Instabilità dei contratti: i problemi legati a pandemia e guerra

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Così come il lockdown cinese, anche la guerra russo-ucraina è valutata alla stregua di una “causa di forza maggiore” che impedisce la contrattazione commerciale. Quali i rimedi?

Indice

1. Dalla pandemia alla guerra: i contratti


L’invasione russa dell’Ucraina e la crisi che ne deriva hanno riavuto conseguenze sulla contrattazione commerciale delle imprese, già sperequata a causa della forza maggiore (il cd factum principis o provvedimento dell’autorità) ai tempi della pandemia. Già allora si era posto il problema di rinegoziare i contratti sperequati e si parlava del fatto che se l’adempimento del contratto non fosse stato reso possibile dall’ottemperanza alle norme emergenziali, allora tale adempimento non era dovuto e ciò poteva configurare un’esenzione giustificata al rispetto del contratto commerciale. Come visto, ai tempi del Covid, venne emanata una norma del decreto “Cura Italia”, per il settore degli appalti pubblici, le cui misure miravano ad alleggerire gli operatori di settore dalle conseguenze dovute ad inadempimenti (causati dalle restrizioni intervenute per far fronte alla crisi sanitaria) nonché a sbloccare liquidità alle imprese. Nello specifico il decreto introduceva tali misure agli articoli 91 (“Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”) e 97 (“Aumento anticipazioni FSC”). L’articolo 91, in tema di inadempimenti e anticipazioni prevede: “ All’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: ‘6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti’.

2. Guerra russo-ucraina: le difficoltà nella contrattazione


Le difficoltà che gli imprenditori e le aziende stanno incontrando nella contrattazione sono provocate anche dalla guerra come nuova causa di forza maggiore. Giova ricordare:

  • le sanzioni irrogate dall’Unione Europea e altri alla Federazione Russa,
  • l’aumento dei prezzi delle materie prime (e – a cascata – dei prodotti finiti) nonché la loro scarsa reperibilità,
  • l’effetto sulle valute e sui tassi di cambio, e
  • l’impatto sulle modalità, i costi e gli itinerari del trasporto delle merci.

3. I rimedi: clausole contrattuali ad hoc


Nel contesto bellico non è inusuale che le parti, trovandosi a negoziare e poi sottoscrivere un contratto, decidano di includervi:

  • clausole di esclusione della responsabilità per ipotesi di ritardo o inadempimento dipesi da un sopravvenuto evento di “forza maggiore” o comunque da un fatto non imputabile al debitore,
  • ovvero clausole di revisione dei prezzi al verificarsi di determinate circostanze.

4. Impossibilità sopravvenuta


L’impossibilità sopravvenuta (art.1276 cod. civ.)  corrisponde a quella situazione impeditiva dell’adempimento non prevedibile al momento del sorgere del rapporto obbligatorio e non superabile con lo sforzo che può essere legittimamente richiesto al debitore. L’impossibilità sopravvenuta presuppone che la sopravvenienza che impedisce l’adempimento non sia imputabile al debitore.  Nel novero delle cc.dd. cause non imputabili al debitore vanno certamente ricondotte sia la causa di forza maggiore, come ad esempio un conflitto bellico, sia il factum principis, ossia l’ordine o divieto di un’autorità.  Nel factum principis, nell’ambito della guerra tra Russia e Ucraina, ricorrono le sanzioni imposte dall’UE (o da altri organismi internazionali) alla Federazione Russa: di tal guisa non sarà responsabile nei confronti della controparte un’azienda italiana che si rifiuti di esportare in territorio russi beni e tecnologie atti all’uso in campo bellico, dell’aviazione e dell’industria spaziale, trattandosi di beni che, in forza delle disposizioni limitative europee, non possono essere esportati in altri paesi. Gli effetti dell’impossibilità sopravvenuta non imputabile ex art. 1276 cod. civ. variano a seconda della tipologia. L’impossibilità sopravvenuta può essere definitiva quando l’impedimento è irreversibile, oppure temporanea quando l’impedimento è di natura transitoria. Nel primo caso, l’obbligazione del debitore si estingue e il contratto si risolve; nel secondo, l’impossibilità determina l’estinzione dell’obbligazione solo se perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione, o il creditore non ha più interesse a conseguirla.

5. Eccessiva onerosità sopravvenuta


L’eccessiva onerosità è prevista dall’art. 1467 cod. civ. e riguarda l’ipotesi in cui eventi sopravvenuti, straordinari ed imprevedibili rendano la prestazione di un contraente eccessivamente onerosa, determinando un sacrificio sproporzionato di una parte contraente a vantaggio dell’altra rispetto alle originarie previsioni pattizie. Al verificarsi della descritta situazione, la parte che deve eseguire l’obbligazione divenuta eccessivamente onerosa può chiedere la risoluzione del contratto, mentre la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto fino a ricondurre il rapporto tra le prestazioni entro i limiti dell’alea normale del contratto.  Sono plausibilmente riconducibili all’eccessiva onerosità sopravvenuta fenomeni quali l’aumento dei prezzi delle materie prime e il conseguente aumento dei costi di produzione per le imprese contraenti.

6. Rinegoziazione, buona fede, correttezza contrattuale


La Corte di Cassazione nella propria Relazione Tematica n. 56 dell’8 luglio 2020 ha tentato, nel contesto pandemico, di dare una risposta all’esigenza manutentiva delle pattuizioni e di rinegoziazione del contratto volta al riequilibrio e all’adattamento al mutato contesto pandemico, dell’originario sinallagma negoziale. La Suprema Corte ha quindi osservato che il rifiuto della parte contraente di rinegoziare le condizioni originariamente pattuite può sostanziarsi in una violazione del bilanciamento negoziale e in particolare dei principi generali di buona fede e correttezza contrattuale, nonché di solidarietà (cfr. artt. 1175, 1375 cod. civ. e art. 2 Cost.).
La soluzione a tal fine suggerita dalla Cassazione è quella di rivolgersi al giudice per chiedere l’esecuzione specifica di un obbligo di facere prevista dall’art. 2932 cod. civ., oltre al risarcimento dei danni da violazione della buona fede contrattuale. Si ritiene che anche il conflitto bellico sia una causa di forza maggiore in grado di imporre un obbligo di rinegoziazione del contratto.

7. Un caso giudiziario: l’ordinanza del Tribunale di Arezzo


Dopo un lungo periodo caratterizzato dalla incidenza del Covid sulla sorte dei contratti commerciali, in specie con riguardo a quelli relativi a locazioni di immobili destinati all’esercizio di attività commerciali che in forza dei provvedimenti emanati dalle autorità governative sono rimasti chiusi per lunghi periodi, ecco affacciarsi una nuova emergenza a condizionare la sorte dei contratti commerciali in corso di esecuzione.
Il riferimento è all’improvviso rincaro del prezzo dell’energia determinato dalla riduzione delle forniture di gas da parte della Russia, quale ritorsione alle sanzioni applicate da parte della Unione Europea in ragione dell’invasione dell’Ucraina.
La vicenda presa in esame dal Tribunale di Arezzo origina da un ricorso d’urgenza presentato ai sensi dell’ art. 700 c.p.c., in accoglimento del quale, con ordinanza resa in data 22 giugno 2022, il giudice monocratico (dott.ssa Marina Rossi) ha disposto la cessazione della fornitura dedotta in un contratto in cui, per le ragioni sopra richiamate, era sopravvenuto uno notevole squilibrio tra le obbligazioni delle parti, determinato da ragioni di natura qualificata come straordinaria ed imprevedibile.
Più in dettaglio, la domanda era stata proposta dal soggetto che, in forza di un “contratto di fornitura di servizi di deposito stoccaggio e movimentazione merci”, aveva assunto l’obbligazione di custodire nelle proprie celle frigorifere (in numero di 1000) i beni dell’altro contraente, per un corrispettivo la cui misura era stata concordata nell’aprile 2021.
Deduceva il ricorrente che in ragione dell’improvviso e repentino aumento dei costi “… dell’energia necessaria ad alimentare le celle frigorifere a far data dal giugno 2021, i costi di gestione del servizio erano divenuti insostenibili e i corrispettivi a suo tempo pattuiti non erano più adeguati a garantire l’equilibrio tra le reciproche obbligazioni”.
Affermava, inoltre, di aver ricontrattato il prezzo del servizio con gli altri due suoi clienti principali, mentre il resistente, viceversa, non si era reso disponibile a negoziare nuove condizioni.
Il giudice monocratico  ha accolto in ricorso, ritenendo sussistenti i requisiti necessari, tanto con riferimento al fumus boni iuris che al periculum in mora.

  • Fumus boni iuris: quanto al primo, ha evidenziato come fosse fondata la richiesta, incentrata sul disposto dell’ art. 1467 del codice civile (inserito nel Capo XIV del libro IV, dedicato alla risoluzione del contratto, e che in tale ambito disciplina l’ipotesi “Dell’eccessiva onerosità”), la cui dizione recita “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’ articolo 1458” specificando, al secondo comma, che “La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto” e che si chiude indicando, al terzo ed ultimo comma, che “La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.
  • Periculum in mora: Quanto al periculum, le risultanze di bilancio, da un lato, il rischio oggettivo di gravi conseguenze anche sui posti di lavoro che il perdurare della situazione avrebbe determinato, dall’altro lato, hanno deposto per l’affermazione della sua sussistenza. È stata, anche, accolta la istanza ex art. 614-bis c.p.c., formulata dalla ricorrente per garantirsi l’effettiva liberazione delle celle frigorifere, in attuazione del provvedimento (“Visti gli articoli 669 bis e seguenti e 700 c.p.c.Dispone la cessazione della fornitura dei servizi di deposito, stoccaggio e movimentazione merci da parte della ricorrente … ordina …la liberazione immediata dei beni occupati …”) a seguito dell’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di fornitura di servizi.

Il Tribunale, affermata l’applicabilità dell’istituto anche ai procedimenti cautelari, ha quindi accolto l’ulteriore domanda del ricorrente e fissato, in via equitativa, il pagamento di € 100,00 per ogni giorno di ritardo, oltre a disporre la condanna di parte resistente alla rifusione delle spese di lite.

8. La posizione dell’ANAC


In tema di appalti pubblici l’adozione delle misure di lock-down in Cina e la situazione bellica in corso in Ucraina sono eventi astrattamente ascrivibili alla categoria della causa di forza maggiore, potendo sostanziarsi in circostanze imprevedibili ed estranee al controllo dei fornitori. Lo sancisce l’ANAC con delibera n. 227 del 11 maggio 2022.
Il severo lock-down in atto in alcuni centri produttivi cinesi, in cui si concentra la produzione dei componenti e dei prodotti informatici, ha inciso pesantemente sulla disponibilità di detti prodotti; per altro verso  il conflitto in atto in Ucraina ha inciso altrettanto pesantemente sulla disponibilità delle materie prime necessarie alla realizzazione di prodotti informatici, con particolare riferimento al gas neon, utilizzato per alimentare i laser che incidono i pattern nei chip per i processori dei computer.
Secondo le regole del commercio internazionale,  presupposti per l’applicazione della clausola di “forza maggiore” sono i seguenti:

  •  estraneità dell’accadimento dalla sfera di controllo dell’obbligato
  • non prevedibilità dell’evento al momento della stipulazione del contratto
  • insormontabilità del fatto impedente o dei suoi esiti.

L’articolo 107 del codice dei contratti pubblici prevede che  può essere disposta la sospensione dei lavori e delle forniture per cause imprevedibili o di forza maggiore;
 l’articolo 1256 comma 2 del Codice civile dispone che , nel caso in cui sia divenuto temporaneamente impossibile eseguire una prestazione per una causa non imputabile al debitore, quest’ultimo non è tenuto a rispondere del ritardo;
l’articolo 1218 del Codice civile, prevede che  «Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile»;
l’articolo 1258 del Codice civile statuisce: «Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa»;
 l’articolo 1463 del Codice civile dispone che  «Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito»;
 l’articolo 1467 del codice civile, recita che  «Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto»;
 secondo l’articolo 28 del decreto legge 2/3/2020, n. 9 la sopravvenienza del Coronavirus è stata qualificata come causa di impossibilità sopravvenuta ex articoli 1256 e 1463 del codice civile, con riferimento ai pacchetti turistici; l’articolo 3 comma 6-bis del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, introdotto dall’articolo 91 del decreto legge 17/3/2020, n. 18, dispone che  il rispetto delle misure di contenimento del contagio previste nel decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.  Con delibera dell’Autorità n. 312 del 9 aprile 2020  è stato chiarito che il succitato articolo 3, comma 6-bis del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 si applica anche ai contratti aventi ad oggetto servizi e forniture.
Secondo l’ANAC, “L’adozione delle misure di lock-down in Cina e la situazione bellica in corso in Ucraina sono eventi astrattamente ascrivibili alla categoria della causa di forza maggiore, potendo sostanziarsi in circostanze imprevedibili ed estranee al controllo dei fornitori. Pertanto, nel caso in cui sia reso oggettivamente impossibile o difficoltoso procedere con la necessaria regolarità e tempestività alla fornitura di beni per ragioni strettamente connesse a detti eventi, le stazioni appaltanti valutano, caso per caso, la possibilità di ritenere configurabile la causa di forza maggiore e di applicare le disposizioni normative descritte nella premessa del presente atto.”
In particolare, le amministrazioni possono valutare la possibilità di disporre la sospensione del contratto per il tempo strettamente necessario, nel rispetto delle indicazioni riportate nell’articolo 107 del Codice dei contratti pubblici oppure di rinegoziare i termini concordati per l’adempimento. Possono valutare altresì la sussistenza in concreto dei presupposti per escludere l’applicabilità delle penali o della risoluzione contrattuale.
Si evidenzia che il fornitore che intenda avvalersi della causa esimente deve necessariamente adempiere agli obblighi informativi eventualmente stabiliti in apposite clausole contrattuali o comunque applicabili in virtù del principio di buona fede contrattuale ex articolo 1375 del codice civile, fornendo i dovuti elementi probatori ed esplicativi, con particolare riferimento all’impegno profuso per evitare o superare la causa impedente e per mitigare gli effetti negativi dell’impossibilità o della sua durata.
Per garantire la corretta gestione di situazioni analoghe in futuro e scongiurare il rischio di contenzioso, si raccomanda alle stazioni appalti di inserire nei nuovi contratti clausole elaborate ad hoc per la disciplina delle situazioni di “forza maggiore”, nonché di valutare l’opportunità di integrare i contratti in corso di validità con tali clausole. In particolare, si suggerisce di individuare dettagliatamente:

  • gli eventi che si considerano rientranti nella causa di forza maggiore;
  • gli obblighi di comunicazione a carico del fornitore che voglia avvalersi della causa esimente;
  • le obbligazioni contrattuale in relazione alle quali la clausola si applica.

Inoltre, si suggerisce di disciplinare contrattualmente la possibile sospensione dei termini per la durata dell’evento e la possibilità di rinegoziazione delle condizioni contrattuali e di risoluzione del contratto in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta.

Riferimenti bibliografici

  • Altalex Rivista, Irene Marconi, Avvocato, “Possibili cause di forza maggiore rispetto ai contratti pubblici di fornitura”, 24 giugno 2022
  • Rivista Giappichelli,  Enrico Damiani, Professore ordinario di Diritto civile – Università degli Studi di Macerata) “L’impatto della pandemia e della guerra sul diritto dei contratti” 
  • Rivista 4CLegal, “Rinegoziazione dei contratti e clausole di forza maggiore: Anac interviene tra lock down cinese e guerra,” Francesca Petullà, 10 ottobre 2022

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Valerio Carlesimo

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