L’invasione di un’alloggio realizzato dall’istituto autonomo delle case popolari è sempre perseguibile d’ufficio.
(Riferimenti normativi: Cod. pen., artt. 633, 639-bis)
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Indice
1. La questione
Il GIP del Tribunale di Roma, investito dell’emissione di un decreto penale di condanna nei confronti di una persona imputata dei reati di cui agli artt. 633,639 bis c.p. e 635 c.p., rigettava la richiesta ed emetteva sentenza di non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo a) perché non è previsto dalla legge come reato e in ordine al delitto di cui al capo b) perché il fatto non sussiste.
Ciò posto, avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione la pubblica accusa, deducendo vizio di violazione di legge atteso che, contrariamente a quanto si assumeva in sentenza, la condotta di chi occupi, a fini abitativi, un immobile di proprietà del Comune in violazione della procedura amministrativa di assegnazione, non commette solo una violazione di carattere amministrativo, ma consuma il delitto di cui all’art. 633,6:39 bis c.p. stante, appunto, l’invasione arbitraria.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte accoglieva il ricorso suesposto.
In particolare, gli Ermellini, preso atto come fosse pacifico che, avverso il proscioglimento operato dal GIP, al quale gli atti pervengano con richiesta di decreto penale di condanna (artt. 129 e 459 c.p.p.), è consentito il ricorso per Cassazione (S.U., n. 43055 del 30/09/2010; Sez. 4, n. 11236 del 08/01/2015), richiamavano quell’orientamento nomofilattico secondo cui la nozione di “invasione” non richiede modalità esecutive violente, che possono anche mancare, ma si riferisce al comportamento arbitrario, tipico di chi si introduce nell’altrui immobile contra ius, in quanto privo del diritto di accesso (Sez. 2, n. 30130 del 09/04/2009; Sez. 2, n. 53005 del 11/11/2016).
Oltre a ciò, i giudici di piazza Cavour facevano altresì presente che, ai fini della perseguibilità di ufficio del delitto di invasione di terreni o edifici, devono considerarsi pubblici – secondo la nozione che si ricava dagli artt. 822 c.c. e segg., mutuata dal legislatore penale – i beni appartenenti a qualsiasi titolo allo Stato o ad un ente pubblico, e quindi non solo i beni demaniali ma anche quelli facenti parte del patrimonio disponibile o indisponibile degli enti predetti; e “destinati ad uso pubblico” quegli altri beni che appartengono a privati e detta destinazione abbiano concretamente avuto (Sez., Ordinanza n. 27249 del 17/05/2022; Sez. 2, n. 16957 del 25/03/2009; Sez. 2, n. 40822 del 09/10/2008).
Tal che se ne faceva discendere che l’alloggio realizzato dall’istituto autonomo delle case popolari (IACP) conserva sempre la sua destinazione pubblicistica anche quando ne sia avvenuta la consegna all’assegnatario, con la conseguente realizzazione, nel caso di introduzione abusiva, di una condotta costitutiva del reato di cui all’art. 633 c.p., procedibile d’ufficio ex art. 639 bis c.p..
Pertanto, nel caso in esame, ad avviso della Corte di legittimità, non si ravvisava solo la violazione della procedura di assegnazione dell’alloggio, dal momento che ciò che rilevava era che, nel momento in cui la ricorrente aveva occupato l’immobile il procedimento di assegnazione non si era ancora concluso, perché non era ancora stata dichiarata assegnataria dell’immobile sicché non avrebbe potuto esercitare sul medesimo alcuna azione tanto meno di natura violenta dato che la L. n. 575 del 1977, all’art. 26, comma 4, nel prevedere mere sanzioni amministrative nei confronti di chiunque occupi un alloggio di edilizia residenziale pubblica senza le autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore, è una norma che si aggiunge ma non certo elide la configurabilità penale della condotta della prevenuta.
L’occupazione effettuata era quindi considerata arbitraria per tale dovendosi intendere, come nel caso di specie, l’invasione effettuata con violenza o clandestinità.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che l’alloggio realizzato dall’istituto autonomo delle case popolari (IACP) conserva sempre la sua destinazione pubblicistica anche quando ne sia avvenuta la consegna all’assegnatario, con la conseguente realizzazione, nel caso di introduzione abusiva, di una condotta costitutiva del reato di cui all’art. 633 c.p., procedibile d’ufficio ex art. 639 bis c.p..
Dunque, alla stregua di tale approdo ermeneutico, è sconsigliabile sostenere, nel caso in cui non sia proposta querela, che tale reato non sia perseguibile per carenza di una condizione di procedibilità.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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