Responsabilità di amministratori e sindaci: lo statuto non può modificare le regole per avviare la relativa azione

Redazione 30/07/12
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Anna Costagliola

È nulla la clausola dello statuto della società che attribuisce alla sola assemblea straordinaria la facoltà di proporre azione di responsabilità contro gli amministratori o sindaci. Questo il principio di diritto affermato dalla prima sezione civile della Cassazione con la sent. n. 13279 del 26 luglio scorso, che ha rigettato il ricorso del sindaco di una società cooperativa (s.c.r.l.) nei cui confronti era stata deliberata azione di responsabilità nei suoi confronti, confermata sia in primo grado che in grado di appello.

La questione sorgeva in quanto detta azione di responsabilità era stata disposta in sede di riunione assembleare tenutasi secondo le modalità proprie della forma ordinaria (come imposto dall’art. 2364 c.c. per la delibera sulla responsabilità di amministratori e sindaci), in dispregio della clausola statutaria che, per le riunioni indette successivamente al mese di marzo (come ne caso de quo) prevedeva la forma straordinaria. Dunque, se ne deduceva la inesistenza della delibera, essendo mancata la verbalizzazione dell’assemblea ad opera di un notaio ex art. 2375, co. 2, c.c.

Sul punto, prima il giudice di primo grado, poi il giudice dell’appello hanno sostenuto come la distinzione tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria non possa dipendere dal momento in cui è convocata la riunione (prima o dopo il mese di marzo, come previsto nello statuto della società), bensì unicamente dall’oggetto che deve essere deliberato, ai sensi degli artt. 2364 e 2365 c.c. Sottolineava, in particolare, la Corte d’Appello come la clausola statutaria in questione, nel prevedere le formalità dell’assemblea straordinaria per ogni riunione successiva alla data del 31 marzo, implicava, nella sostanza, una deroga al riparto di competenza delineato dagli artt. 2364 e 2365 c.c., da ritenere invece inderogabile con riguardo alla delibera di esercizio dell’azione di responsabilità.

Il Giudice delle leggi ha condiviso le argomentazioni della Corte di merito in ordine alla inderogabilità della norma codicistica che attribuisce all’assemblea ordinaria la facoltà di deliberare l’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci. Inderogabilità dalla quale deriverebbe la invalidità della clausola statutaria ove interpretata nel senso di attribuire la natura di ordinaria o straordinaria alla riunione assembleare a seconda della data in cui si tiene. In pratica, l’autonomia dei soci nel regolamentare le norme di funzionamento degli organi deve arrestarsi innanzi alla tutela di beni giuridici di rango superiore, quali l’integrità del patrimonio aziendale e l’affidamento dei terzi che vengono in contatto con l’ente, i quali su tale patrimonio fanno affidamento, «in un sistema incentrato sulla responsabilità limitata dei soci che nella responsabilità di amministratori e sindaci trova chiusura e garanzia».

Peraltro, osservano ancora gli Ermellini come la clausola statutaria de qua contribuiva a rendere più gravoso l’esercizio dell’azione di responsabilità, in contrasto con la norma di cui all’art. 2364 c.c. la cui ratio va individuata, in coerenza con il disposto di altre norme codicistiche, nella esigenza di facilitare l’esercizio dell’azione di responsabilità. Questa, infatti, è posta de iure all’ordine del giorno della convocazione dell’assemblea ordinaria di approvazione del bilancio, ad espressione di un nesso significativo tra tale atto, fondamentale nel quadro dei rapporti tra organo di gestione e organo assembleare, e la verifica dell’assemblea circa l’operato dei propri organi di gestione e controllo.

Conclude, pertanto, la Corte di legittimità, nel senso per cui non è in facoltà dei soci derogare al descritto sistema normativo.

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