L’installazione di un ascensore da parte di un singolo condomino portatore di handicap è conforme alle finalità della legge anche se comporta “solo” una sensibile attenuazione delle condizioni di disagio

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L’installazione di un ascensore in condominio finalizzata alla rimozione delle barriere architettoniche e realizzata a vantaggio di tutti i condomini, va considerata indispensabile per garantire l’accessibilità e l’abitabilità dell’appartamento stesso.

È vero, infatti, che la legislazione relativa ai portatori di handicap – Legge 9 gennaio 1989, n. 13 (“Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, oggi trasfusa nel TU Edilizia), e Legge 5 febbraio 1992, n. 104 («Legge – quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate») – ha mutato radicalmente le modalità di risoluzione dei problemi delle persone affette da invalidità, i quali attualmente devono essere posti a carico dell’intera collettività. Il predetto cambio di prospettiva ha trovato esplicazione nell’introduzione di disposizioni generali per la costruzione degli edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese all’eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dall’effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili. In particolare, nel valutare il contrasto delle opere, occorre tenere conto del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati.

L’attenuazione del disagio

In un caso, poi, esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Trieste, in accoglimento della domanda proposta da alcuni condomini, aveva accertato il diritto degli stessi, ai sensi della L. 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2, ad installare un ascensore occupando una parte del sedime del giardino comune, a ridosso della facciata, ove si trovava il portone d’ingresso del caseggiato. Tuttavia la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato le domande dei condomini, rilevando, tra l’altro, che l’ascensore non avrebbe comunque consentito ai condomini di raggiungere senza problemi i rispettivi appartamenti, dovendo fermarsi sul pianerottolo dell’interpiano con dieci gradini da percorrere a piedi. Secondo la Cassazione, però, ai fini della legittimità dell’intervento innovativo proposto, è sufficiente che lo stesso produca, comunque, un risultato conforme alle finalità della legge, anche solo attenuando sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cass. civ., sez. VI – 2, 09/03/2017, n. 6129).

Il palazzo storico e le difficili modifiche

Secondo una decisione, più risalente nel tempo, ai fini della legittimità della deliberazione adottata dall’assemblea dei condomini ai sensi dell’art. 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, l’impossibilità di osservare, in ragione delle particolari caratteristiche dell’edificio di epoca risalente, tutte le prescrizioni della normativa speciale diretta al superamento delle barriere architettoniche non comporta la totale inapplicabilità delle disposizioni di favore, finalizzate ad agevolare l’accesso agli immobili dei soggetti versanti in condizioni di minorazione fisica; nel caso esaminato era stato impossibile eliminare un gradino di accesso al fabbricato, l’apertura manuale di una porta, alcuni dislivelli e relativi gradini tra le uscite dall’ascensore ed i vari pianerottoli e mancavano accorgimenti tecnici di segnalazione. Tuttavia, per la Cassazione, l’intervento (nella specie, installazione di un ascensore in un cavedio) è pienamente legittimo qualora produca, comunque, un risultato conforme alle finalità della legge, imponendo un sacrificio ai dissenzienti, la cui entità, con accertamento di fatto è risultata contenuta entro limiti tollerabili (Cass. civ., sez. VI – 2, 26/07/2013, n. 18147).

Un caso recente

Il tribunale di Viterbo recentemente ha ritenuto illegittima la delibera che autorizzava l’installazione di un ascensore, da parte di un condominio, in quanto l’impianto, di fatto, non avrebbe eliminato totalmente le barriere architettoniche, attesa la presenza di alcuni gradini di accesso allo stabile; secondo la Corte d’Appello di Roma, però, l’ascensore poteva essere utilizzato anche passando direttamente dal garage; in ogni caso, i giudici di secondo grado hanno notato che l’eliminazione delle barriere architettoniche riguarda un diritto fondamentale della persona e conferisce, comunque, legittimità all’intervento innovativo, purché lo stesso sia idoneo, se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione. La delibera era, dunque, valida, soprattutto considerando che la condomina che aveva impugnato la stessa non poteva subire menomazioni nel godimento del bene comune (App. Roma 2 febbraio 2021, n. 1360).

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