Interdizione legale e giudiziale: le differenze

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L’interdizione legale è in diritto una pena accessoria che viene disposta verso coloro che siano stati condannati all’ergastolo o alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni e per avere commesso un delitto non colposo.
L’interdizione giudiziale è un provvedimento con il quale il maggiorenne, o il minore emancipato, perdono la capacità d’agire, vale a dire, la capacità di compiere atti giuridici, se dovessero ricorrere determinati eventi che prevede la legge. A questo tema dedica spazio il volume: Formulario commentato del Nuovo Processo civile 2024

Indice

1. Il provvedimento di interdizione legale


In seguito al provvedimento che dispone l’interdizione legale, coloro ai quali è diretta perdono la capacità d’agire.
La natura del provvedimento è dichiarativa e si verifica quando ricorrono determinati presupposti di legge, non essendo prevista l’instaurazione di uno specifico procedimento.
L’interdizione legale limita l’incapacità del soggetto esclusivamente agli atti relativi alla disponibilità e amministrazione dei beni (art. 32 comma 4 c.p.).
In questo caso nel soggetto non fa difetto la capacità di intendere e di volere, lo stesso può contrarre matrimonio, fare validamente testamento e riconoscere un figlio, anche se con la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga in altro modo.
Gli atti che compie l’interdetto legale sono annullabili e l’azione di annullamento può essere esercitata da chiunque ne abbia interesse.
Siamo davanti a un caso di legittimazione assoluta, in deroga al principio di legittimazione relativa per l’azione di annullamento.

2. I presupposti dell’interdizione giudiziale


L’interdizione è disciplinata dall’articolo 414 e seguenti del codice civile.
L’articolo 414 del codice civile, rubricato “persone che possono essere interdette” recita:
Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione.
Il provvedimento è subordinato al verificarsi di un’infermità di mente abituale che comporti l’incapacità di provvedere ai propri interessi.
Si deve ritenere abituale anche lo stato d’incapacità mentale intervallato da momenti di piena capacità d’agire, cosiddetti lucidi intervalli.
In seguito all’interdizione l’incapace non può compiere nessun atto giuridico, né di ordinaria, né di straordinaria amministrazione.
La sua posizione viene equiparata a quella del minorenne e, al pari dello stesso, il Giudice tutelare nomina un soggetto che provveda a rappresentare e sostituire, l’interdetto nell’attenzione ai  suoi interessi, che prende il nome di tutore.
L’interdizione ha effetto immediato dal giorno di pubblicazione della sentenza (art. 421 c.c.) e può essere revocata esclusivamente su istanza dei richiedenti legittimi (art. 429 c.c.) ma non da parte dello stesso interdetto.
Gli effetti della sentenza di revoca si producono dopo il passaggio in giudicato e in seguito ad essa si riacquisisce interamente la capacità di agire, ad eccezione del caso nel quale si accerti un’infermità meno grave, dove l’interdizione diventa inabilitazione.
Ne consegue che gli atti compiuti dopo la sentenza sono annullabili (art. 427 c.c.), mentre quelli antecedenti la stessa sono annullabili secondo le condizioni stabilite per gli atti dell’incapace naturale (art. 428 c.c.).
Con la legge n. 6/ 2004 è stato novellato il titolo XII del libro I del codice civile introducendo al capo I l’istituto dell’amministrazione di sostegno. A questo tema dedica spazio il volume: Formulario commentato del Nuovo Processo civile 2024

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3. Il giudice tutelare


Il giudice tutelare è un magistrato istituito presso ogni Tribunale Ordinario.
Il suo compito è sovraintendere alle tutele e alle curatele ed esercitare gli altri compiti che la legge gli affida.
L’istituto viene posto in essere in seguito alla comunicazione, fatta da un ufficiale dello stato civile che riceve la dichiarazione di morte di una persona la quale ha lasciato figli in età minore oppure la dichiarazione di nascita di un figlio di genitori ignoti.
Anche un notaio, che pubblica un testamento che contiene la designazione di un tutore o di un protutore ne deve dare notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
Lo stesso magistrato dovrà nominare un tutore.
L’istituto previsto dalla legge n. 6/ 2004 ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive, anche parzialmente, della necessaria autonomia nello svolgimento delle normali attività quotidiane.
Questo istituto disciplinato dagli articoli 404 e seguenti del codice civile, si rivolge alle persone che per effetto di un’ infermità o di una menomazione psicofisica oppure esclusivamente psichica o esclusivamente fisica, non possono, anche in modo temporaneo, provvedere ai propri interessi in modo autonomo e autosufficiente.
Il legislatore ha affidato al giudice tutelare la competenza di decidere in materia di amministrazione di sostegno.
Il ricorso alla stessa può essere proposto anche da parte del soggetto interessato, anche se minorenne o interdetto o inabilitato e dalle persone che possono presentare al giudice l’istanza di inabilitazione o interdizione della quale all’articolo 417 del codice civile.
Il giudice tutelare è istituito presso ogni Tribunale e provvede con decreto motivato subito esecutivo, che può essere reclamato presso la Corte d’Appello, a norma dell’articolo 720 bis comma 2 del codice di procedura civile.
La Corte d’Appello pronuncia decreto avverso e può essere proposto ricorso presso la Suprema Corte di Cassazione.

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