ISTAT 2022: un vademecum pratico per i locatori

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 L’indice ISTAT è tornato a crescere.

A giugno 2022, si registra un indice per le locazioni pari a:

giugno 2021 – giugno 2022   7,8%    5,850%

Si pensi, per rendersi conto di come sia totalmente mutato lo scenario inflattivo, che a Giugno 2021 l’indice era pari all’ 1,4% e addirittura a giugno 2020 era pari a – 0,3.

Molti locatori, visto il “salto” in avanti dell’ISTAT, si pongono domande sulla relativa applicazione.

Affronto qui le principali tematiche con specifico riferimento, ove necessario, al Comune e alla Provincia di Como.

Indice

  1. La misura dell’aumento ISTAT nelle varie tipologie di contratti di locazione
  2. Il problema delle richieste retroattive
  3. È necessaria una raccomandata per ottenere l’aumento ISTAT?
  4. Quale è il mese di riferimento per calcolare l’ISTAT?
  5. Come si calcola l’ISTAT in casi di anni “buchi”?
  6. Canone a “scaletta” e ISTAT
  7. Oneri accessori e deposito cauzionale
  8. ISTAT in caso di uscita dalla cedolare secca

1. La misura dell’aumento ISTAT nelle varie tipologie di contratti di locazione

Ricordo anzitutto la misura massima dell’aumento ISTAT che le parti possono pattuire in base alle varie tipologie di contratti di locazione:

-nei contratti abitativi 3+2 per il Comune di Como in base all’accordo territoriale del 06.10.2020 e per la Provincia di Como in base all’accordo territoriale del 02.09.2003, l’ISTAT si può applicare al 75%. Ogni Comune ha un suo accordo e quindi per avere la situazione locale occorrerebbe esaminare i vari Accordi Territoriali;

-nei contratti abitativi transitori ivi compresi i contratti universitari per il Comune di Como e per la Provincia di Como, non si può applicare l’ISTAT. Trattasi di regola generale che non può patire eccezioni negli Accordi Territoriali;

-nei contratti abitativi 4+4 su tutto il territorio nazionale, l’ISTAT si può applicare al 100%;

-nei contratti commerciali 6+6 su tutto il territorio nazionale, l’ISTAT si può applicare al 75%.

Ricordo che se il contratto di locazione abitativo viene assoggettato al regime della “cedolare secca” per tutto il tempo in cui il rapporto rimane assoggettato a tale regime fiscale, non si può applicare l’ISTAT.

Per i contratti commerciali, vi sono due eccezioni al “tetto” del 75%. La prima riguarda i contratti che prevedono un primo periodo di durata superiore ai 6 anni, ricordandosi qui che il secondo periodo di durata, anche in tali casi, deve sempre essere pari a 6 anni (contratti di durata 7+6, 8+6, ecc). La seconda eccezione riguarda i contratti in cui il canone sia superiore a € 250.000,00. Per queste due tipologie di contratti commerciali, l’ISTAT si può applicare al 100% e non al 75% (cfr. art. 41 DL 207/2008 e art. 18 DL 133/2014).

L’adeguamento del canone al variare dell’ISTAT, sia per i contratti di tipo abitativo (4+4 e 3+2) sia per i contratti commerciali (intendendosi per tali anche quelli ad uso industriale, artigianale e professionale), deve essere espressamente previsto in contratto con specifica clausola. Se manca tale specifica clausola, poi, non è possibile per il locatore pretendere l’aumento anche con forti indici ISTAT.

2. Il problema delle richieste retroattive

Nei contratti commerciali, stante la formulazione dell’art. 32 L. 392/78 (cfr. “Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore…”), essendo per legge necessaria la preventiva richiesta del locatore, non sarà possibile chiedere l’aumento ISTAT che non sia stato chiesto in via preventiva anno per anno. Quindi se il locatore non ha avanzato anno per anno la richiesta di aumento ISTAT prima dell’inizio di ogni nuova annualità, non potrà poi chiedere tale aumento retroattivamente e l’aumento ISTAT andrà perso. Aggiungo qui, sempre a proposito dei contratti commerciali, che una eventuale clausola contrattuale che stabilisse l’aumento automatico senza necessità della preventiva richiesta, sarebbe affetta da nullità in base al combinato disposto dell’art. 32 e 79 L. 392/78 (Cass. 3014/2012).

Nei contratti abitativi, sia 4+4 che 3+2, invece, essendo stato abrogato, ad opera dell’art. 14 L. 431/98, il vecchio art. 24 L. 392/78 che prevedeva la preventiva richiesta all’epoca da farsi addirittura con raccomandata, occorre esaminare il singolo contratto stipulato tra le parti. Se tale contratto, fermo il fatto che deve esserci una clausola di aumento ISTAT, non prevede espressamente la necessità della preventiva richiesta (ad esempio contiene una clausola del tipo: “l’aumento ISTAT si applicherà automaticamente anche senza necessità della preventiva richiesta del locatore…”), il locatore può chiedere retroattivamente, nel limite del termine di prescrizione di 5 anni ex art. 2948 c.c., l’aumento ISTAT anche se non lo avesse richiesto anno per anno.

3. È necessaria una raccomandata per ottenere l’aumento ISTAT?

La tradizione della raccomandata per richiedere l’aumento ISTAT risaliva al tempo in cui era in vigore l’art. 24 L. 392/78 che la prevedeva espressamente, ma, come detto, a far tempo dal 31.12.2018, tale articolo è stato abrogato.

La risposta al quesito è quindi: no, non è necessaria la raccomandata, non è necessaria né per i contratti commerciali né per i contratti abitativi, a meno che nel contratto stipulato tra le parti sia espressamente previsto che l’aumento ISTAT vada chiesto proprio con raccomandata. E’ comunque sempre consigliabile, sia per i contratti abitativi sia per i contratti commerciali, inviare tale richiesta di aumento ISTAT per raccomandata o a mezzo PEC o quanto meno facendosi firmare per ricevuta dal conduttore la richiesta stessa con l’aggiunta della data di consegna. Se si intende usare la mail, è necessario avere una risposta del conduttore che dichiari di aver ricevuto tale mail, diversamente sarebbe complicato in un eventuale giudizio dimostrare che il conduttore ha ricevuto la mail. La richiesta può consistere semplicemente nell’invio della bolletta di pagamento o della fattura con la indicazione del nuovo canone da pagare. Non si richiedono forme solenni purché sia chiara la volontà di chiedere l’aumento.

4. Quale è il mese di riferimento per calcolare l’ISTAT?

É opportuno che nel contratto le parti indichino il secondo mese anteriore alla data di stipula del contratto. Quindi, se il contratto è stipulato, ad esempio, in data 1 gennaio, è bene indicare come mese di riferimento il mese di novembre, ciò perché l’ISTAT si prende sempre un certo margine di tempo per pubblicare ufficialmente il dato mensile dell’ISTAT.

5. Come si calcola l’ISTAT in casi di anni “buchi”?

La Giurisprudenza ha chiarito che “l’aggiornamento del canone, dovuto solo se pattuito e dal mese successivo alla richiesta del locatore comunque formulata, va calcolato con il criterio della variazione assoluta, cioè prendendo come base sempre il canone iniziale e tenendo conto dell’intera variazione Istat (ridotta al 75%) verificatasi per l’intero periodo tra il momento di determinazione del canone originario ed il momento della richiesta, restando ininfluente, ai fini di tale calcolo, che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto in precedenza l’aggiornamento, giacché tale omissione impedisce soltanto l’accoglimento della domanda relativa alla corresponsione degli aggiornamenti pregressi (c.d. arretrati ).” (Corte di Cassazione cfr.  Cass. 15034/2004).

6. Canone a “scaletta” e ISTAT

È frequente nella pratica, soprattutto nei contratti commerciali ma anche nei contratti abitativi 4+4, pattuire degli aumenti di canone con il passare del tempo. Talvolta sono aumenti mensili, talvolta sono aumenti annuali.

La Giurisprudenza sottolinea che tali prassi è lecita fatto salvo che è necessario indicare il motivo di tale pattuizione (Cass. n.33884/2021). Ricordo poi che è sempre meglio specificare in contratto che il canone iniziale ridotto costituisce il frutto di uno “sconto” sul canone ordinario che andrebbe applicato, non che il canone successivo costituisca un aumento di un canone iniziale ordinario.

Va ricordato però, a proposito di ISTAT, che tale modalità di pattuizione del canone “a scaletta” non può in alcun modo essere uno strumento per aggirare il limite legale degli aumenti ISTAT e dunque va ancorata a dati (ad es., spese di trasloco nei contratti abitativi o difficoltà di avviamento nei locali commerciali) che nulla abbiano a che fare con l’andamento dell’ISTAT.

7. Oneri accessori e deposito cauzionale

Sia per i contratti abitativi sia per i contratti commerciali, si deve ricordare che le somme che il conduttore versa periodicamente a titolo di acconto sulle spese condominiali e il deposito cauzionale, non sono variabili all’aumentare dell’ISTAT. Ne consegue che il conguaglio finale delle spese tenderà ad aumentare essendo costanti i versamenti in anticipo e la funzione di garanzia del deposito tenderà a scendere. La negoziazione di specifiche clausole di adeguamento delle rate di spese condominiali e del deposito cauzionale da inserire fin dall’origine nel contratto che le parti vanno a stipulare, clausole per le quali non si vedono divieti ex lege, potrebbe essere opportuna.

8. ISTAT in caso di uscita dalla cedolare secca

Come è noto, in base all’art. 3, comma 11 D.Lgs. n. 23/2011 “Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente. L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili.”

In caso di uscita dalla cedolare secca, datato per pacifico che non si possano recuperare gli arretrati, da quando il locatore potrà richiedere l’aumento ISTAT? Fin da subito o bisogna rimanere fermi un anno? Ebbene, in proposito, bisogna ricordare l’orientamento espresso dalla Agenzia delle Entrate per cui nel caso in cui l’opzione esercitata in sede di registrazione del contratto e, quindi all’inizio della prima annualità, sia revocata a valere dalla seconda annualità, resta comunque valida la rinuncia del locatore agli aggiornamenti del canone per un periodo corrispondente a quello della prima annualità per il quale il locatore si è avvalso di tale regime. Pertanto, il locatore non può richiedere gli aggiornamenti del canone relativi alla seconda annualità (Circolare Agenzia delle Entrate n. 26/E del 01 giugno 2011).

Sempre in caso di uscita dalla cedolare secca, in che misura il locatore potrà richiedere l’aumento ISTAT? Lo chiederà in relazione all’anno precedente o in relazione all’inizio del contratto? Ebbene, atteso il dato letterale del predetto comma 11 (cfr.: “… è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone…”), a me pare consigliabile, per evitare contenziosi con il conduttore e con l’Erario, pur non escludendosi l’apprezzamento per opzioni interpretative più favorevoli al locatore, calcolare l’aumento ISTAT solo sul canone dell’anno precedente.

Ricordo, infine, come sopra detto, che per poter chiedere l’aumento ISTAT in caso di uscita dal regime della cedolare secca, è indispensabile che il contratto stipulato tra le parti contenga la apposita clausola. Sarebbe, dunque, un grave errore per il locatore non inserire tale clausola nel contratto solo perché al momento della stipula il locatore intende beneficiare della cedolare secca. Così facendo (cioè omettendo di inserire nel contratto la clausola ISTAT), poi, al momento dell’uscita non si ha la possibilità di chiedere l’ISTAT.

Bocchietti Claudio

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