “al comma 2-bis, le parole: «Ai fini della concessione dei benefici» sono sostituite dalle seguenti: «Nei casi»”, nel seguente numero 5 è concepito un ulteriore comma, ossia il comma 2-ter che dispone quanto segue: “Alle udienze del tribunale di sorveglianza che abbiano ad oggetto la concessione dei benefici di cui al comma 1 ai condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, le funzioni di pubblico ministero possono essere svolte dal pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove e’ stata pronunciata la sentenza di primo grado”.

E’ quindi stabilito, in tale evenienza, che le funzioni della pubblica accusa possano, e pertanto non debbano, essere svolte dall’autorità requirente del Tribunale del capoluogo del distretto ove e’ stata pronunciata la sentenza di primo grado.

L’ultima previsione normativa, contenuta nella lettera a) del primo comma, è quella preveduta al numero 6) ove è stabilito l’abrogazione del comma 3-bis che così disponeva “L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il Procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3”.

Precisato ciò, alla seguente lettera b) è enunciato che “all’articolo 21, comma 4, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando sono ammessi al lavoro esterno detenuti o internati condannati per delitti commessi per finalita’ di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonche’ per i delitti di cui all’articolo 416-bis del codice penale o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni in esso  previste, all’approvazione provvede il tribunale di sorveglianza.»”.

Tal che ne consegue che, ove siano riportate condanne per questi delitti, l’approvazione al provvedimento di ammissione al lavoro esterno [condizione questa necessaria perché tale provvedimento diventi esecutivo (così: art. 21, co. 4, primo periodo, legge n. 354/1975)], ove siano state riportate condanne per questi delitti, spetta, non al Magistrato di Sorveglianza (come di norma accade), ma al Tribunale di Sorveglianza.

Lo stesso dicasi per i permessi premio stante quanto disposto dall’art. 1, co. 1, lett. c), n. 1, d.l. n. 162/2022 (“all’articolo 30-ter: (…) al comma 1, primo periodo, dopo le parole: «magistrato di sorveglianza» sono inserite le seguenti: «o, quando si tratta di condannati per delitti commessi per finalita’ di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonche’ per i delitti di cui all’articolo 416-bis del codice penale o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni in esso previste, il tribunale di sorveglianza,»”).

Da ultimo, l’art. 30-ter della legge è stato modificato anche al comma settimo atteso che l’art. 1, co. 1, lett. c), n. 2, d.l. n. 162/2022 statuisce quanto segue: “al comma 7, dopo le parole: «permessi premio» sono aggiuntele seguenti: «, emesso dal magistrato di sorveglianza,» e dopo le parole: «le procedure di cui all’art. 30-bis» sono inserite le seguenti: «, entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento medesimo”.

Pertanto, se prima era stabilito che il provvedimento relativo ai permessi premio era soggetto a reclamo al Tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all’art. 30-bis, è ora disposto, da un lato, che questo provvedimento sia adottato dal magistrato di sorveglianza, dall’altro, che sempre tale provvedimento debba essere adottato entro 15 giorni dalla sua comunicazione.


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2. Le modifiche apportate all’art. 2 del d.l. n. 152/1991 

L’art. 2 del d.l. n. 162/2022 interviene sull’art. 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.

In particolare, al primo comma, lettera a), è preveduto che “il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. I condannati per i delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, possono essere ammessi alla liberazione condizionale solo se ricorrono le condizioni indicate nello stesso articolo 4-bis per la concessione dei benefici. Si osservano le disposizioni dei commi 2, 2-bis e 3 dell’articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975.»”.

La possibilità di essere ammessi alla liberazione condizionale, ove siano state condanne per i reati di cui all’art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, legge n. 354/1975, dunque, è concepibile solo se ricorrano le condizioni previste da questo stesso articolo per la concessione dei benefici ivi previsti, e già esaminati in precedenza.

Ad ogni modo, nel procedere a siffatto vaglio di ammissibilità si osservano anche i commi 2, 2-bis 3 3 sempre dell’art. 4-bis della legge n. 354 del 1975 (a cui si rinvia).

Sempre in questo articolo, nella lettera b), è altresì enunciato come sia disposto che “il comma 2 e’ sostituito dal seguente: «2. Fermi restando gli ulteriori requisiti e gli altri limiti di pena previsti dall’articolo 176 del codice penale e fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 8 della legge 29 maggio 1982, n. 304, i soggetti di cui al comma 1 non possono comunque essere ammessi alla liberazione condizionale se non hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea o almeno trenta anni di pena, quando vi e’ stata condanna all’ergastolo per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. In tal caso, la pena dell’ergastolo rimane estinta e le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo sono revocate, ai sensi dell’articolo 177, secondo comma, del codice penale, decorsi dieci anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale e la liberta’ vigilata, disposta ai sensi dell’articolo 230, primo comma, numero 2, del codice penale, comporta sempre per il condannato il divieto  di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere.»”.

Pertanto, i condannati, per i delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, non possono comunque essere ammessi alla liberazione condizionale se non hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea o almeno trenta anni di pena, quando vi e’ stata condanna all’ergastolo per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

In tal caso e, quindi, quando si è ammessi alla liberazione condizionale, la pena dell’ergastolo rimane estinta e le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo sono revocate, ai sensi dell’articolo 177, secondo comma, del codice penale, decorsi dieci anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale.

Ad ogni modo, la liberta’ vigilata, disposta ai sensi dell’articolo 230, primo comma, numero 2, del codice penale, ossia quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale, comporta sempre per il condannato il divieto  di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere.

3. Il varo di disposizioni transitorie in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari

L’art. 3, co. 1, d.l. n. 162/2022 stabilisce che la “disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), non si applica quando il delitto diverso da quelli indicati nell’articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e’ stato commesso prima della data di entrata in vigore del presente decreto”.

Al comma secondo, invece, è disposto quanto sussegue: “Ai condannati e agli internati che, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano commesso delitti previsti dal comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita’, operato con sentenza irrevocabile, rendano comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonche’ nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’articolo 62, numero 6, anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’articolo 114 ovvero dall’articolo 116, secondo comma, del codice penale, le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI del titolo I della citata legge n. 354 del 1975 e la  liberazione condizionale possono essere concesse, secondo la procedura di cui al comma 2 dell’articolo 4-bis della medesima legge n. 354 del 1975, purche’ siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva. In tali casi, ai condannati alla pena dell’ergastolo, ai fini dell’accesso alla liberazione condizionale, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), del presente decreto. Nondimeno, la liberta’ vigilata, disposta ai sensi dell’articolo 230, primo comma, numero 2, del codice penale, comporta sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere”.

Pertanto, alla stregua di tale dettato normativo, è stabilito che, per i condannati e gli internati che, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, abbiano commesso delitti previsti dal comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita’, operato con sentenza irrevocabile, rendano comunque impossibile un’utile collaborazione con la giustizia, nonche’ nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall’articolo 62, numero 6, anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall’articolo 114 ovvero dall’articolo 116, secondo comma, del codice penale, le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI del titolo I della citata legge n. 354 del 1975 e la  liberazione condizionale possono essere concesse, secondo la procedura di cui al comma 2 dell’articolo 4-bis della medesima legge n. 354 del 1975, purche’ siano acquisiti elementi tali da escludere l’attualita’ di collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva fermo restando che, in tali casi, ai condannati alla pena dell’ergastolo, ai fini dell’accesso alla liberazione condizionale, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), del presente decreto.

Nondimeno, la liberta’ vigilata, disposta ai sensi dell’articolo 230, primo comma, numero 2, del codice penale, comporta sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere.

4. Le modifiche apportate all’articolo 25 della legge 13 settembre 1982, n. 646

L’art. 4 del d.lgs. n. 162/2022 modifica l’art. 25 della legge n. 646/1982 nella seguente maniera: “All’articolo 25 della legge 13 settembre 1982, n. 646, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, dopo le parole: «nei cui confronti» sono inserite le seguenti: «sia stato adottato un decreto di cui al comma 2-bis dell’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354,»; b) al comma 3, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Copia del decreto di cui al comma 2-bis dell’articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.  354, e’ trasmessa, a cura del Ministero della giustizia, al nucleo di polizia economico-finanziaria di cui al comma 1.»”.

Per effetto di queste emende, pertanto, la verifica concessa al nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, in merito alla posizione fiscale, economica e patrimoniale ai fini dell’accertamento di illeciti valutari e societari e comunque in materia economica e finanziaria, anche allo scopo di verificare l’osservanza della disciplina dei divieti autorizzatori, concessori o abilitativi di cui all’articolo 10 della citata legge n. 575 del 1965, e successive modificazioni, può essere adesso disposto anche nei confronti della persona a carico della quale sia stato adottato il regime carcerario differenziato, fermo restando che copia del decreto con cui è stato disposto siffatto regime è trasmessa, a cura del Ministero della giustizia, al nucleo di polizia economico-finanziaria appena menzionato.


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5. L’introduzione di norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali

L’art. 5, co. 1, d.l. n. 162/2022 dispone che dopo “l’articolo 434 del codice penale e’ inserito il seguente: «Art. 434-bis (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica). – L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso puo’ derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma e’ punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena e’ diminuita. E’ sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonche’ di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalita’ dell’occupazione.».

E’ dunque introdotta questa norma incriminatrice che innanzitutto definisce l’oggetto del suo intervento, ossia l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica, definendola quale invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso puo’ derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumita’ pubblica o la salute pubblica.

Ciò posto, è previsto che sia punito, con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, chiunque organizza o promuove tale invasione mentre è contemplata una diminuente di pena per chi partecipa essendo previsto che per il solo fatto di partecipare all’invasione. Essendo unicamente stabilito che la pena e’ diminuita, e quindi sino ad un terzo, va da sé come si tratti di una attenuante ad effetto comune.

Pur tuttavia, è ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonche’ di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalita’ dell’occupazione.

Ciò posto, a sua volta il comma secondo statuisce che all’“articolo 4, comma 1, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la lettera i-ter), e’ aggiunta la seguente: «i-quater) ai soggetti indiziati del delitto di cui all’articolo 434-bis del codice penale.».

Pertanto, le misure di prevenzione personali applicate all’autorità giudiziaria possono essere comminate pure ai soggetti indiziati del delitto appena esaminato.

Infine, al terzo comma è enunciato che le “disposizioni del presente articolo si applicano dal giorno

successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”.

6. La modifica dell’entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150

Come accennato nella parte introduttiva di questo scritto, con il decreto legge qui in commento è stata anche posticipata l’entrata in vigore della riforma Cartabia.

L’art. 6 del d.l. n. 162/2022, infatti, dispone quanto segue: “Dopo l’articolo 99 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e’ aggiunto il seguente: «Art. 99-bis (Entrata in vigore). – 1. Il presente decreto entra in vigore il 30 dicembre 2022.»”.

Pertanto, se prima l’entrata in vigore di questa normativa era prevista per il 1 novembre del 2022, adesso, per effetto di questo innesto legislativo, tale riforma sarà efficace a partire dal 30 dicembre del 2022.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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