La ricorrente, in quanto seconda classificata, ha titolo all’aggiudicazione della gara

Lazzini Sonia 14/10/10
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Peraltro, come è pacifico tra le parti, ormai l’appalto (avente una durata di trentasei mesi da agosto 2008) è quasi completamente eseguito ed inoltre la ricorrente non ha manifestato nella memoria conclusiva interesse a subentrare nel relativo contratto., per cui occorre prendere in considerazione la domanda di risarcimento del danno per equivalente.

Nella vicenda appare senz’altro addebitabile a colpa dell’Amministrazione la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, nonostante una specifica richiesta in tal senso da parte della ricorrente prima della proposizione del ricorso.

Né vale sostenere da parte dell’Amministrazione la mancanza del carattere strumentale nella societa Controinteressata in quanto la particolarità della vicenda è l’interposizione di uno schermo societario fra l’ente locale e la società strumentale, che nella specie poteva essere rilevato con l’ordinaria diligenza.

Per la quantificazione del danno a carico dell’Amministrazione , che la ricorrente prospetta complessiva mente in euro 160.000,00, di cui 60.000 per mancata esecuzione del contratto avente un valore complessivo di euro 600.000 ed un utile del 10% + euro 100.000 per perdita del fatturato che le avrebbe consentito di partecipare ad altre gare), occorre considerare che:

-il lucro cessante da mancata aggiudicazione va limitato, in conformità alla decisione della Sezione 22 febbraio 2010 n.1038, alla minor somma fra l’utile dichiarato dall’impresa all’atto della presentazione dell’offerta ( o desumibile dal tenore complessivo di essa ) e la percentuale del 10% dell’importo complessivo della base d’asta come ribassato dall’offerta della ricorrente ( unico parametro indicato nell’appello che così isolatamente considerato consentirebbe un’ingiusta locupletazione all’impresa danneggiata). Tale somma, trattandosi di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria, sino alla pubblicazione della presente sentenza (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta). Spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione delle presente decisione fino al soddisfo effettivo (Cons. Stato, Sez. VI, n. 3144/2009);

-la risarcibilità del c.d. danno curricolare (pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non aver svolto l’appalto) non può spettare nella somma indicata dalla ricorrente di 100.000,00 euro, che è eccessivamente elevata tenendo presente che normalmente viene determinata in una percentuale alquanto ristretta (dall’1% al 5%, talvolta applicata sull’importo globale dell’appalto ed in altri casi sulla somma liquidata a titolo di lucro cessante (V. Cons. di St. Sez. VI 21 maggio 2009 n. 3144). Essa nel caso in esame viene perciò stabilita in via equitativa in euro 7.000,00 attualizzati, che corrisponde all’incirca all’1% del valore complessivo dell’appalto.

La somma dovuta a titolo di risarcimento danno per equivalente, secondo i criteri sopra indicati, dovrà essere liquidata ai sensi dell’ 35 comma 2, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, sostituito dall’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione, ove anteriore della presente decisione.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto nei limiti indicati.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

A cura di *************

 

Riportiamo qui di seguito la decisione numero 6527 del 10 settembre 2010 pronunciata dal Consiglio di Stato

 

N. 06527/2010 REG.DEC.

N. 09730/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9730 del 2009, proposto da:
Ricorrente S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti ******************, *************** e **************************, con domicilio eletto presso lo Studio di ************************** e *************** in Roma, via Lorenzo Magalotti N.15;

contro

-Controinteressata Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti . ***************** e ******************, con domicilio eletto presso ************************** in Roma, via degli Scipioni N.288;
-Csi Piemonte – Consorzio Per il Sistema Informativo del Piemonte, in persona del legale rappresentante p.t, rappresentato e difeso dagli avv.ti *****************, ************, *********** e *************************, con domicilio eletto presso ************************* in Roma, via Cosseria N. 5;
-ALFA S.C.P.A, non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE I n. 02074/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO RILASCIO CERTIFICATI DIGITALI NEGLI ATENEI PIEMONTESI – RIS. DANNO.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Controinteressata Spa e di Csi Piemonte – Consorzio Per il Sistema Informativo del Piemonte;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2010 il Cons. *************** e uditi per le parti gli avvocati ***********, ******* e *********;

Visto il dispositivo di decisione n.419/2010;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il TAR Piemonte ha respinto il ricorso proposto dalla società Ricorrente avverso gli atti della gara indetta dal Csi-Piemonte-Consorzio per il sistema informativo- per l’affidamento per la durata di 36 mesi del servizio di rilascio dei certificati digitali e forniture accessorie destinato agli atenei piemontesi e relativa aggiudicazione definitiva a favore di Controinteressata SpA (delibera del Consiglio di Amministrazione del 17 giugno 2008), mentre la ricorrente era risultata seconda classificata.

In particolare, il Giudice di primo grado, dopo aver osservato che in materia il riferimento alle amministrazioni locali era stato interpretato in chiave estensiva con l’inclusione degli enti locali non territoriali ed in particolare delle Camere di commercio, ha ritenuto infondate le censure proposte dalla ricorrente di violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. 223 del 2006 (convertito dalla l. n.248/2006) nonché eccesso di potere per difetto di presupposto, motivazione insufficiente, illogicità manifesta e per sviamento, tendenti all’esclusione dalla gara di Controinteressata s.p.a. sul presupposto dell’operatività nei confronti dell’aggiudicataria del divieto di cui all’art. 13, comma 1, del d.l. n.223/2006, considerando che la società Controinteressata non era ente strumentale né di ALFA né delle Camere di commercio.

2. Avverso detta sentenza ha proposto appello la ricorrente originaria, deducendo quanto segue:

-contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, la società Controinteressata svolgeva all’atto della gara e svolge tuttora attività, forniture e servizi strumentali all’attività di ALFA (società titolare dell’intero capitale sociale di Controinteressata) e delle Camere di commercio (che controllano il 100% del capitale sociale di ALFA), per un importo almeno pari ai 2/3 del proprio fatturato verso ALFA. oltre le commesse attribuitele direttamente dalle Camere di commercio e dalle altre controllate da ALFA;

-il TAR non ha tenuto conto della sentenza TAR Toscana n.417/2009, con la quale è stato accertato che Controinteressata era una società soggetta ai limiti di cui all’art. 13 d.l. n. 223/2006;

-le attività svolte da Controinteressata a favore delle Camere di commercio, direttamente o tramite ALFA, rientrano nella nozione di “beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività”di cui al menzionato art. 13;

-nella specie ALFA, al dichiarato scopo di sottrarsi ai rigori del menzionato art. 13, ha creato un proprio clone (Controinteressata) che continua a cumulare attività svolte senza gara nei confronti dell’ente controllante e attività rivolte al mercato, per cui Controinteressata viene a godere di illegittimi vantaggi derivanti dalla sostanziale esclusiva disponibilità dell’intero mercato camerale;

-la mera interposizione di uno schermo societario fra l’ente locale e la società strumentale non fa venir meno il divieto di cui all’art.13 d. l. n.223/2006 in quanto le Camere di commercio, titolari del 100% del capitale di ALFA, nominano gli amministratori della propria controllata, e il consiglio di amministrazione di ALFA, nominato dalle camere di commercio, nomina gli amministratori di Controinteressata in virtù della partecipazione al 100% del capitale sociale;

-irrilevante si presenta la cessione delle azioni di ALFA in Controinteressata a favore di “IC *****”dal momento che tale trasferimento è avvenuto nel luglio 2008 mentre l’aggiudicazione è intervenuta nel giugno del 2008, a parte che il trust posto in essere continua ad eludere il divieto in parola mediante il Comitato di consulenza i cui membri sono nominati dal’assemblea dei soci di ALFA;

-dall’illegittimità degli atti impugnati e dal colpevole comportamento dell’amministrazione, per aver omesso i necessari controlli, discende un ingente danno a carico della ricorrente da quantificare in euro 160.000 (di cui 60.000 per mancata esecuzione del contratto per un valore complessivo di euro 600.000 ed un utile del 10%; + euro 100.000 per perdita del fatturato che le avrebbe consentito di partecipare ad altre gare) salvo una maggiore o minore somma ritenuta di giustizia anche ai sensi art. 35 D. l.vo n.80/1998.

3. Si sono costituiti in giudizio il Consorzio per il sistema informativo per il Piemonte e la società Controinteressata che hanno chiesto il rigetto dell’appello.

In prossimità dell’udienza di discussione del ricorso le parti hanno presentato memoria conclusiva.

L’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie doglianze, richiamando a favore della sua tesi le sentenze TAR Lazio n.1015/2010 e Cons. di St. sez. V n.1037/2010, di conferma sentenza TAR Toscana n. 417/2009, con le quali è stato ritenuto che il divieto di cui all’art. 13 d. l. n.223/206 è applicabile anche a Controinteressata.

La società Controinteressata, premesso che per l’applicazione dell’art. 13 d.l. n. 223/2006 occorrono due presupposti e cioè la presenza di una partecipazione pubblica nel capitale sociale e che la società partecipata sia stata costituita per l’esercizio di attività strumentali a quelle dell’ente partecipante, ha poi rilevato la parziale inammissibilità dell’ appello in quanto nel ricorso originario sarebbe stata dedotta come ragione di esclusione dalla gara solo .a circostanza che ALFA aveva una partecipazione totalitaria in Controinteressata, mentre ora con l’appello veniva addotto anche lo svolgimento di attività strumentale a quella dell’ente partecipante. Ha quindi rilevato che l’appellante aveva inteso sottoporre a critica la sentenza del Tar sulla base di documentazione che non esisteva all’epoca dell’adozione degli atti impugnati; che non corrispondeva a verità la costituzione di Controinteressata come schermo societario di ALFA per consentirle di prestare servizi di carattere strumentale all’attività delle camere di commercio, richiamando la sentenza di primo grado, il cui era stato recentemente confermato in un caso analogo dal Cons. di St. sez. V n.1282/2010.

Il Consorzio per il sistema informativo del Piemonte ha fatto presente che nel frattempo l’appalto era stato quasi completamente eseguito, residuando per il 2010 una limitata attività; che l’appello era parzialmente inammissibile per la medesima ragione indicata da Controinteressata e comunque infondato; che la ricorrente in ogni caso non aveva titolo al risarcimento del danno in quanto non sussisteva alcuna colpa a carico dell’Amministrazione anche in considerazione della continua evoluzione giurisprudenziale in materia; che peraltro la ricorrente non aveva fornito alcun elemento di prova sul danno subìto ed in particolare sul danno da perdita di fatturato.

All’udienza dell’8 giugno 2010, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4.La censura mossa dall’appellante alla sentenza ed agli atti di gara, sia pure articolata su diversi profili, è sostanzialmente unitaria, e consiste nell’addebito di errata e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella l. 4 agosto 2006 n. 248, in quanto l’aggiudicataria (soc. Controinteressata) doveva essere esclusa dalla gara per essere mera interposizione di uno schermo societario fra l’ente locale (Camere di commercio) e la società strumentale (ALFA) che non fa venir meno il divieto di cui al menzionato art.13.

Per cui appare priva di fondamento l’eccezione delle parti resistenti in ordine alla novità delle deduzioni avanzate in appello rispetto al ricorso originario.

5.La indicata doglianza dell’appellante va condivisa, non sussistendo ragioni per discostarsi dalla recente decisione della Sezione 22 febbraio 2010 n.1037, di conferma della sentenza TAR Toscana, sez. I. 13 marzo 2009 n.417, che si è occupata proprio in relazione a detto art. 13 del rapporto intercorrente tra ALFA (società consortile di informatica strumentale delle Camere di commercio italiane) ed Controinteressata (società per azioni costituita nel luglio 2007 con capitale in mano all’unico azionista ALFA).

5.1.Si osserva al riguardo che ALFA s.p.a. è una società informatica strumentale delle Camere di commercio italiane (considerate ormai pacificamente amministrazioni pubbliche locali) e che ad essa si applica il divieto di cui all’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 240 del 2006, di svolgere attività per enti diversi da quelli che l’hanno costituita e di partecipare ad altre società o enti.

In tal senso depone, d’altra parte, il comportamento posto in essere da ALFA, che nel luglio del 2007, proprio in relazione a quanto disposto dall’art. 13 del d.l. n. 223 del 2006, ha realizzato lo scorporo in favore di Controinteressata del ramo di azienda costituito dalle attività di sicurezza informatica e relativa commercializzazione nonché altre attività funzionalmente collegate, con aumento di capitale e consolidamento in capo all’unico azionista ALFA di un capitale complessivo di euro 23.000.000,00.

Il divieto di partecipare alla gara in questione a carico di ALFA, società informatica per le Camere di commercio, non poteva che trasmettersi alla società Controinteressata in quanto società per azioni con socio unico partecipata al 100% da ALFA e svolgente pur essa servizi informatici.

5.2.Come precisato nella decisione della Sezione n. 1037/2010, le ragioni per le quali la società strumentale rappresenta una turbativa del libero giuoco della concorrenza consistono nel rischio che si creino particolari situazioni di privilegio per alcune imprese, quando queste ultime usufruiscano, sostanzialmente, di un aiuto di Stato, vale a dire di una provvidenza economica pubblica atta a diminuirne o coprirne i costi.

Il privilegio economico non necessariamente si concretizza nel contributo o sussidio diretto o nell’agevolazione fiscale o contributiva, ma anche garantendo una posizione di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese.

Invero, una posizione di vantaggio non sempre si realizza introducendo limiti e condizioni alla partecipazione delle imprese concorrenti, ma anche garantendo ad un’impresa una partecipazione certa al mercato cui appartiene, garantendo, in sostanza, l’acquisizione sicura di contratti il cui provento sia in grado di coprire, se non tutte, la maggior parte delle spese generali; in sintesi: un minimo garantito (ecco il senso delle limitazioni ad operare sul mercato di imprese strumentali agli enti costituenti).

Né occorre che ciò determini profitto, purché l’impresa consegua da tali contratti quanto è sufficiente a garantire e mantenere l’apparato aziendale.

In una tale situazione, ogni ulteriore acquisizione contrattuale potrà avvenire offrendo sul mercato condizioni concorrenziali, poiché l’impresa non deve imputare al nuovo contratto anche la parte di costi generali già coperta, ma solo il costo diretto di produzione. Gli ulteriori contratti, sostanzialmente, diventano più che marginali e permettono o la realizzazione di un profitto maggiore rispetto all’ordinaria economia aziendale del settore, ovvero di offrire sul mercato prezzi innaturalmente più bassi, perché non gravati dall’ammortamento delle spese generali.

Nell’uno o nell’altro caso, il meccanismo del minimo garantito altera la par condicio delle imprese in maniera ancora più grave perché con riflessi anche sul mercato dei contratti privati. L’impresa beneficiaria di questa sorta di minimo garantito, infatti, è competitiva non solo nelle gare pubbliche, ma anche rispetto ai committenti privati, sicché, in definitiva, un tale sistema diviene in sé assai più pericoloso e distorcente di una semplice elusione del sistema delle gare.

La Corte costituzionale nella sentenza n. 326 del 2008 in tema di presunta illegittimità dell’art. 13 del d.l. c.d. Bersani, a proposito del divieto imposto alle società strumentali di detenere partecipazioni in altre società o enti, ha affermato: “Esso è complementare rispetto alle altre disposizioni considerate. É volto, infatti, a evitare che le società in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, le attività loro precluse. La disposizione impugnata vieta loro non di detenere qualsiasi partecipazione o di aderire a qualsiasi ente, ma solo di detenere partecipazioni in società o enti che operino in settori preclusi alle società stesse.”.

5.3.Si sostiene dalle parti resistenti (confortate dalla sentenza appellata) che i divieti, imposti dalla norma alle società a capitale interamente o parzialmente pubblico, di prestare attività per soggetti diversi dall’ente che le ha costituite, nonché di assumere partecipazioni finanziarie in altre società, riguardano le società strumentali, ossia quelle che svolgono servizi per conto di un ente pubblico in quanto funzionali alle attività di competenza del medesimo. Per cui la qualifica di società strumentale non potrebbe essere attribuita alla società Controinteressata, tenuto conto della vicenda che ne ha determinato la costituzione nonché dell’oggetto sociale desumibile dallo statuto.

Si aggiunge poi che se ALFA s.p.a. poteva considerarsi società strumentale delle Camere di commercio italiane, che ne detengono l’intero capitale sociale, la stessa qualificazione non potrebbe riguardare Controinteressata S.p.a. costituita mediante scorporo del ramo di azienda riguardante tutte le attività di elaborazione e gestione dati e consulenza informatica che in precedenza erano svolte da ALFA in aggiunta ai compiti propriamente strumentali.

Controinteressata, infatti – si precisa – è stata costituita in applicazione del disposto di cui al comma 3 del ricordato art. 13, a mente del quale “al fine di assicurare l’effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tal fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società da collocare sul mercato….”.

5.4.L’asserita mancanza del carattere strumentale di Controinteressata è ininfluente nel caso in esame in quanto viene in considerazione una società non partecipata direttamente da amministrazioni pubbliche locali (per tale ipotesi v. la decisione della Sezione 22 marzo 2010 n. 1651) ma costituita da ALFA per scorporo di un ramo di azienda.

Controinteressata non può partecipare alla gara in regime di libera concorrenza in quanto impiega un capitale appartenente al 100% ad una società (ALFA) cui è precluso – in osservanza del principio di par condicio, consacrato nel d.l. Bersani e poi esteso dalla legge finanziaria n. 244 del 2007 – concorrere con soggetti che non possono beneficiare di analoga situazione di privilegio, secondo quanto rappresentato sopra.

Le amministrazioni pubbliche locali, e quindi anche le Camere di commercio, possono impiegare propri capitali per costituire società al fine di ottenere l’affidamento di servizi di utilità generale, concorrendo liberamente in una gara ad evidenza pubblica; ma tale iniziativa non può essere perseguita mediante la costituzione di una società partecipata al 100% da una loro società strumentale, perché in tal modo verrebbe ad essere eluso, sia pure indirettamente, il divieto di svolgere attività diverse da quelle espressamente consentite ai soggetti che godono del beneficio del minimo garantito, come detto sopra.

Occorre considerare, infatti, che se fosse ammessa la costituzione del nuovo organismo societario ad opera della società strumentale scorporante con impiego in modo determinante del proprio capitale, risulterebbe violato il divieto imposto alle società strumentali di partecipare ad altre società ed enti, sancito dal comma 1 dell’art. 13. L’apparente antinomia invero, risulta superabile interpretando la norma che prevede lo scorporo nell’unico senso logicamente coerente con l’obbligo di dismissione, ossia come volta a promuovere una operazione che, nella creazione dell’organismo destinato a gestire le attività dismesse, non comporti l’intervento finanziario decisivo dell’ente strumentale.

In altri termini lo scorporo delle attività da parte delle società strumentali mediante la costituzione di una separata società in tanto interrompe il divieto di cui al menzionato art. 13 in quanto la nuova società sia effettivamente “separata” e cioè autonoma e indipendente rispetto alla società strumentale.

Autonomia e indipendenza che è insussistente in Controinteressata rispetto ad ALFA ed alle Camere di commercio dal momento che ALFA (società strumentale delle Camere di commercio) è socio unico di Controinteressata.

5.5.È da aggiungere che la previsione di cedere a terzi le società e le partecipazioni vietate, abrogato dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 720, della legge 27 dicembre 2006 n. 906), è stato ripristinato dalla legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007 n. 244, art. 3 comma 29), che ha anche stabilito per l’adempimento un termine più volte prorogato, da ultimo dall’art. 71, comma 1, lett. e) della legge 18 giugno 2009 n. 69.

Ed è in vista di tale trasferimento che ALFA ha proceduto nel luglio del 2008 ad un atto costitutivo di ***** ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, ratificata dalla Repubblica Italiana in forza della legge 16 ottobre 1989 n. 364, conferendo alla “San Paolo Fiduciaria s.p.a.” le proprie partecipazioni in Controinteressata.

Tale evoluzione dell’ assetto societario di Controinteressata non rileva nella vicenda in esame in quanto successivo all’aggiudicazione della gara in contestazione risalente al giugno 2008.

5.5.La conclusione sopra raggiunta non appare contrastare con la decisione della Sezione n. 1282/2010 (invocata dalle parti resistenti), la quale ha ritenuto legittimo l’affidamento di una gara ad un’impresa che non era stata ritenuta società strumentale di amministrazioni pubbliche locali, mentre nella specie viene in rilievo essenzialmente la mancanza di autonomia di Controinteressata rispetto alla società strumentale ALFA.

6.Una volta ritenuta illegittima l’aggiudicazione della gara ad Controinteressata , occorre esaminare la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla società Ricorrente, che è fondata nei limiti appresso indicati.

6.1. La ricorrente, in quanto seconda classificata, ha titolo all’aggiudicazione della gara.

Peraltro, come è pacifico tra le parti, ormai l’appalto (avente una durata di trentasei mesi da agosto 2008) è quasi completamente eseguito ed inoltre la ricorrente non ha manifestato nella memoria conclusiva interesse a subentrare nel relativo contratto., per cui occorre prendere in considerazione la domanda di risarcimento del danno per equivalente.

6.2.Nella vicenda appare senz’altro addebitabile a colpa dell’Amministrazione la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria, nonostante una specifica richiesta in tal senso da parte della ricorrente prima della proposizione del ricorso.

Né vale sostenere da parte dell’Amministrazione la mancanza del carattere strumentale nella societa Controinteressata in quanto la particolarità della vicenda è l’interposizione di uno schermo societario fra l’ente locale e la società strumentale, che nella specie poteva essere rilevato con l’ordinaria diligenza.

6.3. Per la quantificazione del danno a carico dell’Amministrazione , che la ricorrente prospetta complessiva mente in euro 160.000,00, di cui 60.000 per mancata esecuzione del contratto avente un valore complessivo di euro 600.000 ed un utile del 10% + euro 100.000 per perdita del fatturato che le avrebbe consentito di partecipare ad altre gare), occorre considerare che:

-il lucro cessante da mancata aggiudicazione va limitato, in conformità alla decisione della Sezione 22 febbraio 2010 n.1038, alla minor somma fra l’utile dichiarato dall’impresa all’atto della presentazione dell’offerta ( o desumibile dal tenore complessivo di essa ) e la percentuale del 10% dell’importo complessivo della base d’asta come ribassato dall’offerta della ricorrente ( unico parametro indicato nell’appello che così isolatamente considerato consentirebbe un’ingiusta locupletazione all’impresa danneggiata). Tale somma, trattandosi di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria, sino alla pubblicazione della presente sentenza (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta). Spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione delle presente decisione fino al soddisfo effettivo (Cons. Stato, Sez. VI, n. 3144/2009);

-la risarcibilità del c.d. danno curricolare (pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non aver svolto l’appalto) non può spettare nella somma indicata dalla ricorrente di 100.000,00 euro, che è eccessivamente elevata tenendo presente che normalmente viene determinata in una percentuale alquanto ristretta (dall’1% al 5%, talvolta applicata sull’importo globale dell’appalto ed in altri casi sulla somma liquidata a titolo di lucro cessante (V. Cons. di St. Sez. VI 21 maggio 2009 n. 3144). Essa nel caso in esame viene perciò stabilita in via equitativa in euro 7.000,00 attualizzati, che corrisponde all’incirca all’1% del valore complessivo dell’appalto.

La somma dovuta a titolo di risarcimento danno per equivalente, secondo i criteri sopra indicati, dovrà essere liquidata ai sensi dell’ 35 comma 2, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, sostituito dall’art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione, ove anteriore della presente decisione.

7.Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto nei limiti indicati.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR, accoglie il ricorso di primo grado e condanna l’Amministrazione al risarcimento del danno per equivalente nei limiti di cui in motivazione.

Condanna in solido le due parti resistenti al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio a favore della parte ricorrente , che vengono liquidate complessivamente in euro 10.000,00 (diecimila,00).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

*****************, Presidente

***************, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

***************, ***********, Estensore

***************, Consigliere

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/09/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Lazzini Sonia

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