Parcheggi pubblici a pagamento : la sentenza 3008/2005 della Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio.

Canale Angelo 26/01/06
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Nei giorni scorsi la Corte dei conti ? Sezione Giurisdizionale per il Lazio – ha pubblicato la sentenza? ( n.3008/05 depositata il 30 dicembre 2005) che ha definito, in primo grado, i giudizi (di conto e di responsabilit?, riuniti dal collegio) che la Procura della stessa Corte aveva promosso, sin dal 2000, nei confronti della STA, di una societ? del gruppo ACI (la CRP) e di alcuni amministratori e dirigenti comunali.

 

 

 

In una prima fase la Procura aveva chiesto che la STA, quale soggetto incaricato, a Roma,? della gestione della sosta a pagamento(aree delimitate da strisce blu)?? e di conseguenza della riscossione dei relativi proventi, rendesse alla Corte il conto della gestione , nel presupposto che le somme riscosse fossero denaro pubblico (come si evinceva dall’art.7 codice strada) e sulla base del principio generale dell?ordinamento secondo il quale il denaro proveniente dai contribuenti e destinato a soddisfare pubbliche necessit? deve essere assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione, che si attua con lo strumento del ?conto giudiziale?.

 

 

 

Successivamente , all’esito di accertamenti delegati alla Guardia di Finanza, la Procura aveva promosso un (connesso) giudizio di responsabilit?, in relazione ad una serie di spese, imputate alla gestione della sosta, che apparivano non conformi alla convenzione, ovvero illecite o incongrue,etc. Dopo una serie di schermaglie processuali, con più di un passaggio in Cassazione per? dirimere le questioni di giurisdizione sollevate dalle parti private (STA/CRP), tutte risoltesi a favore della Procura della Corte, i due giudizi, riuniti, sono infine pervenuti alla menzionata sentenza.

 

 

 

Quest?ultima? ha liquidato? il debito della STA quale ?agente contabile? (per quasi 4 milioni di euro) e nel contesto, al diverso titolo di responsabilit? amministrativa,? ha pronunciato condanna della stessa (e degli altri soggetti evocati in giudizio, fatta eccezione per una dirigente comunale, mandata assolta) per altri ?2.453.170, 27? euro (per identica somma ? la condanna della soc. CRP ; e per euro 129.114,22 la condanna dell?ex assessore comunale alla mobilit? ).

 

 

 

La sentenza (integralmente pubblicata nel sito della Corte dei conti, tra le novit? giurisprudenziali, www.corteconti.it)? ? interessante, per vari profili.

 

 

 

E? stato intanto accertato che nel primo triennio di applicazione del regime della sosta tariffata sono stati introitati? ben 57 miliardi di lire (parchimetri,? titoli prepagati, etc.) ma di questa somma nel bilancio comunale non vi è stata sostanzialmente traccia, benchè l’art. 7 del Codice Strada – che consente ai Comuni di applicare tale regime – stabilisca, detratti i costi di gestione, un preciso vincolo di destinazione pubblica (realizzazione parcheggi pubblici) .

 

 

 

Il fatto è che i costi di gestione sono stati quasi pari ai proventi lordi : la sentenza, recependo sia le conclusioni del magistrato relatore sui conti della S.T.A., sia gli esiti dell?istruttoria svolta dalla Procura regionale presso la Corte dei conti, argomenta che una parte significativa di questi costi non era pertinente, era incongrua, era stata sovradimensionata.

 

 

 

Ci? sottolinea, in generale, la necessità di approfonditi controlli da parte degli enti locali sulle società, private o pubbliche, concessionarie del servizio della gestione dei parcheggi pubblici a pagamento, tanto più che una componente essenziale del servizio è per l’appunto la riscossione di somme di pertinenza pubblica.

 

 

 

E’ stato infatti definitivamente stabilito – e ciò sulla base di ben due sentenze della Cassazione intervenute nel corso dei giudizi suddetti – che i proventi derivanti dalla gestione della sosta a pagamento costituiscono denaro pubblico, con tutto ciò che ne deriva.

 

 

 

Tali proventi sono , anzi devono, essere finalizzati ad interventi per migliorare la mobilità urbana, in primo luogo con la realizzazione di parcheggi pubblici.

 

 

 

Il che implica che il sistema della sosta tariffata non deve essere assoggettato a logiche di tipo imprenditoriale o meramente lucrativo, ma deve essere indirizzato, come detto, esclusivamente ad interventi per migliorare la mobilità urbana; ed in particolare ad interventi strutturali, che cioè restano nel tempo, come è il caso dei parcheggi pubblici.

 

 

 

Tale implicazione non è di poco conto, posto che, ad esempio, ? dubitabile che il sistema delineato dal legislatore possa essere? ugualmente perseguito mediante la concessione , sia pure onerosa, della porzione? di strada pubblica destinata a sosta a pagamento (soluzione cui pare che molti enti locali si siano indirizzati).

 

 

 

Potrebbe infatti argomentarsi che i canoni di concessione e i proventi della gestione della sosta tariffata presentano carattere giuridici assai diversi e , si ritiene, anche diverse entit?, posto che i proventi della gestione sono costituiti dalla totalit? delle somme effettivamente incassate, detratti i costi di gestione, mentre i ?canoni? di concessione sono definiti sull?accordo delle parti, avuto riguardo a parametri oggettivi e predefiniti.

 

 

 

Altra questione affrontata dalla sentenza (ben 375 pagine!) riguarda il rapporto tra giudizio di conto e giudizio di responsabilit?.

 

 

 

E qui si impone una riflessione.

 

 

 

Il c.d. ?giudizio di conto?, che ? stata l?espressione tipica della speciale giurisdizione della Corte dei conti, con il tempo e soprattutto dopo la riforma del 1994 (che, tra l?altro, ha previsto un termine di cinque anni dalla presentazione del conto per l?estinzione di diritto del relativo giudizio), pareva aver perduto l?originario ruolo centrale, a beneficio del giudizio di responsabilit? amministrativa.

 

 

 

Eppure quest?ultimo, a suo tempo (sin dalla legge istitutiva della Corte dei conti, del 1862) era sorto proprio quale necessario complemento del giudizio di conto! E sul giudizio di conto ? pacifica la esclusivit? della giurisdizione della Corte dei conti.

 

 

 

Ma, come si ? detto, con il tempo, via via che la nozione di danno erariale si evolveva, via via che si evolveva parallelamente la nozione di ?rapporto di servizio? con l?ente danneggiato (? , quello del c.d. rapporto di servizio, uno degli elementi costitutivi della responsabilit? in discorso) il giudizio di responsabilit? amministrativa ha ampliato i propri ambiti originari (che quasi ne facevano un ?corollario? del giudizio di conto; cfr. in proposito l?art. 61 della legge di contabilit? del 1869 e l?art. 226 del reg. contabilit? del 1889), ponendosi, nella giurisdizione della Corte dei conti, in primo piano e di fatto relegando ad un ruolo secondario e marginale il giudizio di conto.

 

 

 

Eppure ? quest?ultimo, come si ? visto, il vero nucleo ?storico? di questa speciale giurisdizione, e nel giudizio di conto si riflettono importanti e sempre attuali principi generali del nostro ordinamento (opportunamente richiamati nella sentenza commentata) :

 

 

 

?

 

 

-????????????????????????????????????????????????????? il pubblico denaro proveniente dai cittadini contribuenti, destinato a soddisfare le pubbliche necessit? , deve essere assoggettato alla garanzia costituzionale della correttezza della sua gestione;

 

 

 

-????????????????????????????????????????????????????? tale garanzia si attua con lo strumento del conto giudiziale

 

 

 

-????????????????????????????????????????????????????? il carattere necessario del giudizio di conto postula tre significati : a) a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia comunque maneggio di? denaro e valori pubblici ? consentito sottrarsi a questo fondamentale dovere; b) non possono porsi condizioni che rendano eventuale od aleatorio tale giudizio; c) nessuna parte del conto pu? essere sottratta alla giurisdizione della Corte dei conti.

 

 

 

?

 

 

Ciononostante, il giudizio di conto ? anche a motivo di una certa disaffezione degli stessi magistrati della Corte dei conti ? pareva aver perso interesse ed attualit? : il che , diciamolo,? era ed ? un errore, poich? ? attraverso l?esame dei conti e l?accertamento giudiziale del corretto maneggio del denaro pubblico che la Corte dei conti onorerebbe con maggiore incisivit? e continuit? i propri obblighi costituzionali di tutela della legalit? nella gestione delle pubbliche risorse.

 

 

 

Questa sentenza, che bene spiega le ragioni per cui giudizio di conto e giudizio di responsabilit? originati o comunque connessi ai medesimi fatti gestori possono essere congiuntamente discussi, costituisce dunque (anche) un segnale? La Corte dei conti torna a guardare allo strumento del giudizio di conto con rinnovata attenzione e considerazione?? C??, ad avviso di chi scrive, da sperarlo.

 

 

 

In fondo, a tacer d?altro (condoni, ecc.), i giudizi di responsabilit?, che perseguono anch?essi importanti finalit?, hanno il limite di essere attivati nella misura e nei casi in cui il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti ? posto nelle condizioni di conoscere fatti dannosi per le pubbliche finanze: E sovente tale conoscenza, gi? compromessa dall?attenuazione del sistema dei controlli,? ? anche ostacolata dalla distrazione, dall?incuria o dalla ?tolleranza? di chi dovrebbe, per obbligo istituzionale, denunciare o comunque segnalare.

 

 

 

Il rischio di una giustizia contabile ?spot? , con mille casi di malcostume ignorati a fronte dei pochi perseguiti, ? effettivo e non ? chi non vede quale ridotta capacit? di deterrenza avrebbe ? ed ha, purtroppo -? una tale giustizia .

 

 

 

In questo quadro, poich? il giudizio ?necessario? di conto, al quale dovrebbero essere sottoposti tutti i soggetti, persone giuridiche o fisiche, preposti al maneggio di denaro o valori pubblici,? possiede indubitabili caratteri di non episodicit?, sistematicit? ed incisivit? , ? auspicabile ci? che solo apparentemente potrebbe essere interpretato come? un ritorno al passato; in realt?, per la giurisdizione della Corte dei conti,? sarebbe tornare a percorrere la strada maestra.

Dott. Angelo CANALE,

 

 

 

Vice Procuratore Generale della Corte dei conti

 

 

 

Canale Angelo

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