Perdita di chance di durata del rapporto: risarcibilità

È risarcibile la perdita di chance di maggiore durata del rapporto parentale. Commento a sentenza

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È risarcibile la perdita di chance di maggiore durata del rapporto parentale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Avellino -ordinanza del 20-03-2025

ORDINANZA_TRIBUNALE_DI_AVELLINO_-_N._R.G._00001983_2022_DEL_20_03_2025_PUBBLICATA_IL_20_03_2025.pdf 266 KB

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Indice

1. I fatti: la morte del paziente


Un anziano signore si era recato presso una struttura per effettuare una visita di routine, ma ivi scivolava sulle scale battendo violentemente la testa su di uno scalino. In considerazione del fatto che la struttura non era munita di Pronto Soccorso, il paziente veniva trasportato presso il locale ospedale dove veniva visitato e poco dopo dimesso con diagnosi di contusione sopra cigliare sinistra.
Tuttavia, nelle ore successive alla caduta, allorquando il paziente si trovava ormai al proprio domicilio, si presentava un episodio di coma e veniva quindi trasportato presso l’Ospedale di Napoli dove veniva eseguita una TAC cranica ed accertata la presenza di una emorragia subdurale.
Il paziente veniva quindi sottoposto ad un intervento chirurgico per la rimozione dell’emorragia, ma nonostante l’intervento salva vita, il paziente decedeva pochi giorni dopo.
Il coniuge e i figli del paziente adivano quindi il Tribunale di Avellino per chiedere la condanna al della struttura sanitaria locale, dove il proprio congiunto si era recato subito dopo la caduta, al risarcimento dei danni subiti, ritenendo sussistente una responsabilità addebitabile alla convenuta per l’omessa diagnosi della emorragia che aveva condotto alla morte del congiunto.
La struttura sanitaria costituitasi in giudizio, chiedeva invece di rigettare la domanda attorea, ritenendo che non fosse a lei addebitabile alcuna condotta imprudente e negligente, in quanto la morte era riconducibile alla già grave situazione di salute del paziente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

 

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2. Le valutazioni del Tribunale: perdita di chance


Per quanto riguarda la responsabilità della struttura sanitaria, il tribunale ha ricordato che per l’unanime giurisprudenza la stessa è inquadrabile nella responsabilità contrattuale e che tale inquadramento comporta una precisa ripartizione dell’onere probatorio.
Infatti, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
Tale impostazione è stata poi specificata dalla giurisprudenza successiva nel senso di ritenere che incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza.
In particolare, l’accertamento dell’esistenza del predetto nesso causale deve essere compiuto secondo il criterio del “più probabile che non”.
Per quanto concerne, invece, la tipologia di eventi dannosi che possono derivare dalla condotta dei sanitari, il tribunale ha precisato che la condotta colpevole sanitario può avere come conseguenza sia la lesione della salute (o la morte) del paziente, ma può avere altresì come conseguenza un evento di danno incerto. Cioè, potrebbe esserci una incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, che sono ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo.
Si parla in questo caso di “perdita di chance” (cioè di possibilità perduta di una maggior durata della vita o di minori sofferenze): tale danno sarà risarcibile equitativamente se provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici tra la condotta e l’evento incerto (cioè detta possibilità perduta), e se le conseguenze pregiudizievoli sono apprezzabili, serie e consistenti.
In altri termini, secondo il giudice, una volta che l’attore paziente danneggiato ha provato il nesso causale, secondo le ordinarie regole civilistiche, con la condotta posta in essere dai sanitari: nel caso in cui l’evento causato dalla condotta sia un danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente; invece, nel caso in cui il danno, si sostanzia in una possibilità perduta, tale possibilità integra gli estremi della chance (risarcibile solo se la possibilità perduta appare apprezzabile, seria e consistente).

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, il giudice – applicando quanto emerso dalla CTU svolta – ha ritenuto sussistente una condotta imperita e non diligente dei sanitari dell’ospedale convenuto, i quali hanno errato nel non considerare il paziente affetto da trauma cranico a rischio evolutivo medio e quindi non lo hanno tenuto in osservazione per almeno sei ore e non hanno eseguito la TAC cranio, come previsto dalle Linee Guida.
Tale condotta dei sanitari ha quindi impedito di diagnosticare e trattare tempestivamente il grave evento emorragico subito dal paziente.
Per quanto riguarda, invece, l’evento dannoso causalmente ricollegabile a detta condotta dei sanitari, il giudice ha ritenuto – sempre sulla scorta dei risultati della CTU – che, in ragione delle condizioni di salute precedenti del paziente, anche se il trattamento dei sanitari fosse stato corretto, il paziente con elevata probabilità non sarebbe comunque sopravvissuto. Pertanto, detta condotta della convenuta ha causato la perdita di chances di sopravvivenza del paziente stimabile nella misura del 35% .
In considerazione di ciò, il giudice ha ritenuto di poter accogliere la domanda di risarcimento del danno formulata – iure hereditatis – dagli attori per la perdita di chance di sopravvivenza del proprio congiunto, in quanto hanno dimostrato il nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e la perdita delle possibilità di sopravvivere più a lungo che aveva il paziente ed avendo ritenuto dette possibilità apprezzabili, serie e consistenti.
Per quanto concerne la quantificazione del danno, il Tribunale ha ritenuto di stimarla in via equitativa.
In particolare, non esistendo criteri obiettivi per monetizzare l’ipotetico danno da perdita della propria vita, da utilizzare quale parametro per liquidare adeguatamente la chance di sopravvivenza, il giudice ha ritenuto equo utilizzare quale mero riferimento parametrico il valore monetario minimo posto dalla recentissima tabella unica nazionale approvata dal CDM del 25.11.2024 e pubblicata in G.U. in data 18 febbraio 2025, per una inabilità totale del 100% in persona dello stesso sesso e della stessa età della vittima (uomo di 82 anni), riconoscendo un risarcimento in misura percentuale pari alla corrispondente entità della chance perduta (cioè il 35%).
Per quanto concerne, invece, il danno da perdita del rapporto parentale richiesto in via diretta dagli eredi, il giudice ha ritenuto di liquidarlo anch’esso in via equitativa facendo ricorso alle apposite tabelle del Tribunale di Milano.
In particolare, trattandosi nel caso di specie di un danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale, in considerazione della incertezza sulla effettiva sopravvivenza del congiunto, il giudice ha ritenuto corretto liquidare detto danno sofferto dai congiunti nella sola percentuale corrispondente all’entità della chance perduta: quindi riducendo al 35% gli importi calcolati applicando le predette Tabelle del Tribunale di Milano.

Avv. Muia’ Pier Paolo

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