L’Incapacità assoluta, relativa e naturale-Scheda di Diritto

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Sono ritenuti incapaci quei soggetti che non possiedono i requisiti che la legge prevede per la capacità di agire.
I soggetti incapaci non sono in grado di seguire i propri interessi e hanno bisogno di un terzo che li tuteli.
Esistono tre tipi di incapacità:
l’incapacità
assoluta, l’incapacità relativa e l’incapacità naturale.
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Indice

1. Incapacità assoluta


Questa categoria comprende i minorenni.
Dopo il compimento del diciottesimo anno di età, sono incapaci di agire gli interdetti legali (i condannati all’ergastolo o alla reclusione non inferiore ai cinque anni per delitto non colposo) e gli interdetti giudiziali (coloro che si trovano in condizioni di infermità mentale stabile).
Questi soggetti non possono compiere atti giuridici, né di ordinaria amministrazione né di straordinaria amministrazione e viene affidata a loro la figura di un tutore, che li sostituisce come rappresentante legale


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2. Incapacità relativa


Questa categoria comprende i minorenni emancipati (coloro che hanno contratto matrimonio raggiunti i sedici anni di età nei termini disposti dalla legge) e gli inabilitati (i ciechi, i sordi dalla nascita o dalla prima infanzia, coloro che sono affetti da disturbi mentali non gravi, i tossicodipendenti, gli alcolisti e, infine, i prodighi). 
Il minore emancipato, secondo l’ordinamento giuridico, è un soggetto minorenne con un’età maggiore ai 16 anni che non è più soggetto alla potestà dei genitori.
L’emancipazione si può rivolgere esclusivamente al minorenne almeno sedicenne e in caso di matrimonio di quest’ultimo, se acconsentito.
È disciplinata dall’articolo 84 del codice civile, secondo il quale, è considerato minore emancipato colui che abbia compiuto i 16 anni, non ancora i 18, che sia stato ammesso dal Tribunale per i minorenni a contrarre matrimonio.
In questo caso il Tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle motivazioni rilevate nell’istanza.
Sentito il pubblico ministero, i genitori oppure il tutore può, con decreto, ammettere il minorenne a contrarre matrimonio.
Contro lo stesso decreto è ammesso ricorso alla Corte d’Appello nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione ai genitori o al tutore, agli interessati, al pubblico ministero e la
Corte d’Appello decide con ordinanza non impugnabile sul ricorso.
Se dovessero passare più di dieci giorni senza che sia stato proposto ricorso si parla di emancipazione, che si ha prima del matrimonio e permane anche se lo stesso una volta contratto è successivamente dichiarato nullo.
Se autorizzato dal Tribunale a iniziare un’attività d’impresa commerciale, come definita a norma dell’articolo 2195 del codice civile, il minore emancipato acquista la piena capacità d’agire.
Questi soggetti possono compiere atti di ordinaria amministrazione (come acquisti di vario genere) ma non atti di straordinaria amministrazione (come redigere un testamento), per i quali devono essere assistiti da una figura preposta, il curatore.
I beneficiari di amministrazione di sostegno sono ritenuti incapaci di agire, ma esclusivamente per gli atti indicati nel decreto di nomina dell’amministratore.  

3. Incapacità naturale


I soggetti che fanno parte di questa categoria, non possiedono la capacità d’agire in determinati momenti, per un tempo limitato, perché anziani, o sotto effetto di stupefacenti e di alcolici, o perché si trovano in stato di ipnosi.
In questo caso la legge tutela il soggetto consentendogli l’annullamento di qualsiasi atto, a condizione che si possa provare la temporanea incapacità e il pregiudizio subito dall’incapace naturale.
Il legislatore ha voluto contemperare la protezione dell’incapace con la tutela delle persone che hanno contrattato con la persona incapace, in applicazione del principio di tutela dell’affidamento. L’articolo 428 del codice civile distingue due ipotesi:
Al comma 1, prescrive che per l’annullamento degli atti unilaterali si deve ricorrere all’incapacità di intendere e volere, un grave pregiudizio in danno dell’incapace.
Al comma 2, per l’annullamento dei contratti, a parte l’incapacità di intendere e volere, richiede anche la malafede dell’altro contraente.
La giurisprudenza a volte richiede cumulativamente anche il pregiudizio dell’incapace, anche se la legge non lo menziona in modo esplicito, perché la l’unica prova della malafede non implica l’esistenza di un pregiudizio.
La malafede implica esclusivamente l’intento di approfittare della situazione di incapacità altrui per trarne vantaggio nella contrattazione.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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