Minicartelle: arriva lo stop della Consulta

Redazione 13/06/13
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La Corte Costituzionale ferma le minicartelle per importi minori di 30 euro: i costi di riscossione superano i vantaggi

 

Alessandro Camillini (tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it)

 

La disposizione che consente alle regioni e agli enti locali di non iscrivere a ruolo importi  minori dei 30 euro è legittima; almeno è quanto ha deciso la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 121 del 5 giugno 2013, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, promosse dalla Regione Veneto, dell’art. 3, comma 10, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modifiche, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, il quale stabilisce che“a decorrere dal 1° luglio 2012, non si procede al’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali, e locali, qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di euro 30, con riferimento a ogni periodo d’imposta”.
Bisogna ricordare che questa norma è stata assunta al fine di evitare che i costi di riscossione e di accertamento superino i benefici dell’entrata nelle casse della pubblica amministrazione. Dall’applicazione della norma impugnata, secondo la Regione, sarebbe derivato un grave pregiudizio finanziario, poiché ilcitato art. 3 del dl n.16 del 2012, nell’innalzare in modo troppo esoso il tetto della “modesta entità” dei crediti tributari, che prima era fissata a “lire 32 mila” (euro 16,53), avrebbe determinato una notevole contrazione del gettito sia dei tributi regionali “derivati” (istituti e disciplinati dalla legge statale e il cui gettito è attribuito alle Regioni) e sia delle addizionali regionali sulle basi imponibili di tributi erariali.
La norma infrangerebbe, quindi, tra gli altri, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dal punto di vista del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e l’art. 120 per inosservanza della leale collaborazione. La Corte ha ritenuto non fondate tutte le questioni sottoposte al suo esame e non ha perso l’occasione di ricordare alcuni principi che spesso sono dimenticati troppo facilmente dagli enti impositori o che allo stesso modo sono impiegati strumentalmente per avallare interpretazioni che sono puntualmente respinte dalla Consulta.
La Corte ancora una volta ha selezionato come elemento risolutivo delle questioni in esame la competenza legislativa esclusiva in materia tributaria attribuita allo Stato a seguito delle modifiche  al titolo V della costituzione. Chiarisce, infatti che è sbagliato il presupposto interpretativo da cui parte la regione ricorrente secondo il quale la disciplina dei crediti relativi a “tributi regionali derivati” è ascrivibile alla materia di competenza legislativa concorrente del“coordinamento del sistema tributario” di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.
Infatti, in base alla costante giurisprudenza della Corte, i tributi regionali “derivati” e le addizionali regionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, rientrano nella materia “ordinamento tributario dello Stato” che l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. riserva alla competenza legislativa statale, a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle Regioni. Lo stesso si può, naturalmente affermare per i tributi locali “derivati”, istituiti e regolamentati dalla legge statale e il cui gettito è attribuito agli enti locali.
La disciplina di questi tributi “derivati” è riservata, quindi, alla legge statale e ne consegue che, da una parte, il legislatore statale può introdurre norme non solo di principio, ma anche di dettaglio, e, dall’altro, l’intervento del legislatore regionale può integrare questa disciplina solo entro i limiti determinati dalla legislazione statale stessa. La Corte, inoltre, ha evidenziato  come la Regione non abbia dato la prova del fatto che l’applicazione della norma impugnata genererebbe una flessione del gettito dei tributi regionali“derivati” e delle addizionali regionali su tributi erariali, in misura tale da compromettere lo svolgimento delle sue funzioni.
La Corte, infine, di fronte all’ennesima invocazione della violazione del principio di leale collaborazione, ha chiarito che la norma impugnata è stata assunta nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva statale  in materia di “sistema tributario dello Stato”, per la quale la Costituzione non impone alcun coinvolgimento delle Regioni e che ad ogni modo l’esercizio dell’attività legislativa sfugge, in ogni caso, alle procedure di leale collaborazione.

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