Installazione condizionatore da parte del singolo condomino

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Il condizionatore all’interno delle unità abitative è considerato ormai un servizio necessario se non addirittura indispensabile, all’interno di un appartamento moderno, con la conseguenza che sarebbe difficile pensare di impedirne l’utilizzo.
Nella scelta dei modelli da installare è possibile optare per quelli “classici” che comportano il montaggio dell’unità esterna sulle facciate oppure si può installare un climatizzatore senza unità esterna, che richiede solo la creazione di un piccolo foro che non arreca danno e non deturpa l’estetica del palazzo.
In entrambi casi l’installazione di tali apparecchi motivo di discussione con gli altri partecipanti al condominio.

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Indice

1. Aspetti pubblicistici


Per installare il motore del condizionatore nelle zone soggette a vincolo (a norma del Dlgs 42/2004) è necessario richiedere prima il rilascio del nulla osta da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo; del resto l’articolo 6 del Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001), in tema di attività edilizia libera, fa riferimento al rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al Dlgs 42/2004. Bisogna poi considerare le limitazioni dei regolamenti comunali: questi ultimi, infatti, possono prevedere che detti impianti siano collocati sulla copertura degli edifici oppure lungo facciate interne o secondarie oppure siano dipinti con colori uguali a quelli dei muri perimetrali.

2. Il rispetto dell’articolo 1102 c.c.


La nozione di uso della cosa comune cui fa riferimento l’arte. 1102 c.c., è applicabile anche in materia di condominio negli edifici e non va intesa nel senso di uso identico contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questo sia compatibile con i diritti degli altri.
In altre parole i rapporti condominiali si fondano sul principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze di interesse di tutti i partecipanti alla comunione.
Così, ad esempio, se si occupa una parte rilevante della facciata non si modifica la destinazione di utilizzo del muro comune (e quindi questo limite non viene violato), ma viene, viceversa (ed in questo caso l’intervento del condomino non si può ritenere consentito), di fatto impedito agli altri condomini di utilizzare il muro comune con identiche modalità e traendone eguale soddisfazione.
Naturalmente l’installazione non dovrà poi limitare luce e visuale alle altre proprietà esclusive. In ogni caso è stato affermato che l’installazione da parte di alcuni condomini di un voluminoso condizionatore sul muro perimetrale comune non integra un’innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c.., ma una modifica all’uso del muro comune, in quanto tale soggetta non solo alle limitazioni di cui all’art. 1102, primo comma, c.c., ma anche al divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato. Tale divieto infatti – per quanto previsto in materia di innovazioni dall’art. 1120 c.c.- si estende in via analogica anche alle modificazioni (Cass. civ., sez. II, 22/08/2003, n. 12343).


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3. Il problema regolamento di condominio


Se una norma del regolamento vieta espressamente l’installazione di condizionatori in facciata, il singolo condomino non può che attenersi a tale disposizione che, però, è valida solo se è contenuta in un regolamento predisposto dal costruttore del caseggiato (c.d. contrattuale) ed è stata accettata dai singoli acquirenti degli appartamenti negli atti di acquisto o se è stata approvata dalla totalità dei condomini in sede di approvazione del regolamento assembleare.
Questo significa che il singolo condomino non può installare un condizionatore in facciata nemmeno se è stato autorizzato dall’assemblea con una delibera approvata a maggioranza.
In ogni caso il divieto regolamentare vincola anche tutti coloro che ottengono la disponibilità dell’appartamento (inquilini, comodatari, ecc.) e tutti i nuovi condomini che acquistano un appartamento purché la norma in questione sia menzionata ed accettata nei rogiti notarili o contenuta in un regolamento trascritto nei registri immobiliari.

4. L’ulteriore limite delle «immissioni intollerabili»


Il condizionatore non può creare stillicidio (ad esempio dell’acqua di condensa) o procurare immissioni di rumori, odori, aria calda ecc. superiori alla normale tolleranza.
Per quanto riguarda il rumore la giurisprudenza ritiene violato il limite della normale tollerabilità delle immissioni acustiche allorché, sul luogo che subisce le immissioni, si riscontri un incremento dell’intensità del livello medio del rumore di fondo di oltre 3 decibel.
In ogni caso le emissioni dell’impianto che superano i limiti consentiti sono penalmente rilevanti qualora l’impianto (non insonorizzato e privo di paratie) sia particolarmente rumoroso e tale da disturbare il riposo di numerose persone dimoranti nei dintorni: in tal caso infatti il condomino viola l’articolo 659 c.p. (disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone) punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.

5. Tubazioni e distanze


La realizzazione di un impianto di condizionamento può comportare anche la collocazione di tubazioni in facciata (anche se di modesto diametro e, normalmente, per un breve tratto rispetto all’estensione dell’intero prospetto degli edifici). La giurisprudenza ha precisato che la distanza di almeno un metro dal confine che l’art. 889, 2° comma, c. c. prescrive per l’installazione dei tubi dell’acqua, del gas e simili, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e, conseguentemente, comportino un permanente pericolo per il fondo del vicino, in relazione alla naturale possibilità di infiltrazioni; detta norma pertanto non è applicabile alle canne fumarie per la dispersione dei fumi delle caldaie ed agli impianti di condizionamento d’aria, che vanno soggetti alla regolamentazione di cui all’art. 890 c.c. (Trib. Bergamo, sez. IV, sentenza, 12 luglio 2023, n. 1544). L’assoggettabilità dell’impianto di condizionamento al disposto normativo di cui all’art. 890 c.c. comporta che lo stesso debba rispettare le distanze previste dal regolamento comunale o, in mancanza, si debbano adottare le distanze sufficienti ad evitare pericoli alla solidità, salubrità e sicurezza. L’art. 890 c.c., infatti stabilisce il regime delle distanze per le fabbriche e i depositi nocivi o pericolosi in base ad una presunzione di nocività e pericolosità, che è assoluta ove prevista da una norma del regolamento edilizio comunale, ed è invece relativa – e, come tale, superabile con la dimostrazione che, in relazione alla peculiarità della fattispecie ed agli accorgimenti usati, non esiste danno o pericolo per il fondo vicino – ove manchi una simile norma regolamentare.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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