L’indirizzo di residenza di una persona trovata morta non è un dato essenziale per la ricostruzione della vicenda che ne legittima la pubblicazione in un articolo giornalistico

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Garante per la protezione dei dati personali: Provvedimento n. 96 del 11 marzo 2021

Fatto

Il garante per la protezione dei dati personali aveva ricevuto un reclamo da parte del padre di una minorenne (sia in proprio che in qualità di rappresentante legale della figlia) con cui veniva richiesto di ordinare alla testata giornalistica on line pocketnews.it la rimozione di un articolo pubblicato sul sito internet con il quale il giornale aveva diffuso dei dati personali suoi e della figlia minorenne.

In particolare, all’interno di detto articolo veniva riportata la notizia relativa al ritrovamento senza vita del corpo di una donna, che era la moglie del reclamante e madre della di lui figlie nonché ulteriore reclamante, e venivano indicati dei dati personali, quali l’indirizzo di residenza della donna, che corrispondeva al medesimo indirizzo di residenza dei due reclamanti e che non risultava essere un’informazione essenziale ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca.

Il reclamante sosteneva che la pubblicazione di detto dato configurasse una violazione del diritto di riservatezza suo e della figlia e che avesse causato a quest’ ultima un grave pregiudizio, anche in considerazione del fatto che la notizia narrata nell’ articolo era molto specifica.

Il Garante privacy ha preliminarmente chiesto all’editore giornalistico di fornire le proprie osservazioni in ordine agli addebiti mossi dai reclamanti nonché a riferire sulla propria eventuale disponibilità a accogliere la richiesta di rimozione.

A fronte di ciò, la società editrice ha confermato di aver sospeso la pubblicazione dell’articolo giornalistico in questione e ha precisato di non aver avuto alcuna volontà di violare la riservatezza dei reclamanti, essendosi limitata soltanto a riportare nell’ articolo dei dati che erano stati resi pubblici dalle forze dell’ ordine che si erano occupati di svolgere le indagini circa la morte della donna. La società precisava, inoltre, di non aver mai fatto alcun riferimento all’ interno dell’ articolo ai figli della donna.

Il reclamante ha quindi replicato alle difese della società, evidenziando come l’articolo in questione risultava ancora reperibile sulla rete internet (nonostante la conferma che fosse stato sospeso) e che le forze di polizia si fossero limitati a dare notizia dei fatti, ma non avevano mai autorizzato la pubblicazione del dato personale oggetto di discussione e che comunque la società editrice avrebbe dovuto compiere una autonoma valutazione sulla leicità o meno della pubblicazione di tale dato.

La decisione del Garante

Il Garante per la protezione dei dati personali ha accolto il reclamo presentato e ritenuto che la diffusione dell’ indirizzo di residenza dei reclamanti, nei termini sopra descritti, configuri una violazione della normativa in materia di privacy.

Preliminarmente l’Autorità ha evidenziato come, poiché l’oggetto del procedimento riguarda dei dati personali contenuti all’ interno di un articolo pubblicato su una testata giornalistica on line, le norme che devono essere prese in considerazione siano non solo quelle del codice privacy, ma anche le Regole deontologiche in materia di trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica.

Ciò detto, il Garante ha valutato la condotta posta in essere dall’editore.

In particolare, quest’ultimo ha pubblicato un articolo di cronaca relativo al decesso della donna, riportando alcuni dettagli della vicenda che non sono da ritenersi essenziali ai fini della ricostruzione dei fatti: a tal proposito, infatti, il Garante ha ritenuto che l’indirizzo di residenza della persona trovata morta e alcune informazioni su aspetti della sua vita intima non sono configurabili come essenziali per la ricostruzione della vicenda.

Secondo il Garante, inoltre, la pubblicazione di tali dati sostanzia una lesione dei diritti degli altri soggetti coinvolti, come i familiari della persona trovata morta, in considerazione del fatto che l’indirizzo di residenza di questi ultimi è il medesimo di quello pubblicato nonché del fatto che i dettagli circa la vita intima della donna (nel caso di specie l’esistenza di una relazione di quest’ultima con la persona che è indagata per la sua morte) sono idonei a aggravare ulteriormente gli effetti causati dalla notizia sui familiari coinvolti senza che ciò determini un miglior esercizio del diritto di cronaca.

In considerazione di quanto sopra, il Garante ha ritenuto che detta condotta dell’editore configuri una violazione del GDPR e delle richiamate Regole deontologiche e di conseguenza ha comminato la sanzione a carico della società. In particolare, posto che l’editore aveva comunicato di aver sospeso la pubblicazione dell’ articolo giornalistico di cui è causa e che dai controlli effettuati dall’Autorità l’articolo risultava effettivamente rimosso, nonché tenuto conto del fatto che l’editore non aveva alcun precedente in merito a violazioni analoghe a quelle riscontrate, il Garante ha ritenuto proporzionato applicare la semplice misura dell’ammonimento nonché ordinare il divieto di compiere ulteriori trattamenti dell’ indirizzo di residenza della donna descritta nell’articolo nonché delle altre informazioni relativa alla vita intima della stessa con delle modalità tali da poter recare pregiudizio ai familiari (e in particolare alla figlia minore), potendo soltanto conservare detti dati ai fini di un loro eventuale utilizzo in sede giudiziaria.

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