La tecnica del bilanciamento tra diritto di accesso e limitazione

     Indice

  1. Cos’è la tecnica del bilanciamento?
  2. Il concetto di “pregiudizio concreto”

1. Cos’è la tecnica del bilanciamento?

La tecnica del bilanciamento è un particolare strumento che viene utilizzato dall’amministrazione nei casi di procedimenti di accesso civico generalizzato di cui al decreto legislativo del 14 marzo 2013, n. 33, al fine di valutare gli interessi coinvolti. Difatti, nel caso delle eccezioni c.d. parziali o qualificate, il legislatore rinvia ad una attività valutativa che deve essere effettuata dalle amministrazioni con la c.d. tecnica del bilanciamento, ovvero con una valutazione atta a valutare caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento. L’amministrazione, pertanto, è tenuta a verificare, una volta accertata l’assenza di eccezioni assolute, se l’ostensione degli atti possa determinare un pregiudizio concreto e probabile agli interessi indicati dal legislatore. Affinché l’accesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi considerati dai commi 1 e 2 deve essere concreto e quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. L’amministrazione non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:

  1. a) indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5 bis, co. 1 e 2 – viene pregiudicato;
  2. b) valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla disclosure dell’informazione richiesta;
  3. c) valutare se il pregiudizio conseguente alla disclosure è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile.

Detta valutazione, proprio perché relativa alla identificazione di un pregiudizio in concreto, non può essere compiuta che con riferimento al contesto temporale in cui viene formulata la domanda di accesso: il pregiudizio concreto, in altri termini, va valutato rispetto al momento ed al contesto in cui l’informazione viene resa accessibile.  Tale processo logico è confermato dalle previsioni dei commi 4 e 5 dell’art. 5-bis del decreto trasparenza: da una parte, il diniego dell’accesso non è giustificato, se ai fini della protezione di tale interesse è sufficiente il differimento dello stesso per la tutela degli interessi considerati dalla norma (art. 5-bis, comma 5). I limiti, cioè, operano nell’arco temporale nel quale la tutela è giustificata in relazione alla natura del dato, del documento o dell’informazione di cui si chiede l’accesso (art. 5-bis co. 5). Allo stesso modo, l’amministrazione dovrà consentire l’accesso parziale utilizzando, se del caso, la tecnica dell’oscuramento di alcuni dati, qualora la protezione dell’interesse sotteso alla eccezione sia invece assicurato dal diniego di accesso di una parte soltanto di esso. In questo caso, l’amministrazione è tenuta a consentire l’accesso alle parti restanti (art. 5-bis, comma 4, secondo alinea). L’amministrazione è tenuta quindi a privilegiare la scelta che, pur non oltrepassando i limiti di ciò che può essere ragionevolmente richiesto, sia la più favorevole al diritto di accesso del richiedente, omettendo con accorgimenti tecnici i dati, documenti e informazioni che possono recare un pregiudizio concreto al controinteressato.


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2. Il concetto di “pregiudizio concreto”

Ai fini della valutazione del pregiudizio concreto, vanno prese in considerazione le conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e socialeche potrebbero derivare all’interessato, o ad altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo, dalla conoscibilità, da parte di chiunque, del dato, dell’informazione, o del documento richiesto, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all’art. 3, comma 1, del decreto legislativo del 14 marzo 2013, n. 33, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente tramite l’accesso generalizzato sono considerati come «pubblici», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (articolo 7 del decreto legislativo del 14 marzo 2013, n. 33). Tali conseguenze potrebbero riguardare, ad esempio, future azioni da parte di terzi nei confronti dell’interessato, o situazioni che potrebbero determinare l’estromissione o la discriminazione dello stesso individuo, oppure altri svantaggi personali e/o sociali10. Pertanto, può essere valutata, ad esempio, l’eventualità che l’interessato possa essere esposto a minacce, intimidazioni, ritorsioni o turbative al regolare svolgimento delle funzioni pubbliche o delle attività di pubblico interesse esercitate, che potrebbero derivare, a seconda delle particolari circostanze del caso, dalla conoscibilità di determinati dati11. Analogamente, vanno tenuti in debito conto i casi in cui la conoscibilità di determinati dati personali da parte di chiunque possa favorire il verificarsi’ di eventuali furti di identità o di creazione di identità fittizie attraverso le quali esercitare attività fraudolente12. Nel valutare l’impatto nei riguardi dell’interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest’ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati[1].


Note

[1] Linee guida Anac, determinazione n. 1309 del 28/12/2016.

Armando Pellegrino

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