Le astreintes previste in altri ordinamenti non sono incompatibili con il principio dell’ordine pubblico.

Amoruso Maria 30/07/15
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Le astreintes previste in altri ordinamenti (nella specie quello belga), dirette ad attuare, con il pagamento di una somma crescente con il protrarsi dell’inadempimento, una coercizione per propiziare l’adempimento degli obblighi non coercibili in forma specifica, non sono incompatibili con l’ordine pubblico.

IL CASO

In data 26.9.2012, la Corte d’Appello di Palermo respingeva un’opposizione proposta a norma del Regolamento n. 44/2001/CE (recante disposizioni concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) avverso un decreto che aveva consentito l’esecutività – nel territorio italiano – di un’ordinanza emessa dal Giudice del sequestro di prima istanza di Bruxelles del 15.4.2009.

Con tale ordinanza, il Giudice belga aveva dichiarato dovuto – per i giorni tra il 17.7 ed il 20.10 dell’anno 2008 – l’importo giornaliero determinato dal Presidente del Tribunale di Commercio di Bruxelles, relativo al ritardo nella consegna, al sequestratario nominato dal giudice, di azioni rappresentative del capitale sociale di una società.

Il Giudice di Appello aveva, infatti, ritenuto non rilevante la non tempestiva notificazione del provvedimento straniero in quanto, tale circostanza, non ha inciso sul diritto di difesa dei soggetti condannati al pagamento; aveva evidenziato che il provvedimento straniero era divenuto definitivo nelle more del giudizio di opposizione; aveva sostenuto che l’ordinanza di condanna alle astreintes non violava i principi dell’ordine pubblico, stante l’introduzione dell’art. 614 bis c.p.c.. da parte della L. 69/2009; infine, aveva declinato ogni competenza in ordine alla sproporzione della penalità, in quanto preclusa al Giudice italiano, ai sensi dell’art. 45 del Regolamento n. 44/2001/CE.

Avverso tale sentenza, veniva proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro censure, in particolare denunciando – con il quarto motivo di ricorso – la contrarietà delle astreintes belga con l’ordine pubblico interno, in quanto la responsabilità civile ha esclusivamente funzione reintegratoria e l’art. 614 bis c.p.c. al tempo leda pronuncia del Presidente del Tribunale commerciale di Bruxelles (5.3.2008) non era ancora stato introdotto.

IL COMMENTO

La sentenza in commento si occupa della compatibilità dell’istituto delle astreintes – strumenti di coercizione indiretta attraverso i quali si induce un soggetto ad adempiere la propria obbligazione – con il principio dell’ordine pubblico italiano.

A parere dei ricorrenti, l’istituto de quo contrasta con tale principio ai sensi dell’art. 34 co. 1 del Regolamento n. 44/2001/CE secondo il quale non può procedersi al riconoscimento delle decisioni straniere se queste sono manifestamente contrarie “all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto”.

La contrarietà al suddetto principio era desunta dalla funzione reintegratoria e non punitiva dell’istituto della responsabilità civile italiana, nonché dalla carenza – nell’ordinamento italiano al tempo della pronuncia belga – di un istituto di portata simile.

Secondo il Supremo Consesso di Legittimità, tale censura è priva di fondamento.

Invero, la Corte di Cassazione richiama quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (6.9.2012, C-619/70, Trade Agency Ltd) la quale ha affermato che l’art. 34 co. 1 del predetto Regolamento deve essere interpretato restrittivamente: infatti, poiché esso costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali del regolamento, il ricorso alla clausola relativa all’ordine pubblico “può avvenire solo in casi eccezionali”.

In sostanza, può invocarsi tale clausola ove vi sia il palese contrasto di un principio cardine dell’ordinamento o una “manifesta violazione di una norma considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dello Stato membro richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico”.

Le stesse Sezioni Unite – già in passato – hanno affermato l’inderogabilità della tutela dell’ordine pubblico, quale insieme di “regole fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici in cui si articola l’ordinamento positivo nel suo perenne adeguarsi all’evoluzione della società”, a presidio della sovranità dello Stato ai sensi dell’art. 1 co. 2 Cost.

Dunque, l’ordine pubblico identifica quei “principi cardine dell’ordinamento giuridico, i quali caratterizzano la stessa struttura etico-sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico, conferendole una individuata ed inconfondibile fisionomia, nonché delle regole inderogabili, provviste del connotato della fondamentalità, che le distingue dal più ampio genere delle norme imperative, immanenti ai più importanti istituti giuridici, ivi compresi i principi desumibili dalla Corte Costituzionale” (Cass., 13.12.1999, n. 13928; Cass., 6.12.2002, n. 17349; Cass., 26.11.2004, n. 22332; Cass., 4.5.2007, n. 10215; Cass., 19.7.2007, n. 16017; Cass., 18.4.2013, n. 9483), tenendo in dovuta considerazione il contesto europeo, internazionale e convenzionale (Cass., 26.11.2004, n. 22332).

Stante l’accostamento – da parte dei ricorrenti, al fine di consolidare la propria tesi difensiva – delle astreintes ai danni punitivi, la Cassazione – richiamando due pronunce (Cass., 19.1.2007, n. 1183; Cass., 8.2.2012, n. 1781) che hanno sancito l’incompatibilità dei cd. punitive damages con l’ordine pubblico, in quanto il diritto al risarcimento del danno, come configurato nell’ordinamento italiano, non presenta caratteristiche e finalità punitive –  ha affermato che il Giudice belga ha usato le astreintes al fine di obbligare al pagamento di una somma per ogni giorno di ritardo nella consegna senza finalità punitive.

La Cassazione, pertanto, evidenzia come le astreintes abbiano una funzione coercitiva indiretta (che, pure, può riconoscersi ai danni punitivi, obbligando essi al rispetto del principio del neminem laedere) consistenti della “minaccia di un danno nei confronti di chi si comporta in modo indesiderato”.

Posto che la misura pecuniaria è comminata in aggiunta non alla condanna risarcitoria, ma a quella di consegnare un bene determinato, l’astreinte si allontana dalla liquidazione del danno punitivo, presentando i caratteri di una tecnica di tutela di altro tipo, ossia di induzione all’adempimento mediante una pressione (indiretta, nel senso che non ricorre agli organi dello Stato; diretta, per il fine perseguito) a tenere il comportamento dovuto.

A tale stregua, le Sezioni Unite ritengono che l’astreinte comminata nel provvedimento del giudice belga non contrasta con il principio dell’ordine pubblico interno.

Non si può considerare, invero, in contrasto con un principio fondamentale, desumibile dalla Costituzione o da fonti equiparate, il provvedimento di condanna al pagamento di una somma che si accresce con il protrarsi dell’inadempimento, impartito da un giudice al fine di coazione all’adempimento di un obbligo infungibile.

Al contrario, la usura comminata tutela il diritto del creditore alla prestazione principale accertata con provvedimento giudiziale, dunque, mira ad assicurare il rispetto di fondamentali e condivisi principi, quali il giusto processo civile, inteso come attuazione in tempi ragionevoli e con effettività delle situazioni di vantaggio ed il diritto alla libera iniziativa economica”.

Allo scopo di suffragare tale conclusione, il Supremo Collegio di Legittimità afferma che non rileva che l’art. 614 bis c.p.c. sia stato introdotto dopo la pronuncia della condanna (datata 5.3.2008, mentre solo con la L. 18.6.2009 n. 69, è stato introdotto l’art. 614 bis c.p.c.) da un lato, perché la compatibilità con l’ordine pubblico va valutata al momento della definizione del giudizio di opposizione all’exequatur; dall’altro, per la presenza di indici normativi preesistenti con i quali il legislatore ha previsto il pagamento di una somma di denaro per ogni inosservanza, violazione successiva o giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento che accerta la violazione (ad esempio, gli artt. 86 R.D. 29.6.1939, n. 1127 e 66 R.D. 21.6.1942, n. 829, in materia di brevetti e marchi; l’art. 140 co. 7 del D.Lgs. 6.9.2005, n. 206, cd. codice del consumo).

Sotto il profilo della proporzionalità, infine, premessa che la caratteristica delle astreintes è quella di lievitare in ragione del ritardo, basterà adempiere per evitarne un eccessivo e spoporzianto ammontare.

In conclusione, si precisa che anche gli altri motivi di doglianza sono stati respinti dalla Corte di Cassazione, la quale:

a) in relazione al primo motivo di ricorso, ha ritenuto insussistente il vizio di motivazione posto che l’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. (come riformato dal D.L. 83/2012, convertito in L. 134/2012) ha circoscritto il sindacato sulla motivazione alla sola anomalia che incida sulla sua concreta esistenza;

b) in relazione al secondo motivo di ricorso, ha confermato che la notifica non tempestiva non ha inciso sul diritto di difesa che è stato esercitato con pienezza di tutela;

c) in relazione al terzo motivo di ricorso, ha confermato che ai fini della declaratoria di esecutività rileva il momento di definizione dell’opposizione da parte della Corte d’Appello.

Amoruso Maria

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